Vacanze senza plastica e carbone: ecco la start up che rivoluziona i viaggi per millennial – L’intervista
Ci vuole parecchia sfortuna per lanciare un progetto nel settore turistico a pochi mesi dallo scoppio della pandemia. Il Coronavirus, però, non ha fermato l’idea di Fernando Cerro, trentenne di Madrid, e Roberto Castelli, suo coetaneo delle Marche. A settembre 2019 hanno fondato Huakai, una start up che organizza viaggi di gruppo sostenibili per millennial, nell’ottica di ridurre l’impatto ambientale del turista e creare una community di viaggiatori responsabili. Tra dicembre 2019 e febbraio 2020 sono stati più di 100 i tour venduti a utenti spagnoli. Poi, con il lockdown, l’attività è stata congelata, ma con la caduta delle restrizioni in estate, i due startupper hanno deciso di espandere il proprio raggio di azione anche ai turisti italiani.
Da luglio, le vacanze green di Huakai sono state rese accessibili anche ai connazionali di Roberto: «Da questa settimana siamo pienamente operativi in Italia e tra un paio di giorni usciremo in Germania». Esperienze in barca a vela o in kayak, trekking ad alta quota, percorsi naturalistici e culturali. Il portfolio è vasto e la start up sta per ricevere la certificazione dell’ong europea B Corp, la quale garantisce che l’attività economica delle aziende associate crei un impatto positivo su persone e ambiente.
«Oltre a ridurre l’uso della plastica monouso e a lavorare con provider con altissimi standard di rispetto dell’ambiente, abbiamo iniziato a calcolare le emissioni di CO2 generate per ogni viaggio», afferma Roberto. Le emissioni «vengono compensate investendo l’equivalente in progetti di riforestazione e di generazione di energia pulita. Siamo consapevoli che la sostenibilità non è un risultato, ma un percorso che vogliamo continuare a seguire per rendere i nostri viaggi sempre più sostenibili per il pianeta».
Una volta prenotato l’itinerario, la piattaforma riunisce i millennial in piccoli gruppi affini per interessi e desideri di viaggio: l’inedita community si conosce online prima di partire. Le destinazioni più battute si trovano, al momento, nella penisola iberica: si può scegliere tra un surf camp nel Nord della Spagna del Nord, la parte galiziana del Cammino di Santiago, un giro in veliero alle Baleari e un tour culturale e paesaggistico in Andalusia. In ottica di sicurezza per il coronavirus, Huakai ha stretto una partnership con mascherine.it, in modo da offrire provvigioni di dispositivi di protezione individuale ai partecipanti durante tutto il viaggio.
Roberto, come hai conosciuto il tuo socio?
«Io e Fernando ci siamo incontrati nel 2017. Con la mia agenzia di comunicazione lavoravo a un progetto per musical.ly – il social poi diventato TikTok, ndr. -. Stavo organizzando una serie di battle musicali in giro per l’Europa e nella pianificazione dell’evento a Madrid ho chiesto aiuto a lui, all’epoca al lavoro in un’agenzia di influencer».
Ed è allora che vi è venuta l’idea di creare un’agenzia viaggi dedicata ai millennial?
«No, l’idea l’ho avuta in seguito. All’epoca io e Fernando avevamo avuto soltanto un rapporto di lavoro, di fatto non ci siamo conosciuti. Poi, quando ho pensato alla creazione di un’agenzia viaggi con le caratteristiche di Huakai ho fatto uno studio di mercato e ho visto che in Spagna non esisteva nulla di simile, mentre in Italia c’erano un paio di competitor più strutturati che lavoravano nel settore da decenni: non hanno le caratteristiche della nostra agenzia, sia chiaro, ma il mercato italiano, in generale, è più difficile per il turismo. Così sono andato a fare un po’ di scouting su Linkedin e ho visto che Fernando aveva lavorato per un tour operator spagnolo. Dopo due anni ci siamo risentiti».
E così ti sei trasferito a Madrid per dare seguito alla tua idea.
«Sì, praticamente a scatola chiusa perché, di base, Fernando non lo conoscevo. Abbiamo fondato la start up diventando soci a settembre 2019, sapevamo che era il momento storico per entrare in questo mercato, per innovarlo. Ed è andata bene: i dipendenti sono aumentati, siamo cinque persone in Spagna, tre in Italia e due in Germania».
Il momento storico giusto, il tempismo un po’ meno: la sfortuna ha voluto che di lì a pochi mesi scoppiasse una pandemia.
«Ecco, quando è stato ufficializzato il lockdown è stata dura: abbiamo dovuto rimborsare tutti i viaggi prenotati, non potevamo emettere dei voucher perché in Spagna non era consentito come, invece, in Italia. Durante la quarantena, invece di star fermi, abbiamo elaborato due scenari. Uno se il mercato non fosse ripartito. L’altro, che è quello che si è realizzato, era l’espansione in Italia e in Germania. Continueremo ad allargarci: vogliamo portare questo format di viaggi in tutti i Paesi europei».
Com’è nata l’idea di questo format?
«Da un problema, ovvero: i millennial non si rivolgono alle agenzie tradizionali perché sono troppo costose e ingessate. L’alternativa per i giovani, oggi, è organizzarsi i viaggi da soli con gli amici. Ma i millennial, all’ingresso nel mondo del lavoro, benché abbiano un po’ di budget rispetto alla generazione zeta, hanno ferie abbastanza rigide, sono sparsi in giro per il mondo e diventa complicatissimo per loro organizzarsi con gli amici storici per partire. Ciò si unisce alla tendenza demografica di posticipare l’età per metter su famiglia e quindi le probabilità di essere soli in questa fascia di età sono aumentate. Sì, i millennial sono un po’ più soli, ma avvertono ancora questa esigenza di unirsi in community: noi li aiutiamo a fare una vacanza con persone più o meno della stessa età e con gli stessi interessi. La cosa bella di un viaggio con Huakai è che si torna a casa con dei nuovi amici. Amici veri».
Può essere davvero sostenibile un tour operator che organizza viaggi che necessitano di spostamenti in aereo?
«Partiamo da una convinzione: noi non possiamo non inquinare, gli aerei hanno un impatto devastante in termini di emissioni, ma possiamo trovare dei modi per limitare questo impatto o compensarlo. Per esempio evitando i luoghi che fanno uso di plastica monouso, oppure scegliendo provider che dimostrano di rispettare l’ambiente. Il taglio del nostro progetto è basato sulla sostenibilità».
Ma se è impossibile fare una vacanza senza avere un impatto sull’ambiente, come fate a organizzare viaggi carbon free?
«Calcoliamo le emissioni di CO2 di ogni singola parte del nostro viaggio. Se occorre prendere un aereo da Milano a Valencia, sappiamo che il trasferimento comporta un certo quantitativo di emissioni. Poi calcoliamo l’impatto degli spostamenti in auto, addirittura siamo in grado, con degli algoritmi, di sapere quante emissioni di CO2 ha causato il cibo che mangiamo in un ristorante. Una volta calcolato il tutto, facciamo il cosiddetto “scambio di crediti di carbonio” che, tradotto, vuol dire finanziare dei progetti per l’ambiente. Ad esempio la riforestazione di un’area, che ci permette di riassorbire quel quantitativo di CO2 emesso durante la vacanza».
Quanto avete investito per fondare la start-up e, dopo il crollo del turismo per il Covid, siete in difficoltà?
«Abbiamo fatto un investimento molto “personale”, decidendo, io e Fernando, di lavorare un anno senza stipendio. Dall’altra parte abbiamo attinto circa 40 mila euro dai nostri risparmi e siamo partiti. Per quanto riguarda il calo del settore per la pandemia, in Spagna siamo tornati ai livelli di dicembre, anche grazie al turismo di prossimità: la situazione per quanto riguarda la vendita dei nostri tour è quella pre-Covid».
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