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I quattro giorni di fuoco dei nordici al vertice Ue, cosa c’è dietro la determinazione dei Frugali

21 Luglio 2020 - 09:10 Federico Bosco
La risposta alla crisi da Covid-19 ha dimostrato che, nonostante tutti gli sforzi di creare un racconto euro-federalista e un senso di unità di fronte alla tragedia, le collettività nazionali europee si mostrano ostili ed estranee le une alle altre, ancorate a pregiudizi e stereotipi vecchi e nuovi che si perdono nella notte dei tempi

L’accordo raggiunto oggi all’alba a Bruxelles dopo quattro giorni e quattro notti è un risultato che accontenta tutti, risolvere così tante divergenze in una volta sola non era facile. Oggi è il momento di celebrare il compromesso, ma è indispensabile che si passi quanto prima a un approccio più realista.

L’accordo sul Recovery Fund

Il compromesso prevede un fondo dall’ammontare totale di 750 miliardi di euro, con 390 di sovvenzioni (110 in meno rispetto ai 500 promessi), ma con 360 di prestiti (110 in più rispetto alla proposta iniziale di 250). Il bilancio pluriennale UE è fissato a 1.074 miliardi. In totale, la dotazione finanziaria complessiva del NextGenerationEU (NGEU) e del bilancio pluriennale (MFF) arriva a circa 1.824 miliardi, un dispiegamento di risorse senza precedenti.

Secondo la nuova composizione del Recovery Fund, all’Italia arriveranno 209 miliardi, di cui 82 come sovvenzioni e 127 di prestiti. Una cifra superiore a quella della proposta iniziale della Commissione, che si fermava a 173. Per il governo italiano è un risultato superiore alle aspettative, per il premier Giuseppe Conte un successo personale che rilancia l’azione di governo.

Nella governance del fondo resta il meccanismo del “freno d’emergenza” richiesto dai Paesi Frugali, ma viene meno la possibilità che un solo Paese possa far valere un potere di veto per bloccare i fondi per un singolo membro. Inoltre, in caso di attivazione la procedura non dovrà durare più di tre mesi, quindi in caso di controversie probabilmente si farà prima a risolvere con un accordo informale tra i paesi coinvolti.

La strategia dei paesi nordici

In questi giorni il premier olandese Mark Rutte ha raggiunto livelli di popolarità sproporzionati, i commenti sui Paesi Bassi si sono sprecati e la domanda di fondo è sempre stata perché un Paese così piccolo tiene sotto scacco il sogno europeo, ma dietro c’è molto di più. La postura olandese è solo uno dei segnali che mostrano come l’Unione Europea sia strutturalmente divergente, attraversata da una frontiera interna che passa attraverso l’asse franco-tedesco .

La frontiera che divide i paesi “virtuosi” da quelli “viziosi” corre lungo il fiume Reno e separa i paesi dell’Europa centro-orientale da quelli della riva sud-occidentale. Da una parte c’è l’Europa polarizzata intorno al sistema produttivo tedesco, dall’altra un gruppo di paesi — Francia, Belgio, Spagna, Italia, Portogallo e Grecia — che arranca ma non riesce a fare squadra in maniera permanente. In questa occasione a fare la differenza ai tavoli negoziali è stato l’appoggio completo della Francia e della Germania.

I Paesi Bassi al contrario si stanno adoperando per aumentare il loro peso politico nell’UE del post-Brexit, ponendosi come i guardiani dei vincoli bilancio e dei principi della concorrenza, alla testa di un blocco unico di piccoli Stati unito per contrastare l’influenza di Francia e Germania. All’inizio il format era quello della Nuova Lega Anseatica, che oltre agli olandesi raggruppava: Irlanda, Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania, Svezia e Danimarca.

In questa occasione invece si è creato il gruppo ristretto ma più determinato: i “quattro frugali”, che riunisce gli anseatici Paesi Bassi, Danimarca e Svezia più l’Austria. Sommando il contributo al bilancio pluriennale dei quattro frugali si ottiene un virtuale Paese secondo contributore netto, è per questo che nonostante venga costantemente ripetuto che sono piccoli e marginali, la realtà è che non sono nessuna delle due cose. I frugali sembrano determinati a costituirsi come gruppo permanente, come quello dei Paesi di Visegrad (Polonia, Ungheria, Reo. Ceca e Slovacchia).

Contenere l’asse franco-tedesco

In linea di principio non è niente di nuovo, siamo sempre alla storia delle cicale e delle formiche, i nordici hanno sempre avuto questa postura. La notizia semmai è la capacità del gruppo frugale di coordinarsi in maniera così efficace. I frugali non vedono di buon occhio le ambizioni della Francia, che vuole usare l’UE come moltiplicatore della sua potenza. Né le visioni più europeiste della Germania secondo Merkel.

In passato la Nuova Lega Anseatica affossò la proposta di Macron (e Merkel) per un budget esclusivo dell’eurozona. Adesso il gruppo dei frugali ha ridimensionando le ambizioni del Recovery Fund. Non riuscendo a privarlo di sovvenzioni, l’hanno lavorato per modificarlo nel rapporto sovvenzioni/prestiti più rigoroso nella governance. La scommessa dei frugali adesso è la fine della carriera politica di Angela Merkel e l’arrivo in Germania di un nuovo Cancelliere più affine alla loro visione d’Europa.

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