Pesci, molluschi e crostacei stanno finendo: da luglio saranno di importazione. L’allarme del Wwf nella giornata del Mediterraneo
È la festa del mare nostrum, celebrato oggi dalla giornata internazionale del Mar Mediterraneo. La distesa blu, ispirazione e guida di poeti e navigatori, ricchezza di popoli e meta preferita di tanti turisti, è ormai da tempo scenario triste di un profondo sovrasfruttamento ambientale. L’allarme lanciato da FishFarward insieme al Wwf parla chiaro: il 78% degli stock ittici del Mediterraneo viene sfruttato ben oltre la capacità delle specie pescate di rigenerarsi.
Pesci, molluschi, crostacei stanno finendo e la strada verso la scomparsa definitiva di alcune specie non è molto lontana. Il mese di luglio segna per il 2020 il mese in cui l’Europa ha terminato simbolicamente le scorte di approvvigionamento interno di pesce. Questo vuol dire che se nei primi sei mesi dell’anno i singoli mercati ittici europei avessero consumato esclusivamente risorse interne a ogni Paese, da oggi non avrebbero più pesce a disposizione se non quello importato.
pic.twitter.com/YKHquFcqu4— ISPRA (@ISPRA_Press) July 8, 2020
L’Italia tra i maggiori sfruttatori
Se in Europa si consumano 23 chili di pesce pro capite per un mercato ittico attualmente annoverato come il più grande del mondo, in Italia la cifra è ancora più alta. Si parla di 29 chili di pescato per ogni consumatore italiano, per un limite di disponibilità di risorse marine già raggiunto ad aprile 2020. Una questione complessa che coinvolge non solo i consumatori, ma anche le oltre 800 milioni di persone che vedono nei prodotti ittici la loro unica fonte di reddito. La maggior parte vive nei paesi in via di sviluppo, attualmente considerati i principali esportatori di pesce.
Il mondo sommerso della pesca illegale
La sovrapesca rimane uno dei problemi più urgenti del Mediterraneo, considerata anche l’attività illegale, non dichiarata e non regolamentata. Un mondo sommerso che l’analisi condotta dall’ Environmental Justice Foundation, insieme a Oceana e Wwf, definisce con numeri affatto rassicuranti: fino a 26 tonnellate di pesce illegale viene pescato annualmente in tutto il mondo. Le catture “INN” globali (non dichiarate e non regolamentate) corrispondono a un valore tra il 13% e il 30% della produzione ittica dichiarata.
La guida al consumo sostenibile
Diventare consumatori responsabili è il primo passo per arginare lo stato di declino del mare nostrum. Il Wwf ha diffuso una guida al consumo sostenibile dei prodotti ittici rivolta ai comportamenti quotidiani da poter adottare per una gestione consapevole delle azioni favorevoli a un consumo ittico sostenibile. Davanti al banco del pesce si può fare la differenza per mari e oceani anche a migliaia di chilometri di distanza.
Un potere e una responsabilità che i 17 paesi aderenti al progetto di Fish Forward, tra cui l’Italia, hanno deciso di non sottovalutare. L’obiettivo è quello di formare e sensibilizzare aziende e consumatori alla scelta di prodotti ittici sostenibili, per contribuire al raggiungimento comune degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’agenda 2030 previsti dalle Nazioni Unite. Importante strada da seguire è il dialogo con i paesi in via di sviluppo, per un’azione di maggiore controllo sull’iter di cattura e di produzione.
Tra i criteri più trascurati nell’iter di valutazione della cattura sostenibile, c’è la regolamentazione dello sforzo di pesca per rispettare la maturità sessuale dei pesci e la scongiura di catture indesiderate per le specie protette. Tra gli ultimi avvertimenti della Commissione europea ai Paesi esportatori invece c’è quello alla Thailandia, colpevole di un mancato rispetto degli obblighi internazionali nella lotta contro la pesca non regolamentata.