Come il sindaco di Varsavia (pro lgbt e pro Europa) vuole prendersi la cattolicissima Polonia oggi al voto
È passato un anno da quando, in Polonia, hanno iniziato a diffondersi le Strefa wolna od lgbt. Sono delle aree franche all’interno delle quali i diritti non sono uguali per tutti. Letteralmente “zone libere da lgbt”: gli amministratori locali che le governano si impegnano a emanare norme e risoluzioni omofobe, tra cui la Kartę Rodziny, la “carta della famiglia”, un documento che, con il pretesto di tutelare i valori tradizionali, ribadisce il divieto alle adozioni per le coppie omosessuali e al trattare l’argomento nelle scuole.
La storia delle elezioni presidenziali del 28 giugno e dei due candidati favoriti, il presidente uscente Andrzej Duda e il suo avversario Rafał Trzaskowski, gravita attorno a questi argomenti. Duda è l’uomo di Diritto e Giustizia (PiS), il partito conservatore di Jarosław Kaczyński che ha definito i diritti Lgbt «un’importazione che minaccia la Polonia». Trzaskowski è il candidato per la coalizione Piattaforma Civica – Moderno – Iniziativa Polacca – Partito Verde. Ed è lui che, in qualità di sindaco di Varsavia, nel febbraio 2019, ha firmato la “Dichiarazione Lgbt+” per la lotta alle discriminazioni.
La cosiddetta “Dichiarazione di Varsavia” ha generato le risposte reazionarie dei territori: le autorità locali e provinciali, soprattutto nella parte sud-orientale del Paese, da quel momento hanno iniziato a costituire le “zone libere da lgbt”. Circa il 30% del territorio polacco, oggi, comprende enti locali che hanno emanato risoluzioni omofobe. Nonostante ciò Trzaskowski ha annunciato di voler osservare le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità, includendo argomenti lgbt nei programmi di educazione sessuale delle scuole di Varsavia.
La sfida da primo cittadino di Trzaskowski, per una serie di congiunture, è diventata una sfida nazionale: il 6 maggio, a causa del rinvio delle consultazioni per il Coronavirus, il partito principale della coalizione ha provveduto a sostituire la candidata Małgorzata Kidawa-Błońska con il sindaco. Una mossa che si sta rivelando vincente: Duda, qualche settimana fa sicuro di essere rieletto, sta vedendo il suo consenso scemare mentre Trzaskowski cerca di farsi conoscere anche nelle aree meno urbanizzate della Polonia.
È quasi certo che, nel primo round elettorale, nessuno dei due candidati otterrà la metà dei voti e la partita sarà posticipata a luglio. Il presidente polacco ha più o meno gli stessi poteri dell’omologo italiano. Può bloccare le leggi considerate antidemocratiche, ad esempio, e sarà una figura chiave per il futuro prossimo della Polonia: l’ultimo governo, nazionalista e conservatore di cui Duda è espressione, ha inferto pesanti colpi all’indipendenza del sistema giudiziario e alla libertà di espressione, aumentando le ingerenze nei mezzi di informazione.
Ne è una manifestazione il palinsesto della tv di Stato nei giorni che hanno preceduto le elezioni presidenziali. Un report sul monitoraggio dei media polacchi ha evidenziato che, tra il 3 e il 16 giugno, quasi il 97% delle notizie di TVP News in cui veniva citato Duda erano positive, mentre quasi l’87% di quelle su Trzaskowski erano negative. Non solo, il volume di contenuti cari al nazionalismo, in cui il cittadino polacco viene rappresentato in maniera eroica ma minacciato dalle lobby internazionali tedesche-ebraiche-lgbt, è aumentato a dismisura.
Negli ultimi tempi, alcuni analisti interni descrivono Duda come nervoso e collegano al recente calo nei sondaggi il suo inasprimento sulle tematiche relative ai diritti lgbt. Il 12 giugno, il candidato presidente di Diritto e Giustizia ha firmato la sopraccitata “Carta della famiglia”, impegnandosi pubblicamente a «difendere i bambini dall’ideologia lgbt», «un’ideologia peggiore del comunismo». È evidente, dall’esterno, che si tratta di un modo per fomentare l’elettorato più conservatore. Anche lo sforzo di presentare Trzaskowski come un radicale anti-polacco è diventato incessante.
Il settimanale filogovernativo Sieci, la prima settimana di giugno, mostrava in copertina Trzaskowski, mentre indossava una felpa con cappuccio nera e una fascia color arcobaleno al braccio. Sotto il fotomontaggio, a caratteri cubitali, la scritta “Il candidato estremista”. Sembra che la questione dei diritti civili sia il tema centrale di questa campagna elettorale, apparendo più come un tentativo di polarizzare l’elettorato che come una discussione seria sul tema.
Gli argomenti relativi ai diritti civili, di fatto, sono particolarmente ostici per la Polonia. Stando alla classifica pubblicata dall’Ilga, l’International Lesbian and Gay Association, la Polonia è l’ultimo Paese in Europa per i diritti delle persone lgbt. Nel Paese, contro gli omosessuali, imperversa «una retorica di odio da parte del governo e della chiesa», si legge nel report. Per questo la comunità lgbt e l’area progressista della Polonia ripongono le speranze nella vittoria di Trzaskowski.
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