Rapporto Istat, aumentano le diseguaglianze: donne e giovani pagano il prezzo più alto della crisi. E l’ascensore sociale è fermo
«I contagi registrati finora sono stati nell’ordine di 240mila e hanno causato circa 35mila decessi. Il numero dei casi segnalati ha raggiunto il suo massimo nel mese di marzo, iniziando lentamente a diminuire ad aprile e a calare più decisamente e costantemente nei mesi di maggio e giugno. Da una prima analisi sui decessi di persone positive al test SarsCov2, indotte in collaborazione con l’Iss, il virus è risultato la causa diretta della morte 9 volte su 10, pur agendo spesso con altre concause».
Lo ha detto il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo nel corso della presentazione del rapporto annuale dell’istituto di statistica a Montecitorio, soffermandosi sui dati dell’epidemia da Coronavirus.
July 3, 2020
Allarme denatalità: – 10mila nati
«La rapida caduta della natalità potrebbe subire un’ulteriore accelerazione nel periodo post-Covid», rileva l’Istat. «Recenti simulazioni, che tengono conto del clima di incertezza e paura associato alla pandemia in atto, mettono in luce un suo primo effetto nell’immediato futuro; un calo che dovrebbe mantenersi nell’ordine di poco meno di 10mila nati, ripartiti per un terzo nel 2020 e per due terzi nel 2021. E La prospettiva peggiora se si tiene conto dello shock sull’occupazione. I nati scenderebbero a circa 426mila nel bilancio finale del corrente anno, per poi ridursi a 396mila, nel caso più sfavorevole, in quello del 2021».
Occupazione: 12% delle imprese pensa a ridurre posti di lavoro
«Il problema del reperimento della liquidità è molto diffuso, i contraccolpi sugli investimenti, segnalati da una impresa su otto, rischiano di costituire un ulteriore freno ed è anche preoccupante che il 12% delle imprese sia propensa a ridurre l’input di lavoro». Tuttavia «si intravedono fattori di reazione positiva e di trasformazione strutturale in una componente non marginale del sistema produttivo». Dai dati provvisori sulle forze di lavoro emerge inoltre che i lavoratori in Cig ad aprile – nella settimana di intervista – sono stati quasi 3,5 milioni. E, sempre ad aprile, quasi un terzo degli occupati (7,9 milioni) non ha lavorato. Cresciuti anche i lavoratori in ferie.
Smartworking potenziale per 8,2 milioni di occupati
«Durante il lockdown la quota di chi ha lavorato da casa, almeno per alcuni giorni nell’arco del mese, è aumentata, coinvolgendo più di 4 milioni di occupati». «La stima dell’ampiezza potenziale del lavoro da remoto, basata sulle caratteristiche delle professioni, porta a contare 8,2 milioni di occupati (il 35,7%)», fa sapere l’Istituto. «Si scende a 7 milioni escludendo gli impieghi per cui in condizioni di normalità è comunque preferibile la presenza (ad esempio gli insegnanti)». Nel 2019, rileva l’Istata, «meno di un milione di questi occupati ha effettivamente lavorato da casa. In quell’anno l’orario di lavoro è risultato “rigido” per quasi 17 milioni di lavoratori».
Peggiora la situazione di donne e giovani
«L’arrivo del Covid ha portato al sovrapporsi delle disuguaglianze sulle precedenti disuguaglianze del mercato del lavoro», ha detto il direttore centrale per gli studi e la valorizzazione dell’area sociale dell’Istat, Linda Laura Sabbadini. In particolare, ha spiegato, «siccome il settore colpito di più in questo momento e meno tutelato dal punto di vista degli ammortizzatori sociali e della cig è quello dei servizi, a differenza di quel che è accaduto nelle precedenti crisi in cui erano industria e costruzione, ha fatto sì che peggiorasse la situazione delle donne e dei giovani. Giovani che tra i 25 e i 34 anni ormai stanno con 10 punti di tasso di occupazione sotto i livelli del 2008: 8 punti che si portavano dal periodo pre-Covid e due punti che si sono aggiunti solo con marzo e aprile. Ora anche qualcosa di più con il mese di maggio. Particolarmente critica è poi la situazione degli irregolari, considerando che nel settore dei servizi, rientrano la ristorazione e il turismo dove sappiamo che l’irregolarità è più frequente».
Aumentano le diseguaglianze anche tra i bambini
Quanto ai più piccoli, per l’Istat «la chiusura delle scuole imposta dall’emergenza epidemica può produrre un aumento delle diseguaglianze tra i bambini: nel biennio 2018-2019 il 12,3% dei minori di 6-17 anni (pari a 850mila) non ha un pc né un tablet ma la quota sale al 19% nel Mezzogiorno (7,5% nel Nord e 10,9% nel Centro). Lo svantaggio aumenta se combinato con lo status socio-economico: non possiede pc o tablet oltre un terzo dei ragazzi che vivono nel Mezzogiorno in famiglie con basso livello di istruzione». Inoltre, «svantaggi aggiuntivi per i bambini possono derivare dalle condizioni abitative. Il sovraffollamento abitativo in Italia è più alto che nel resto d’Europa (27,8% contro 15,5%), soprattutto per i ragazzi di 12-17 anni (47,5% contro 25,1%)».
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