Stati popolari, gli invisibili in piazza a Roma: l’urlo di precari, rider, braccianti, migranti e italiani senza cittadinanza – Le videointerviste
L’invito a quella politica che, ancora una volta, si era chiusa nei palazzi – anche in occasione degli Stati Generali voluti da Giuseppe Conte per rispondere alla crisi economica provocata dalla pandemia da Coronavirus – era quello di un bagno di realtà. «Conte, esci dal Palazzo e vieni in piazza ad ascoltare i problemi della società reale per dare risposte concrete», dice Aboubakar Soumahoro, attivista e sindacalista Usb italo-ivoriano, dalla manifestazione degli Stati popolari oggi in piazza San Giovanni a Roma. «Un appuntamento senza vessilli di partito, l’unica bandiera sono i sentimenti, le sofferenze, i bisogni materiali e immateriali di tutti gli invisibili».
A susseguirsi sul palco e in piazza chi vive nel precariato, i e le rider, chi sta affrontando crisi aziendali come Whirlpool e ex Ilva, ma anche gli ambientalisti di Fridays for future, gli attivisti del movimento Black Lives Matter, gli italiani e le italiane senza cittadinanza, chi vive di musica e arte e – ancor più causa pandemia – è stato lasciato indietro, e naturalmente migranti e braccianti agricoli per cui la sanatoria pur voluta dalla ministra Teresa Bellanova è stata «un fallimento».
Sono gli e le “invisibili”, a cui Aboubakar Soumahoro dice di voler dare voce e per i quali il sindacalista si era incatenato in sciopero della fame mentre a Villa Pamphili si susseguivano i tavoli istituzionali degli Stati Generali.
Le voci in piazza
«Abbiamo continuato a lavorare durante la pandemia, ci hanno chiamati eroi. Ma non abbiamo alcun diritto», dice Tommaso Falchi, 30 anni. Fa il rider a Bologna: «Siamo braccianti metropolitani».
«Essere invisibili per noi vuol dire essere italiani a tutti gli effetti ma non vedere i nostri diritti riconosciuti», spiega Benedicta Djumpah, attrice e attivista del movimento Italiani Senza Cittadinanza. In piazza si cerca di restare distanziati almeno di un metro. Gli organizzatori dal palco richiamano spesso i presenti al rispetto delle norme anti-covid e a indossare le mascherine.
E c’è la voce di quel «mezzo milione di nuovi poveri generati dalla pandemia: giovani, donne, immigrati, precari, freelance, lavoratori del cinema, della musica», dice Aboubakar Soumahoro. Di «chi ha fame di diritti e sete di dignità nel nome degli articoli 1 e 3 della Costituzione». Una piazza che arriva all’indomani di quella del centrodestra ma che non è, dice Soumahoro, la piazza della contrapposizione e della protesta «ma della condivisione e della proposta».
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