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Coronavirus, il virologo Lopalco: «Il virus non si è indebolito, circola solo di meno. Ma frontiere chiuse e Tso non servono. Ecco perchè» – L’intervista

05 Luglio 2020 - 11:40 Felice Florio
«Il caso del San Raffaele di Roma dimostra che la forza del Covid 19 è intatta. In estate è più facile tenere la situazione sotto controllo, ma in autunno...»

Da macchia d’olio a macchia di leopardo. Il Coronavirus in Italia, con l’avvento della stagione estiva, ha cambiato la geografia della paura nel Paese, concentrandosi in alcune aree circoscritte. I focolai attivi, per il momento, sembrano sotto controllo, ma «c’è il rischio che, in autunno, l’epidemia torni a una dimensione più estesa», spiega Pierluigi Lopalco. Il professore, epidemiologo dell’Università di Pisa e a capo della task force pugliese per l’emergenza Covid, ritiene che l’unica ricetta per evitare lo scenario peggiore sia quella delle 3T – testare, tracciare e trattare -, e per farlo «servono investimenti. La circolazione del virus potrebbe aumentare in autunno e bisogna assumere più persone che lavorino nella prevenzione».

Professore, l’epidemia non si è spenta, anzi: stiamo assistendo all’insorgenza di nuovi focolai. Si tratta dei cosiddetti casi di ritorno?

«Sì, i focolai isolati negli ultimi giorni sono relativi a casi di importazione. Al momento, infatti, osserviamo due tipi di contagio: ci sono casi con scarsissima carica virale legati a strategie di screening, come per gli operatori sanitari o per quei pazienti che dovevano essere ricoverati per altri motivi, oppure casi con una più forte intensità del virus che l’hanno portato in Italia dall’estero. Per questo la massima allerta, al momento, dev’essere destinata ai viaggi e ai rientri dai Paesi più a rischio».

È corretto dire che i ceppi del virus che circolano in Italia si sono indeboliti?

«Assolutamente no. Non esistono ceppi più aggressivi o meno aggressivi. Personalmente ho assistito all’isolamento di vari ceppi virali e quelli relativi al mese di febbraio sono simili o uguali ai ceppi che isoliamo oggi. Se abbiamo meno pazienti gravi, è perché c’è stato un cambiamento nella circolazione del virus: letteralmente, è diminuita la quantità di virus in giro in Italia. Mentre, però, l’epidemia si stava spegnendo nella popolazione residente, abbiamo iniziato a importarla dall’estero».

Quindi le mutazioni del virus di cui si è parlato sono poco significative dal punto di vista epidemiologico?

«Lo ribadisco, il virus non si è indebolito: è una fake news. Ci sono meno casi e quei pochi casi sintomatici vengono identificati subito. Quando andiamo a identificare un asintomatico, oggettivamente riscontriamo cariche virali molto basse e questo è un altro elemento che dimostra che la quantità totale di virus in circolo è diminuita. Il virus, però, non è mutato e ce lo dimostra l’episodio del focolaio al San Raffaele di Roma. Lì il Sars-CoV-2 è entrato in un contesto delicato e ha fatto molti morti. Né più né meno di quello che è successo a febbraio».

Per impedire i casi di ritorni a cui faceva riferimento, sarebbe utile chiudere le frontiere?

«La chiusura delle frontiere ha scarso effetto e l’ha avuto anche a febbraio perché i virus non si possono fermare alzando i muri. L’unica cosa da fare è un’attenta sorveglianza a livello locale. Gli interventi efficaci sono due: evitare la partenza dall’estero di persone che abbiano la febbre e mantenere la guardia alta qui in Italia. Tutte le persone con temperatura superiore ai 37,5°C devono essere identificate e isolate: se riusciamo a mettere su un buon sistema di test e tracciamento, questi focolai si spengono».

Immuni non doveva servire proprio a questo? Come mai non sta funzionando l’app voluta dal ministero?

«Immuni non sta funzionando perché siamo un popolo strano: è evidente che in Italia, quando si parla di prevenzione, malattie infettive o vaccinazioni, non basta affidarsi al senso civico dei cittadini. Bisogna insistere sull’informazione e investire nella comunicazione. In Puglia, per il momento, abbiamo avuto solo due segnalazioni dall’app Immuni. Ed erano pure relative a falsi positivi che hanno frainteso il senso dell’app creando situazioni spiacevoli. Adesso i casi sono troppo pochi per dire se, effettivamente, l’app abbia avuto senso. Immuni diventerà importante se i casi dovessero aumentare e se, ovviamente, i cittadini l’avranno scaricata in massa».

Zaia ha parlato di tso a cui sottoporre eventuali positivi che non rispettano le regole, è d’accordo?

«Non c’è bisogno di ricorrere al tso per il coronaviurs, esistono già le leggi in Italia: nel momento in cui i dipartimenti di prevenzione emanano una disposizione di isolamento domiciliare, è obbligatorio rispettarla. Se non restano in casa, incorrono in pesanti sanzioni. Per non parlare del fatto che, nel nostro Paese, esiste ancora il reato di epidemia. Se si dimostrasse che per dolo o colpa un individuo va a infettare altre persone, incorre in un reato molto grave con conseguenze penali serissime. L’abbiamo visto in passato con l’hiv».

Rossi, in Toscana, ha firmato un’ordinanza che dà ai sindaci il potere di trasferire le persone che risultino positive negli alberghi sanitari. Pratica che, nel resto del Paese, è possibile solo su base volontaria.

«È una buona misura, ma solo nel caso in cui l’isolamento domiciliare non sia possibile. Se una persona positiva dispone di un appartamento abbastanza ampio e con un bagno da utilizzare singolarmente, non vedo perché non possa passare la quarantena a casa sua».

L’uso delle mascherine va reso obbligatorio come in Lombardia?

«Le mascherine all’aperto mi sembrano un’esagerazione. I dispositivi di protezione individuali vanno utilizzati con criterio. Ad esempio, la mascherina occorre metterla quando non è possibile mantenere un distanziamento fisico e prevalentemente se ciò avviene nei luoghi chiusi. Quindi, giusto indossarla nei mezzi pubblici, sbagliato quando si sta facendo una passeggiata».

La preoccupa la riapertura delle scuole a settembre?

«Non abbiamo grosse evidenze dal punto di vista scientifico sull’impatto che avrà la riapertura delle scuole. A rigor di logica, credo che la ripartenza della didattica in presenza, non tanto nelle scuole elementari ma più nelle scuole secondarie, possa comportare dei rischi maggiori. Va fatta molta attenzione perché, verosimilmente, gli studenti adolescenti possono rappresentare un veicolo di trasmissione».

Qual è la sua previsione per il prossimo autunno?

«Fare una previsione è la via migliore per sbagliarla. Quello che dobbiamo fare è ipotizzare gli scenari e prepararci per questi scenari. Il più probabile, in questo momento, è che ci sia una continua circolazione a bassa intensità del virus per tutta l’estate. Dobbiamo investire molto in prevenzione per evitare che l’intensità aumenti. Si sta concretizzando quella frase che ci ripetevamo già dalla scorsa primavera: dobbiamo abituarci a convivere con il virus che esiste e circola tra noi. Quando la circolazione diminuisce, i casi di importazione possono riattivarla e innescare nuovi focolai. La circolazione del Sars-CoV-2 è probabile che aumenterà in autunno per varie cause: servono più investimenti già da adesso per assumere persone che lavorino nella prevenzione».

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