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La partita dei fondi europei, come saranno investiti i 47,5 miliardi di euro del ReactEu

24 Luglio 2020 - 11:00 Felice Florio
Dei piani di investimento che rientrano nei 750 miliardi approvati dal Consiglio europeo, il "ReactEu" è uno dei programmi più ingenti. All'Italia, dicono fonti vicine alla Commissione, dovrebbero arrivare tra i 10 e i 15 miliardi da investire per le politiche di coesione di territori e città

Dell’esito del Consiglio europeo sul piano del Next Generation Eu e sulla sua parte più consistente, il Recovery and Resilience Facility, si dicono tutti soddisfatti. I Paesi cosiddetti frugali, che spingevano per garantire agli Stati membri meno sussidi, e l’asse dei Paesi mediterranei che hanno visto la somma totale di 750 miliardi di euro restare invariata. L’Italia sarà il maggior Paese beneficiario, con 208,8 miliardi a disposizione di cui 81,4 tramite sussidi a fondo perduto e 127,4 di prestiti.

In virtù del compromesso, Paesi Bassi, Austria, Danimarca e Svezia hanno ottenuto che i loro rebates, i rimborsi sui fondi versati per il bilancio comunitario 2021-2027, fossero rivisti al rialzo. E anche le cifre della proposta della Commissione europea, che prevedeva 500 miliardi di sovvenzioni e 250 di prestiti a tassi molto bassi, sono state riequilibrate secondo la linea dei frugali: 390 miliardi di sussidi a fondo perduto, 360 di prestiti.

Tagli e ritagli

Per raggiungere l’accordo sul Next Generatione Eu e sul Recovery and Resilience Facilty (che da solo vale 672 miliardi di euro) molti dei programmi europei sono stati ridimensionati o tagliati. È il caso del Just Transition Fund, il cuore del Green Deal europeo, passato da 30 a 10 miliardi. Incredibilmente, a pandemia ancora in corso, sono stati stralciati completamente i 9,4 miliardi dell’Eu4Health, il programma sanitario concepito nell’ottica di prevenire future epidemie.

Dei fondi Next Generation Eu che hanno subito ribassi importanti, c’è anche l’HorizonEu, programma per la ricerca scientifica, passato da 13,5 a 4 miliardi. InvestEu, l’erede naturale del programma voluto dall’ex presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker per attivare investimenti sostenibili, è crollato dai 30,3 miliardi promessi il 27 maggio ad appena 5,6. Perde circa 2,4 miliardi di euro, fermandosi a 6,7, il Digital Europe Programme, per la transizione digitale. Il Ndici, il fondo per il vicinato, lo sviluppo e la cooperazione internazionale, passa invece da 15,5 a 3,5 miliardi.

Il ReactEu e l’importanza dei territori

Scomparso dal piano di ripresa post-Covid europea il Solvency Support Instrument che, con i suoi 26 miliardi di euro, avrebbe dovuto salvare le imprese strategiche in difficoltà. Ma sono tanti i fondi che hanno subito riduzioni non indifferenti. I programmi che hanno subito solo leggere limature sono il RescEu, passato da 2 a 1,9 miliardi e che è pensato per costituire una sorta di protezione civile europea, e il ReactEu, un fondo dedicato a sostenere la ripresa dei territori, delle regioni e delle città d’Europa, sceso da 50 a 47,5 miliardi euro.

Il ReactEu è un fondo che, di fatto, va a potenziare la politica di coesione, una delle voci di bilancio più importanti dell’Unione: serve ad armonizzare i vari territori degli Stati membri per rendere più omogenea la crescita economica di regioni e città, a ogni latitudine. Il ReactEu si va ad aggiungere a quella politica di coesione che, da sola, vale circa un terzo dell’intero bilancio pluriennale dell’Unione europea che per il periodo 2021-2027 avrà un valore complessivo di oltre mille miliardi. Una somma importante che puntellerà lo sviluppo integrato del continente europeo.

Le caratteristiche del ReactEu

È uno strumento specifico per regioni e città e costituisce una vera e propria assistenza alla ripresa dei territori d’Europa. Si tratta di 47,5 miliardi di euro, da sommare ai fondi strutturali e di investimento europei, che saranno disponibili nel 2021 e nel 2022. Non si conosce l’ammontare che sarà destinato ufficialmente all’Italia, ma fonti vicine alla Commissione dicono che di quei 47,5 miliardi tra i 10 e i 15 miliardi dovrebbero spettare al nostro Paese.

Le aree in cui il ReactEu agirà sono quelli relativi al mantenimento dell’occupazione e alla creazione di posti di lavoro per i giovani, agli investimenti per le Pmi in tutti i settori, compresi turismo e cultura, alla sostenibilità ambientale, alla transizione digitale e ai sistemi sanitari. Resta, però, la decisione autonoma da parte dei singoli Stati membri su come utilizzare i fondi del ReactEu che, a differenza degli altri piani per la politica di coesione, non richiedono nessun cofinanziamento nazionale.

Le criticità

Acronimo di Assistenza alla ripresa per la coesione e i territori d’Europa, il ReactEu si imbatterà in due criticità per la sua spesa da parte delle autorità italiane. La prima è la variabile temporale, più stringente degli ordinari fondi della politica di coesione. La seconda è la capacità di spesa: l’Italia ha sempre fatto fatica a sfruttare a pieno le potenzialità di questo genere di risorse e, adesso, si trova a dover gestire ulteriori risorse in un tempo “limitato”. «ReactEu è l’iniziativa dell’Ue con il maggiore impatto a breve e medio termine e rappresenta davvero una grande occasione per rilanciare le nostre città e i nostri territori martoriati dalla crisi», afferma Carmine Pacente, membro del Comitato europeo delle Regioni a Bruxelles e presidente del Dipartimento Europa di Anci Lombardia e del Comune di Milano.

«Sarà una prova molto dura dimostrare di saper utilizzare bene e in tempo tutte le risorse europee – aggiunge -. Questa volta sono ancora più ingenti, ma non ci saranno alibi». Pacente è dell’idea che la gestione dei fondi del ReactEu non dovrebbe essere interamente centralizzata ma coinvolgere anche le autorità locali. Per velocizzare le procedure, una parte di essi potrebbe essere utilizzata per rimpinguare le casse dei programmi operativi già esistenti, come il Pon Metro, già approvato nel bilancio 2014-2020 per il sostegno alle 14 città metropolitane italiane e che segue quattro assi. Uno, l’Agenda digitale metropolitana. Due, la Sostenibilità dei servizi pubblici e della mobilità urbana. Tre, i Servizi per l’inclusione sociale. Quattro, le Infrastrutture per l’inclusione sociale.

Locandina dell’incontro sul ReactEu organizzato da Carmine Pacente

Centralizzare o coinvolgere i territori?

Pacente ha promosso una conferenza stampa che si terrà lunedì 27 aprile con i senatori Roberto Rampi, Eugenio Comincini e il deputato Piero De Luca per ribadire il ruolo chiave di territori e città nella gestione dei fondi che arriveranno dal ReactEu. «Oggi è necessario richiamare l’attenzione su questo importante programma di investimenti: stanno arrivando risorse eccezionali dall’Europa – spiega Pacente -, la richiesta al governo è di coinvolgere il più possibile le autorità locali per quei finanziamenti che le riguardano direttamente. Se è giusto e opportuno che la decisione spetti agli esecutivi di ogni Paese membro, c’è la necessità per i territori di essere coinvolti nella gestione di una parte di questi finanziamenti che sono stati pensati proprio per la rinascita di territori e città».

«Non credo ci siano molte alternative – conclude Pacente -. I fondi strutturali aggiuntivi del ReactEu possono essere centralizzati dal governo oppure, ed è la direzione che auspico fortemente, parte di essi possono essere gestiti attraverso il coinvolgimento delle autorità territoriali, comprese le 14 città metropolitane. Queste ultime hanno già in “gestione” – pur non essendo riconosciute come vere e proprie autorità di gestione – fondi strutturali come il Pon Metro, che a Milano vale appena 40 milioni di euro. Ecco, una parte delle risorse che arriveranno dal ReactEu vadano a rimpinguare i programmi operativi già esistenti proprio come il Pon Metro. Mi sembra un richiesta sensata, semplice e di rapida attuazione».

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