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Bombe d’acqua e città allagate, il ministro Costa: «È il clima che cambia: assurdo avere i fondi e non spenderli»

25 Luglio 2020 - 10:14 Redazione
Il ministro dell'Ambiente ritiene che l'intoppo per la messa in sicurezza del Paese non sia la mancanza di risorse. Piuttosto, «paghiamo dazio alle inefficienze dei Comuni, che dovrebbero fare la progettazione delle opere»

Dieci giorni fa il nubifragio che ha messo in ginocchio Palermo, ieri 24 luglio l’esondazione del Seveso dopo che una bomba d’acqua si è abbattuta su Milano: da Nord a Sud, l’Italia si scopre sempre più fragile agli eventi climatici inattesi, che causano sofferenza, terrore e danni economi. «La gente non ne può più e lo capisca. L’urgenza di mettere in sicurezza il territorio è diventata una necessità», dice a la Repubblica il ministro dell’Ambiente Sergio Costa. Per il generale dei carabinieri, al governo da 784 giorni, sono i mutamenti climatici a costituire il principale nemico di queste catastrofi, ma «non è questione di soldi – aggiunge il ministro -, quelli ci sono. Ma restano in cassa: una banalità che rischia di provocare tragedie. Se i cantieri restano chiusi, in Sicilia come in Lombardia, è a causa di pastoie burocratiche».

Le risorse ci sono

Le risorse a cui fa riferimento Costa ammonterebbero a 11 miliardi di euro: sono già state preventivate per contrastare il dissesto idrogeologico e sono «garantite dal fondi di sviluppo e coesione». Il motivo per cui non sono state utilizzate risiede «nelle competenza sulle azioni che è dei governatori – dichiara il ministro – i quali sono anche commissari del governo. Ma pagano dazio alle inefficienze dei comuni, che dovrebbero fare la progettazione delle opere. E non la fanno perché non hanno soldi».

Gli effetti della tropicalizzazione

L’origine delle tragedie che hanno portato l’allagamento di Palermo e il Seveso e il Lambro a esondare a Milano deriva «dalle piogge torrenziali – dice Costa – che rappresentano l’inizio di una tropicalizzazione. Questi eventi estremi sono sempre più frequenti e il problema è che il 79% del nostro territorio è fragile sul piano idrogeologico – conclude Costa -. C’è la necessità, non più una semplice urgenza, di un piano di mitigazione del dissesto».

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