Recovery Fund, l’avvertimento di Rutte: «Sussidi solo a patto di condizioni molto rigide. Ma non credo ci sarà l’accordo»
Si avvicina il vertice del fine settimana e la trattativa tra i 27 Paesi membri sul Recovery Fund e il Bilancio 2021-2027 va avanti serrata, senza esclusione di colpi. Per allora, molti nodi saranno ancora da sciogliere, soprattutto il volume del fondo di rilancio e l’equilibrio tra sussidi e prestiti. I leader europei discutono. Alcuni – come il nostro premier e lo spagnolo Sanchez – tentano di ammorbidire le posizioni più rigide di altri.
Come quella del primo ministro olandese Rutte che è tornato a insistere sulla necessità di un voto all’unanimità del Consiglio sui piani nazionali di riforma, per beneficiare degli aiuti del Recovery Fund in questa fase in cui l’emergenza da Coronavirus ha lasciato spazio a una crisi economica di proporzioni inedite.
Il capo del governo dell’Aja ha ribadito di essere pessimista rispetto all’individuazione di un accordo in vista del vertice dei leader Ue di venerdì e sabato. «Il dietro le quinte dei negoziati», ha precisato Rutte intervenendo davanti al suo Parlamento, «non mi fa sperare sulla possibilità di raggiungere un accordo». Non sembra neanche possibilista il premier olandese: «I sussidi a fondo perduto del Recovery fund – ha argomentato – dovrebbero comportare condizioni molto rigide. Questo è l’unico modo per accettarli».
Dunque, parafrasando, i sussidi potrebbero arrivare solo a patto di condizioni particolarmente stringenti, difficilmente sostenibili per alcuni Paesi. «E solo se saranno effettivamente fatte riforme serie – ha puntualizzato Rutte -. Ma non credo che questa idea sarà accettata». «Le risposte ottenute finora dagli altri leader Ue – ha aggiunto con una buona dose di pessimismo – non mi fanno sperare sulle possibilità di raggiungere un accordo» al vertice.
Lo scontro resta acceso in particolare sul volume del Recovery fund da 750 miliardi, che i cosiddetti Stati “Frugali” (come, appunto, l’Olanda ma anche la Svezia, l’Austria, la Danimarca e la Finlandia che adottano una linea più rigorista in Europa) vorrebbero diminuisse. Ma accanto a questi Paesi ce ne sono poi altri – come la Polonia e l’Ungheria – che si battono per ottenere la rimozione delle “condizionalità sugli aiuti” legate allo Stato di diritto.
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