Ponte Morandi, la Consulta contro Autostrade: «Legittimo estrometterli»
La Corte costituzionale dopo aver esaminato le questioni sollevate dal Tar della Liguria riguardanti numerose disposizioni del cosiddetto Decreto Genova del 2018, emanato dopo il crollo del Ponte Morandi, ha bocciato l’idea che sia proprio Aspi a prendere nuovamente in mano le redini della gestione del ponte e dichiara legittima la decisione di estromettere la società dalla ricostruzione.
La Corte ha però dichiarato inammissibili le questioni sull’analoga esclusione delle imprese collegate ad Aspi e quelle che riguardano l’obbligo della concessionaria di far fronte alle spese di ricostruzione del Ponte e di esproprio delle aree interessate. La sentenza sarà depositata nelle prossime settimane.
Nel motivare la scelta, la Corte ritiene che «la gravità della situazione sia sufficiente a indurre, in via precauzionale, a non affidare i lavori alla società incaricata della manutenzione del Ponte stesso».
Cosa dice il Decreto Genova
Il Decreto ha affidato a un commissario straordinario le attività per la demolizione integrale e alla ricostruzione del Ponte. Inoltre, spetta al commissario il compito di individuare le imprese affidatarie, precludendogli la possibilità di rivolgersi alla concessionaria Autostrade Spa (Aspi) e alle società da essa controllate o con essa collegate. Infine, il Decreto impugnato ha obbligato Aspi a far fronte ai costi della ricostruzione e degli espropri.
Le reazioni politiche
«La Consulta ci ha dato ragione, non era illegittimo estromettere i Benetton dalla ricostruzione del Ponte di Genova, il nostro decreto andava bene. Un grazie, doveroso, a Danilo Toninelli che ha sempre dato il massimo per la ricostruzione del Ponte. Adesso pensiamo a fare giustizia per le famiglie delle 43 vittime», ha dichiarato in una nota il ministro Luigi Di Maio. Al ministro ha fatto eco subito dopo il premier Conte: «Ci conforta – ha detto – che la Corte costituzionale abbia confermato la piena legittimità costituzionale della soluzione normativa che venne a suo tempo elaborata dal governo».
Il comunicato di Autostrade
Intanto nel pomeriggio è arrivata la replica della famiglia Benetton dopo la notizia di stamattina di affidare ad Autostrade per l’Italia – società presieduta dagli imprenditori trevigiani – la gestione del nuovo ponte di Genova. Come riportato da La Stampa, almeno finché il governo non deciderà per l’eventuale revoca della concessione. La notizia diffusa dal quotidiano di Torino racconta di una lettera arrivata lo scorso 6 luglio al commissario per la ricostruzione e sindaco di Genova Marco Bucci a firma della ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli in cui si dice che Aspi sarà «l’interlocutore per il passaggio di consegne» del Ponte di Renzo Piano.
Con un comunicato pubblicato sul sito di Autostrade, i Benetton fanno sapere che nel corso di questi due anni, hanno supportato «in ogni modo la realizzazione del nuovo viadotto sul Polcevera facendosi carico della totalità delle spese di demolizione e costruzione». E quasi a volersi smarcare da ogni possibile polemica, specificano che «le risorse complessivamente erogate per Genova, sotto forme di indennizzi e sostegno a cittadini e imprese, sono pari a circa 600 milioni di euro».
I rapporti tra Benetton e il governo
«La società ad oggi, non ha mai ricevuto alcun riscontro formale alle proposte inviate all’Esecutivo – definite sulla base delle continue interlocuzioni avute – per la definizione del contenzioso sul Ponte Morandi, né mai alcuna proposta formale è stata formulata dall’esecutivo stesso». È quanto scrive Autostrade per l’Italia, specificando inoltre che dallo scorso gennaio sta lavorando con i rappresentati del commissario Bucci per facilitare l’entrata in esercizio del nuovo viadotto.
«Autostrade per l’Italia – è scritto poi nella nota – ha lavorato con la massima determinazione, anche allo scopo di preservare i posti di lavoro dei suoi 7000 dipendenti, e intende continuare a svolgere pienamente il proprio ruolo di concessionaria, lavorando nell’interesse pubblico e, al tempo stesso, tutelando in ogni sede i propri diritti».
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