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Mondragone, la genesi dell’odio sociale, dagli anni ’80 al “focolaio bulgaro”

29 Giugno 2020 - 08:00 Felice Florio
Dal sogno della "Versilia campana", alle ripercussioni dei terremoti dei Campi Flegrei, dal dominio dei clan La Torre, Gagliardi, Fragnoli alla piazza di smistamento dei braccianti della zona: breve storia dei mali di Mondragone nel giorno in cui Salvini arriva in città

Manifestazione di Matteo Salvini, contro-manifestazione di associazioni e partiti dell’area di sinistra per protestare contro l’arrivo del segretario della Lega in città. Il pomeriggio di Mondragone sarà animato da uno scontro di ideologie politiche: il pretesto è stato il focolaio di Coronavirus scoperto nella comunità bulgara e le tensioni susseguite tra cittadini locali e immigrati. Ma dietro alla fede per l’uno o per l’altro partito, dietro all’interpretazione di quanto accaduto nel Comune casertano, in realtà, esiste un odio sociale che affonda le radici negli anni ’80.

Tra i vetri infranti, le cariche della polizia e le urla in un pidgin est-europeo e campano, c’è un uomo che osserva la sua città degradarsi in una guerra lontana. Si chiama Marco Pagliaro, di professione è un avvocato ed è un attivista del gruppo politico locale Resistenza democratica. Lui, a Mondragone, è cresciuto. Ripercorrendo i passaggi del sogno infranto della sua terra – dalla “Versilia campana”, alle ripercussioni dei terremoti dei Campi Flegrei, dal dominio dei clan La Torre, Gagliardi, Fragnoli, alla piazza di smistamento dei braccianti -, Pagliaro riesce a raccontare con lucidità l’origine del male, la xenofobia di Mondragone.

L’area ex Cirio

«La comunità di bulgari di etnia rom e sinti è concentrata quasi interamente all’interno delle palazzine ex Cirio», spiega. Si tratta di cinque edifici costruiti sul finire degli anni ’70 in una zona centrale della città. Gli investitori immobiliari volevano riqualificare quell’area intravedendo un potenziale turistico. «Gli appartamenti, ancora oggi e nonostante il degrado, rivelano alcune accortezze architettoniche che nulla hanno a che vedere con l’edilizia popolare».

La “Versilia” incompiuta

Quel sogno di sviluppo finì nel giro di qualche anno, con la crisi bradisismica dei primi anni ’80 e gli sfollati che, dalla zona di Pozzuoli, si trasferirono lungo il litorale Domizio. Fu allora che il sogno di Mondragone di diventare la meta prediletta di una sorta di “Versilia campana” cominciò a tramontare. «Gli appartamenti dei Palazzi ex Cirio, acquistati da persone facoltose di Napoli e Roma che volevano investire nel mattone, vennero in parte affidati ad alcuni nuclei famigliari che avevano perso la casa nei terremoti dei Campi Flegrei», racconta Pagliaro.

La svalutazione del mattone

Iniziò così, con il collocamento degli sfollati, il decadimento dell’area ex Cirio. Perso l’appeal turistico e constatata l’incertezza della situazione, i residenti dell’hinterland napoletano presero a occupare o ad acquistare gli appartamenti rimasti liberi, a costi irrisori. «Era in corso un’immigrazione autoctona di gente poco affidabile. Alcuni di loro erano camorristi alla ricerca di fortuna in una zona ancora poco battuta dalla malavita. Ci fu una trasformazione rapida, in cui la politica e le istituzioni restarono a guardare, assenti», lamenta Pagliaro.

L’immigrazione bulgara

Ma quella degli anni ’80 fu solo la prima delle ondate che trasformarono Mondragone. Nel primo decennio degli anni 2000, prese il via una strana immigrazione di massa: persone di cittadinanza bulgara prendevano casa nella cittadina casertana, «territorio solitamente poco interessato dai movimenti migratori». Inizialmente, ci fu una sottovalutazione del fenomeno e i bulgari, essendo cittadini comunitari, non dovevano attraversare chissà quale trafila burocratica. Arrivavano a Mondragone e prendevano residenza nell’area ex Cirio. La maggior parte di loro trovava impiego nei campi agricoli della zona.

La situazione degli affitti

Pagliaro ci tiene a precisare che i cinque palazzi che si stagliano su via Domiziana non sono occupati: «Molti parlano di occupazione abusiva degli stabili da parte dei bulgari, ma non è così». La realtà è che la maggior parte degli appartamenti dei palazzi ex Cirio hanno proprietari italiani che affittano, con contratto regolare e registrato, a cittadini bulgari. Da dieci anni a questa parte, i bulgari erano e sono impegnati nella raccolta di pomodori, fagioli e frutta nei campi di quel territorio: «Mondragone è diventata un vero e proprio centro di smistamento dei braccianti dell’area».

Il sovraffollamento dell’ex Cirio

Il caporalato, però, iniziava a produrre il sovraffollamento abitativo dei palazzi ex Cirio. «In un appartamento in cui risultavano residenti, con contratto regolare e registrato, quattro persone, in realtà vivevano una ventina di bulgari, in condizioni igieniche precarie». Quei palazzi, racconta Pagliaro, non sono mai stati sottoposti a opere di manutenzione da quando furono costruiti. «E per ogni residente regolare, ce n’erano e ce ne sono tutt’oggi altri tre che vivono in una sorta di anonimato, di invisibilità».

Il ricatto del caporalato

Alle 4 di mattino, oggi come ieri, i bulgari vanno a lavorare nei campi per due euro all’ora. «Passano dei furgoni decadenti a prelevarli». Spiega Pagliaro, prima di raccontare un aspetto che riguarda proprio gli stabili di via Domiziana: «C’è una pratica ufficiosa che è causa di ulteriori problemi abitativi all’ex Cirio. Alcuni imprenditori agricoli, che hanno bisogno di manodopera a basso costo, contattano i proprietari italiani degli appartamenti e si offrono di pagare l’affitto per tre, quattro persone di nazionalità bulgara. L’accordo tacito è che, all’interno, ci vivranno il triplo, forse il quadruplo dei braccianti». I bulgari, pedine di questa trattativa, ricevono un luogo dove dormire e una ventina di euro al giorno per lavorare dieci ore nei campi.

Degrado genera degrado

«Quasi la totalità dei residenti dei palazzi ex Cirio è di etnia rom e sinti. In un’area abbandonata dalla politica, priva di servizi e di una rete sociale forte, si sono stabilite persone che non hanno nella propria cultura l’idea della stanzialità», dice Pagliaro. Si sono generate, nell’incuria del luogo, sacche di criminalità: spaccio, contrabbando di sigarette e sfruttamento della prostituzione. Nel corso di alcuni procedimenti giudiziari, è stata accertata l’induzione alla prostituzione di ragazzini bulgari di 10-12 anni. «E di persone benestanti italiane che approfittavano di questi minorenni, medici e professionisti di ogni genere. Vedete, i problemi del nostro territorio non sono imputabili ai bulgari o ai mondragonesi: sono, piuttosto, il frutto delle mancanze delle istituzioni», chiosa l’avvocato.

L’odio sociale

In questa situazione fuori controllo, da diversi anni si registrano episodi di violenza tra mondragonesi e bulgari. C’è l’insofferenza per la microcriminalità che parte dai palazzi ex Cirio, «ma non si cerca una soluzione per l’integrazione». Un vero e proprio ghetto, nel cuore della città, è ritenuto la radice di tutti i mali della zona. «Anche i camorristi soffiano sul fuoco dell’odio interetnico, accusando i bulgari dei reati che essi stessi commettono». Un anno e mezzo fa, un adolescente bulgaro è stato raggiunto da un colpo di pistola esploso da un mondragonese. Baby-gang di locali, composte da 20-30 ragazzi campani, sono state responsabili di pestaggi a sfondo razziale.

Cosa resterà dopo la visita di Salvini

La preoccupazione per il focolaio Covid, in realtà, sta rientrando. Resterà, dopo la visita del segretario della Lega, il problema del forte disagio sociale. L’ultimo contro il penultimo, l’immigrato contro il disoccupato. Una contrapposizione che tiene il freno inserito alla ripresa turistica di una zona che offre una costa molto bella. «Sulle montagne vicine a Mondragone, passa un lungo tratto di via Appia antica con alcune ville romane ben conservate. I bar e gli stabilimenti balneari hanno un’incidenza positiva e i clan La Torre, Gagliardi e Fragnoli sono stati decimati dagli arresti negli anni ’90. Il controllo del territorio da parte della criminalità è flebile», conclude Pagliaro.

Le condizioni per rilanciare Mondragone esistono, ma la sua rinascita economica è legata alla risoluzione dei problemi tra locali e bulgari. Solo se l’odio sociale riuscirà a diventare collaborazione – il lavoro dei braccianti è indispensabile nella zona – il litorale Domizio potrà tornare a sognare di diventare “la Versilia campana”.

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