In Evidenza Benjamin NetanyahuDonald TrumpGoverno Meloni
DIRITTICensuraCinaDiritti umaniHong KongLiber* Tutt*

Hong Kong, ecco il linguaggio in codice dei manifestanti per aggirare la censura

Sui social media e canali come Telegram sono tanti i suggerimenti creativi per protestare in modo sicuro evitando di incorrere in arresti e sanzioni

Dalla protesta degli ombrelli, era chiaro che la creatività non mancasse ai cittadini di Hong Kong nel loro dissenso contro Pechino. Con l’imposizione della nuova legge sulla sicurezza – che limita la libertà manifestazione e di opinione – gli abitanti dell’ex colonia britannica stanno ricorrendo a “giochi di parole” per aggirare la censura cinese.

Nel quartiere commerciale di Causeway Bay i manifestanti hanno imbrattato i muri con la scritta: «Alzatevi, voi che rifiutate di essere schiavi». Una frase tratta dalla prima strofa dell’inno nazionale cinese.

I social media e i forum di chat come Telegram sono stati riempiti di suggerimenti su come trovare modi creativi – e più sicuri – per protestare contro Pechino. Giovedì, il governo locale ha dichiarato illegale la frase «Liberate Hong Kong, la rivoluzione dei nostri tempi». Ma il ricorso al linguaggio in codice sta permettendo alle persone di mantenere vivo il motto. La versione cinese è stata traslitterata in caratteri latini: «gwong fuk heung gong, si doi gak ming». Altri – per esempio – hanno invece adottato slogan inglesi dall’accezione positiva ma che sono un chiaro segnale di dissenso contro la politica autoritaria di Pechino, come «Rendi Hong Kong eccezionale».

Uno slogan diventato virale questa settimana è una citazione del leader cinese Mao Zedong: «Coloro che sopprimono i movimenti studenteschi non faranno una buon fine».

E mentre i cittadini di Hong Kong citano l’uomo dietro alla rivoluzione culturale degli anni ’60, la Cina di Xi Jinping prova a portarne un’altra a Hong Kong. Da qualche giorno – fa sapere AFP – i libri scritti da attivisti pro-democrazia hanno iniziato a sparire dalle biblioteche della città. Tra i titoli non più disponibili ci sono quelli del co-fondatore del movimento Demosisto Joshua Wong, e Tanya Chan, una nota legislatrice pro-democrazia.

Leggi anche:

Articoli di DIRITTI più letti