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Nuovi guai per Arcuri: secondo la Corte dei conti deve restituire 1,4 milioni di stipendio

12 Luglio 2020 - 12:05 Redazione
Nonostante il tetto agli stipendi di aziende controllate dallo Stato, l'attuale commissario straordinario per l'emergenza Coronavirus avrebbe continuato a prendere compensi anche di 3-4 volte superiori. Lui replica: «Non sono sotto indagine, chiarirò»

Lui ha risposto subito di non essere preoccupato, ma la situazione è comunque imbarazzante. Domenico Arcuri, commissario straordinario all’emergenza Coronavirus e da poco incaricato anche di organizzare la ripartenza delle scuole, è sotto indagine da parte della Corte dei conti del Lazio per stipendi che avrebbe percepito in modo indebito quando era amministratore delegato di Invitalia. I giudici contabili gli hanno già notificato un atto di messa in mora.

Stando ai conteggi fatti dalla magistratura contabile, sia lo stipendio di Arcuri sia quello di altri funzionari e alti dirigenti sarebbe stato troppo elevato. Quindici manager in tutto avrebbero continuato a percepire emolumenti molto alti, sebbene dal 1 gennaio 2014 fosse entrata in vigore una norma che metteva un tetto ai compensi dei dirigenti di aziende a controllo statale.  

Quanti soldi in più?

L’ad non avrebbe potuto percepire più di 192 mila euro annui, mentre avrebbe continuato a prenderne 617mila nel 2014, per poi tagliare il compenso di volta in volta, arrivando a 265mila euro nel 2017: cifra comunque molto superiore al massimo consentito.

Stesso discorso, con le proporzioni del caso, per gli altri membri del cda e manager, tra i quali il presidente Giancarlo Innocenzi Botti. Nel complesso, secondo quanto ricostruito dal pm contabile Massimo Lasalvia, dal 2013 al 2017 Arcuri avrebbe superato il tetto massimo per un totale di 1,4 milioni di euro che ora sarebbe chiamato a restituire in 10 giorni.

La replica

Il diretto interessato dice di essere pronto a collaborare con i magistrati contabili ma che non c’è al momento una vera e propria indagine: «Al momento non vi è alcuna indagine, ma solo l’invio di un avviso volto ad interrompere eventuali termini prescrizionali. I fatti riguardano il controllo della Corte dei Conti relativo al 2015 e agli anni precedenti ma che è stato trasmesso ora.

Quanto al merito della vicenda, ho già dato istruzioni di offrire la massima collaborazione alla Corte dei Conti in modo da chiarire l’assenza di qualunque errore da parte mia o di Invitalia. Come avrò modo di spiegare – si legge in una nota diffusa – la disciplina relativa ai tetti di trattamento economico non trova applicazione per contratti che, come il mio, risalgono ad una data antecedente al 2007».

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