Nel 2018 l’encomio solenne alla caserma degli orrori di Piacenza. Il “sistema” esisteva già – Video
La caserma Levante di Piacenza, centrale dello spaccio cittadino e non solo e dove i pusher arrestati finivano massacrati di botte se non accettavano di piegarsi al sistema messo in piedi dal vero “capo” anche se semplice appuntato, Peppe Montella, è stata a lungo un fiore all’occhiello dell’Arma.
Premi, encomi, riconoscimenti per il lavoro svolto soprattutto nel contrasto al traffico di stupefacenti, visto che tra le tante attività che alimentavano il meccanismo c’era l’arresto dei piccoli spacciatori (il modo più pratico, tra l’altro, come emerge dalle intercettazioni raccolte dalla procura), per eliminare la concorrenza.
È forse questo uno degli elementi che maggiormente imbarazza ora i vertici dei Carabinieri. Perché molti comandanti provinciali sono passati ma nessuno si è mai accorto di nulla e perché, appunto, i militari in servizio lì sono stati anche premiati.
Nel 2018 il riconoscimento è arrivato a essere inserito nell’annuale cerimonia che riconosce le operazioni più importanti portate avanti in ambito provinciale e regionale. Nell’articolo pubblicato per l’occasione da Piacenza Sera, il riferimento è esplicito. Menzione speciale “per essersi distinti per il ragguardevole impegno operativo ed istituzionale e per i risultati conseguiti soprattutto nell’attività di contrasto al fenomeno dello spaccio di sostanze stupefacenti”.
L’ordinanza eseguita due giorni fa, il 22 luglio, parla soprattutto di fatti del 2020, ma spiega anche che tutta la macchina funzionava almeno dall’inizio del 2017. Da quando cioè viene arrestato uno spacciatore che poi finisce intercettato in un’altra inchiesta e, interrogato, finirà per diventare la gola profonda dell’indagine sulla caserma degli orrori.
Hamza Lyamani incontra in caserma Montella tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017 e qui l’appuntato è molto esplicito. Gli spiega che per le operazioni “cotto e mangiato” in cui il pusher gli avesse indicato qualche spacciatore da arrestare, lo stesso Lyamani avrebbe ricevuto il 10% della refurtiva. E che in cambio della collaborazione Montella gli avrebbe dato costantemente dosi di stupefacenti, tenute in un barattolo dedicato a lui.
Nell’inchiesta c’è anche molto di più: traffico di droga con la Calabria e Milano, giri di escort, pestaggi di chi non si piega, festini. Ma operazioni come questa hanno anche portato a riconoscimenti ufficiali da parte dell’Arma. E questo aspetto è ora il più imbarazzante (ma imprescindibile) elemento della storia.
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