I dubbi sul rientro a scuola a settembre: cosa manca per tornare in aula in sicurezza. Azzolina ai sindacati: «Pronta a collaborare»
La ripartenza delle lezioni a scuola a settembre, tra le prime realtà a chiudere la scorsa primavera per l’emergenza Coronavirus, rischia di non essere più così scontata. L’ottimismo di qualche settimana fa di Lucia Azzolina si scontra con lo scetticismo dei sindacati. Ieri, 17 luglio, la Cgil ha dichiarato che non sussistono le condizioni per una «riapertura in presenza». Una posizione, quella del sindacato, che racchiude un attacco diretto al governo: «Inutile continuare a raccontare che le cose vanno bene, bisognerebbe essere onesti».
Anche per la Cisl i ritardi nella preparazione delle scuola sono imputabili al governo: «Noi abbiamo proposto un piano B alla ministra Lucia Azzolina, ma non ha voluto ascoltarci – ha dichiarato, sempre ieri, la segretaria Maddalena Gissi, criticando aspramente l’operato della ministra -. Era concentrata con le attività di passerella: l’interesse non era a costruire ponti per superare un fiume in piena». Il clima è teso e, nonostante non sia messa in discussione una riapertura – quantomeno parziale – degli istituti scolastici a settembre, la lista delle cose da fare in meno di due mesi per garantire la sicurezza di studenti e docenti è ancora lunga.
Azzolina: «Basta dubbi, il 14 settembre la scuola riapre per tutti»
Le perplessità di sindacati e attori del mondo dell’istruzione non trovano una sponda nella ministra la quale, invece, appare convinta che «il 14 settembre la scuola riapre e riapre per tutti. Gli organici e le risorse ci sono – ha dichiarato -. La data è il 14, e spero che su questa data non ci siano più dubbi perché non si può più sentire che non si sa quando la scuola riapre. Il 14 è la riapertura per tutti, è dal primo settembre ci sarà il recupero per gli studenti che sono stati un po’ più in difficoltà».
La ministra si è detta comunque disponibile a collaborare con i sindacati, non risparmiando anche una frecciata con le sigle sindacali che fino a ieri le contestavano i ritardi nella preparazione al nuovo anno scolastico: «Sono due settimane che aspetto che si apra il tavolo per il protocollo di sicurezza».
Spazio insufficiente
Manca lo spazio. Circa il 15% degli studenti delle scuole italiane non possono sedersi in classe osservando il distanziamento sociale, ed è la stessa Azzolina a confermarlo. Si tratta di circa 1,2 milioni tra bambini e adolescenti che, nel caso in cui gli enti locali non riuscissero a ottenere spazi in cinema, musei, teatri o a recuperare caserme e scuole dismesse, non potrebbero tornare in aula in sicurezza.
Il metro
Il metro, non considerato come unità di misura, ma come strumento per la misurazione della distanza, è la croce che i presidi degli istituti italiani stanno portando sulle proprie spalle in questi giorni. La ministra ha promesso loro di fornire un software in grado di calcolare automaticamente la capienza degli ambienti scolastici, ma per il momento resta la beffa di un burocratese lontano dalle difficoltà dei dirigenti delle scuole. Le rime buccali, i metri statici e dinamici sono locuzioni che restano sulle carte.
I banchi
Di fatto, gli uffici scolastici di ogni Regione provano ogni soluzione per consentire il distanziamento: banchi posizionati a scacchiera, a nido d’ape, cattedre sottratte ai docenti e sostituite con banchi per ricavare più metratura libera. È un tetris che sta mettendo a dura prova i lavoratori dell’Istruzione, anche durante il mese di luglio. In questo infinito puzzle con dei pezzi in eccesso, mancano i banchi monoposto, gli unici in grado di garantire la sicurezza degli studenti. Ne servono tre milioni, il capo della task force per l’emergenza Domenico Arcuri ha promesso che saranno nelle scuole entro il 7 settembre.
I Dpi
Le mascherine a studenti e personale scolastico dovrebbero essere fornite dal ministero. Anche in questo caso, Arcuri ha promesso numeri nell’ordine dei milioni: esattamente 10 milioni al giorno per docenti e alunni, anche se non è ancora chiaro come avverrà la distribuzione. Nel frattempo, il ministero ha raccomandato a docenti e personale di sottoporsi a test sierologico prima della riapertura delle scuole. Per i ragazzi, invece, sarebbe stato previsto soltanto un esame salivare fatto a campione.
La Dad
Non sarà un ritorno in classe normale. Uno dei punti più critici in vista di settembre, sul quale sindacati, studenti e gli stessi docenti mostrano una certa avversione, è la possibilità che la didattica a distanza continui a essere cospicua nel monte ore settimanale. Le lezioni da 40 o 45 minuti, gli ingressi scaglionati negli istituti, l’affollamento sui trasporti pubblici in determinati orari della giornata, rendono plausibile che il tempo investito in sicurezza sia recuperato ricorrendo alla didattica a distanza. La ministra ha sminuito la possibilità, ma soprattutto per le scuole superiori un prosieguo importante della Dad è più che un’ipotesi.