Locatelli (Consiglio superiore di sanità): «I nuovi contagiati? Il 30% arriva dall’estero. Ma è marginale l’impatto dei migranti»
In Italia aumentano i nuovi contagi da Coronavirus. Secondo l’ultimo bollettino della Protezione civile, ieri i casi sono stati +230, in crescita rispetto al giorno prima quando erano stati 162, mentre è rimasto invariato il numero dei tamponi. A spiegare cosa significano questi numeri è Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità, che descrive l’identikit dei nuovi malati e mette in guardia contro le dichiarazioni ottimistiche di alcuni esperti.
Secondo Locatelli, il 30% dei nuovi contagi arriva dall’estero. «Condivido la scelta di Speranza di chiudere i voli dai Paesi ancora a rischio», dice in un’intervista al Quotidiano Nazionale. Marginale invece il ruolo dei migranti. Il restante 70% è diviso tra nuovi focolai come quello in Veneto, a Bologna o a Mondragone, e casi isolati diagnosticati in modo casuale, come il bimbo di Nembro, risultato positivo in ospedale dove è stato portato quando si è ferito giocando a pallone.
Il presidente del Consiglio superiore di sanità mette però in guardia: «Il virus circola ancora, non si è attenuato. Usciremo dall’emergenza soltanto quando arriverà il vaccino». Afferma che «l’età media dei nuovi contagiati si è abbassata» perché «c’è stato qualche eccesso di rilassamento nella popolazione giovane nel mettere in pratica le misure di prevenzione».
Per l’esperto è probabile che tra qualche mese ci sia una nuova ondata: «Ora stiamo vivendo una stagione favorevole a una diminuzione dei contagi, ma da ottobre potrebbe aprirsi una nuova fase critica». Ma secondo Locatelli «non sarà come la precedente» perché siamo più preparati, capaci di circoscrivere meglio nuovi focolai.
Per quanto riguarda il rapporto Istat-Iss sui morti per Coronavirus, secondo l’esperto tra «morti per Covid» e «morti con il Covid» non c’è differenza: «I morti che hanno ferito le nostre coscienze sono quasi tutti dovuti al Covid. Per non parlare delle morti indirette di chi non ha potuto ricevere trattamenti tempestivi nelle settimane più difficili dell’emergenza». Infine, sul fallimento dei test sierologici: «Gli italiani hanno dimenticato il dramma che ha caratterizzato la fase calda dell’epidemia. Aderire allo studio di sieroprevalenza significa aiutare il Paese e onorare la memoria dei morti».
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