Israele si prepara ad annettere la Valle del Giordano: ecco cosa prevede il piano di Netanyahu
A due giorni dalla data prevista per l’annessione a Israele della Valle del Giordano e di parte della Cisgiordania è ancora tutto in divenire per il progetto di Benjamin Netanyahu. Il premier israeliano – che ad aprile è riuscito a formare un governo di unità nazionale con il rivale Benny Gantz – dopo essere tornato per la terza volta alle urne – aveva messo al centro dell’accordo l’annessione di un terzo della “West Bank”.
Ma l’opposizione alla mossa israeliana arriva da più fronti. L’Onu ha definito il progetto di annessione di parti della Cisgiordania «illegale». Mentre dall’amministrazione Trump non è ancora arrivato un via libera ufficiale. Il semaforo verde dalla Casa Bianca era atteso lo scorso 24 giugno, ma alcuni consiglieri di Trump sembrano aver espresso le loro preoccupazioni per un piano che rischia di far degenerare una situazione già esplosiva.
Fonte dati: The Humanitarian Data Exchange (UN OCHA)
Intanto per il primo luglio – data prevista per la presentazione del progetto al gabinetto della Knesset – alcune fazioni palestinesi hanno proclamato la giornata di «collera popolare». «Quella dell’1 luglio – ha detto però Benny Gantz – non è una data sacra per l’annessione».
Cosa prevede il piano di annessione?
L’obiettivo di Netanyahu è quello di estendere la sovranità israeliana a un terzo dei territori della Cisgiordania – occupati illegalmente durante la guerra dei 6 giorni nel 1967 – e della Valle del Giordano. L’annuncio era stato fatto dal premier israeliano già lo scorso settembre, nel tentativo di ottenere i voti della destra più radicale della Knesset, il parlamento israeliano. L’amministrazione dei territori palestinesi è però regolata dagli Accordi di Oslo del 1993, secondo cui la West Bank è divisa in tre aree: A, B, e C. Quest’ultima, che costituisce il 60% della Cisgiordania, è controllata da Israele.
L’annessione è però considerata una violazione del diritto internazionale. Già nel 1980 Israele aveva annesso illegalmente Gerusalemme Est e un anno dopo le alture siriane del Golan,
Gli equilibri regionali
Dopo anni di amministrazione Obama, l’arrivo del presidente Trump è un’opportunità irripetibile per gli ultranazionalisti israeliani che vedono nel presidente un fedele alleato. A gennaio il piano di pace, il cosiddetto «accordo del secolo», rivelato da Trump e realizzato dal genero e consigliere per il Medio Oriente Jared Kushner per una soluzione del conflitto israelo-palestinese ha dato a Israele il de facto via libera a l’annessione dei territori occupati. Il piano prevede una soluzione dei due Stati con la Palestina ridotta a un accozzaglia di territori distribuiti a macchia d’olio.
Netanyahu può inoltre avvantaggiarsi di una situazione geopolitica a livello regionale profondamente mutata. La questione palestinese – una volta sventolata dai Paesi arabi nella loro opposizione a Israele – è stata sostituita dalla resistenza all’Iran portando a un’alleanza strategica tra Tel Aviv, Arabia Saudita ed Emirati Arabi.
Cosa accadrà ora?
Oltre alla minaccia di Hamas che ha definito l’annessione di Israele «una dichiarazione di guerra», anche tre generali israeliani dalle pagine di Haaretz hanno messo in guardia il governo dal procedere ora con il piano di annessione. Si rischierebbe – a loro parere – di destabilizzare l’Autorità palestinese a vantaggio di estremisti islamici e di provocare violenze sul terreno.
Per questo qualche giorno fa Israele avrebbe informato la leadership palestinese che in questa fase non intende procedere alla estensione della propria sovranità alla valle del Giordano. Una decisione che sarebbe arrivata dopo i colloqui con il re Abdullah II, il quale ha espresso preoccupazioni sulle ripercussioni di una tale decisione. Amman controlla la parte a est del fiume giordano e condivide un confine di 97 chilometri con la West Bank.
Anche Anshel Pfeffer, storico biografo del premier Netanyahu, sembra essere concorde sul fatto che Tel-Aviv non procederà nel breve periodo all’annessione di parti della Cisgiordania. Secondo Pfeffer, il leader del Likud Netanyahu – che per decenni ha lavorato per far scomparire la questione palestinese dall’agenda globale – non metterebbe a rischio lo status quo attirando le reazioni della comunità internazionale. Da parte sua l’Europa si è detta pronta a reagire nel caso Israele portasse a termine il piano.
Le mosse di Trump
Israele deve fare i conti anche con la pandemia da Coronavirus. Proprio oggi il governatore di Betlemme ha imposto un lockdown di due giorni. Il premier israeliano sa che l’annessione della Cisgiordania ha bisogno dell’approvazione americana.
Ma l’amministrazione Trump – nell’occhio del ciclone per la gestione della morte di George Floyd – sembra cauta, soprattutto in vista del voto di novembre. Trump rischia un secondo mandato e lo scoppio di una guerra in Medio Oriente – dopo aver promesso il disimpegno delle truppe americane – sarebbe un altro assist al rivale Biden. Netanyahu può solo aspettare. L’annessione è solo rimandata.
Foto copertina e grafiche: Vincenzo Monaco
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