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L’unico modo per ridare speranza ai giovani? Scongelare il mercato del lavoro – L’intervento

Ammortizzatori, complessità normative e divieto di licenziamento: barriere insuperabili per chi cerca lavoro

Il conto più salato della crisi economica post Covid 19 lo stanno pagando gli outsider, i lavoratori con meno tutele e quelli in cerca di un’occupazione: lo diciamo da tempo e finalmente se ne sta accorgendo anche la politica. Non basta riconoscere l’esistenza del problema, però, per trovare una soluzione adeguata: senza una seria analisi dei motivi che generano questa situazione non si possono trovare correttivi adeguati.

La strada debole delle “mance” (ora 600 euro, ora qualche altro succedaneo) seguita in questi mesi dal Governo nasce proprio dalla difficoltà di capire quali sono i fattori che hanno messo all’angolo gli outsider. Questi fattori sono essenzialmente tre: il divieto di licenziamenti, gli ammortizzatori sociali a pioggia e l’eccesso di vincoli sul lavoro flessibile.

Il primo di questi fattori, il c.d. divieto di licenziamento, è una misura nata con le migliori intenzioni, doveva servire per frenare possibili licenziamenti di massa dopo lo scoppio della crisi. Tuttavia, la proroga fino ad agosto prossimo (che il Governo minaccia di allungare ancora) ne ha cambiato la natura, facendola diventare un grosso freno al ricambio organizzativo delle imprese, cui di fatto viene impedito di gestire il personale in maniera efficiente.

Un’impresa che oggi non può licenziare lavoratori in esubero o improduttivi deve, di fatto, rinunciare ad assumere forze fresche, a meno che non abbia una crescita eccezionale. Un effetto simile viene prodotto dagli ammortizzatori sociali. Se nella prima fase hanno avuto un ruolo importante per gestire la crisi senza produrre licenziamenti, adesso stanno diventando una droga per una parte del sistema economico, una forma di surrettizio finanziamento per molte imprese che non hanno veri esuberi.

Questi ammortizzatori sociali non aiutano nemmeno quello imprese che, in condizioni normali, dovrebbero ristrutturarsi con dei licenziamenti, perché impediscono di costruire nuovi modelli organizzativi. I giovani, i precari e gli outsider pagano il conto di questi ammortizzatori perche un’azienda che ricorre alla cassa integrazione non può inserire nuove persone, salvo casi eccezionali.

Il terzo fattore che punisce gli outsider sono le regole: anche dove ci sono i presupposti per inserire un lavoratore, scattano limiti, vincoli e divieti all’utilizzo dei contratti flessibili regolari, come i mille bizantinismi del c.d. decreto dignità, che paradossalmente rendono più conveniente l’utilizzo del lavoro grigio e irregolare.

Chi vuole davvero aiutare i giovani, i disoccupati, le persone espulse dal mercato del lavoro e i precari deve avere, quindi, il coraggio di riconoscere che non basta una mancetta di poche centinaia di euro: bisogna avere il coraggio di scongelare il mercato del lavoro, dicendo basta ad ammortizzatori sociali a pioggia, divieti di licenziamenti artificiosi e regole punitive.

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