Omicidio Cerciello, l’accordo tra i carabinieri in un audio: «Dell’ordine di servizio non parliamo con nessuno»
«Andrea, di questa cosa dell’ordine di servizio non ne parlare con nessuno, Ottaviani (capo della stazione dei carabinieri di Piazza Farnese all’epoca dei fatti, ndr) già sa tutto, vieni da me e lo compiliamo». Spunta un audio nel processo sull’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega, morto a Roma tra il 25 e il 26 luglio scorso. Il messaggio vocale – registrato il 30 luglio -, riportato dal Corriere della Sera, è partito dal cellulare del maresciallo Gaetano Armao (supervisore di Varriale) il 28 luglio scorso, ed era indirizzato ad Andrea Varriale, prima che il collega di pattuglia di Cerciello venisse chiamato dai superiori a raccontare i fatti del 26 luglio.
Il messaggio è stato reso noto oggi, 16 luglio, in aula nel corso del processo a carico dei due imputati americani – Finnegan Lee Elder, assistito dagli avvocati Renato Borzone e Roberto Capra e Christian Natale Hjorth, con i legali Francesco Petrelli e Fabio Alonzi. «Bisogna sistemare la questione dell’ordine di servizio – dice ancora Armao nell’audio rilevato – è vuoto, lo devi compilare almeno con l’intervento» facendo riferimento all’identificazione di Sergio Brugiatelli, il presunto mediatore dei pusher di Trastevere. Sul punto Varriale spiega: «a piazza Mastai avevo preso un appunto su un foglio di carta con le generalità di Brugiatelli per poi riportarlo con calma in caserma».
Il contenuto dell’audio
Il maresciallo nel pronunciare quelle frasi fa riferimento all’operazione di identificazione di Sergio Brugiatelli avvenuta con una procedura al di fuori del protocollo ufficiale – come scrive il Corriere. Brugiatelli era l’intermediario fra i ragazzi e gli spacciatori di Trastevere, avvenuta nella stessa notte dell’omicidio. L’audio dimostrerebbe l’esistenza di un accordo tra i carabinieri di cui era a conoscenza il comandante della stazione Farnese Sandro Ottaviani.
Il controesame sul testimone Varriale ha confermato che i carabinieri erano disarmati perché convinti di avere a che fare con criminali alle prime armi e non con professionisti.
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