Il ritorno di Maria Rita Gismondo: «I virologi in tv come soubrette, hanno anche l’agente. Mi hanno massacrata perché donna»
«Tutto ciò che è accaduto attorno al Covid-19 ha rivelato come la nostra società sia maschilista – e l’ubiquità in televisione dei virologi – è offensiva nei confronti della serietà della scienza». Ecco la versione di Maria Rita Gismondo, direttrice responsabile di Microbiologia Clinica Virologia e Diagnostica dell’ospedale Luigi Sacco di Milano, sull’emergenza Coronavirus in Italia e sulla sua gestione mediatica e sociale.
Nell’intervista a Il Fatto Quotidiano – giornale con il Gismondo collabora -, oltre a presentare il suo nuovo libro Ombre allo specchio – Bioterrorismo, infodemia e il futuro dopo la crisi, edito da La Nave di Teseo, la dottoressa affronta il tema del maschilismo e dell’eccessiva esposizione mediatica dei suoi colleghi. «Dai tavoli tecnici governativi tutti al maschile, agli insulti e alle offese fatte da colleghi uomini a colleghi donne. Il maschilismo impera e non tende a migliorare».
«Società maschilista»
«Io non sono per le quote rosa – dice Gismondo a proposito del baronaggio universitario da lei subito e di cui parla nelle note biografiche del libro -, ma per la possibilità di essere valutata meritocraticamente; non sono per l’esclusione e lo sfruttamento sessista, ma quando c’è una donna senza merito o addirittura strumentalizza la sua femminilità a scopi personali di carriera io sono pronta a criticarla. Certo il nostro mondo attuale è maschilista con la m maiuscola».
Secondo la dottoressa, sono due le chiavi per scardinare l’impalcatura maschilista. Primo, «bisogna educare le madri – a crescere i figli senza – una differenza sostanziale nel ruolo del figlio maschio rispetto alla figlia femmina». Secondo, «l’altra responsabilità è delle donne che non si autostimano. Perché se una donna accetta di essere maltrattata, lo accetta e lo subisce perché non ha autostima, altrimenti con i mezzi legali farebbe valere propri diritti e si farebbe strada».
«Infodemia»
Parlando di una sorta di pandemia dell’informazioni, Gismondo pare ancora scottata per le critiche ricevute dopo la pubblicazione di un post su Facebook in cui affermava niente panico, il virus è poco più serio di un’influenza. «Una dichiarazione fatta prima da Burioni e il giorno dopo da Pregliasco e dal Cnr, ecco, la minimizzatrice sono rimasta solo io. È un difetto della comunicazione: molti giornalisti vanno alla ricerca dello scoop o sensazione impattante e non della notizia vera».
«C’era una donna da massacrare e quella hanno trovato. Così mi sono ritirata dai media. Anche perché si sfocia nell’infodemia: un eccesso di presenza dei virologi che così in brevissimo tempo sono diventati delle star e delle soubrette – afferma -. L’informazione va bene, siamo disponibili a darla, ma non si può stare tutte le sere in Tv, molte volte la stessa persona è su due reti diverse in contemporanea con il miracolo di San Francesco. È offensivo nei confronti della serietà della scienza».
Gismondo conclude sostenendo che, quando ha scoperto che alcuni suoi colleghi avevano degli agenti che li collocavano nei palinsesti televisivi e sui giornali, «ho lasciato la scena. Ho un concetto dell’informazione scientifica molto diverso. Il bello è che questa cosa l’ho saputa casualmente, mi ha telefonato un giornalista chiedendo chi fosse il mio agente. E mi ha spiegato i cachet».
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