Dalle domande a Cossiga alla commozione per i malati del Santa Rita: chi è Grazia Pradella, la pm che ha messo fine alla “Gomorra” di Piacenza
La vicenda dei carabinieri infedeli che arriva da Piacenza può, nella sua infinita gravità, essere comunque vista da una prospettiva diversa, positiva. Questo è possibile se si guarda al lavoro, e alla storia, del Procuratore capo di Piacenza Grazia Pradella. Non un magistrato qualsiasi. Ci vuole coraggio a fare quello che nessuno aveva mai fatto prima in Italia: mettere sotto sequestro una intera caserma. Mettere fine ai fatti che avevano reso quel luogo l’opposto di quello che dovrebbe essere: un presidio di sicurezza e legalità.
L’inchiesta su Piazza Fontana e la scorta
«Minuta, gentile, determinata», la definì nel 1996 il giornalista Gianni Barbacetto. Entrata in magistratura giovanissima, all’età di 23 anni, Pradella nel 1995 segue, da sostituto procuratore di Milano, l’ultima inchiesta sulla strage di Piazza Fontana, la bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano che esplode il 12 dicembre 1969 e uccide 17 persone. Ancora oggi una ferita aperta nella storia repubblicana.
L’inchiesta scava fino in fondo, arrivando ai depistaggi e alle deviazioni dell’allora Ufficio affari riservati. Grazia Pradella ha 35 anni quando chiede e ottiene di interrogare l’ex presidente Cossiga in merito a ciò che contenevano gli archivi del ministero dell’Interno. Quelli che gli erano vicini dissero che il presidente era rimasto impressionato dal carattere fermo della pm. In quella inchiesta si appura, una volta per tutte, che gli anarchici non c’entrano nulla con la strage. Ma la ricerca della verità costa a Pradella minacce su minacce, tanto che le viene affidata una scorta e lei diventa uno dei magistrati più scortati d’Italia. Al termine dell’indagine, condotta con il collega Mario Meroni, chiede il rinvio a giudizio di quattro neofascisti imputati di strage: Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Giancarlo Rognoni e Carlo Digilio. Più di vent’anni dopo, nel 2019, quando è procuratore aggiunto a Imperia, le viene tolta la scorta. E questo nonostante alcuni episodi inquietanti, quali due intrusioni in casa nel corso delle quali le vengono rubati, oltre ai gioielli, anche dei fascicoli. A questo proposito il Centro Culturale Peppino e Felicia Impastato ha raccolto oltre 60mila firme sulla piattaforma Change.org, per chiedere la restituzione della scorta al magistrato.
L’inchiesta sulla clinica degli orrori e la commozione in aula
Il giudice Pradella, nel corso della sua lunga carriera, si è occupata di indagini pesantissime: Tangentopoli, terrorismo internazionale, servizi segreti deviati. Ma c’è una inchiesta in particolare da ricordare, quella sulla “clinica degli orrori” di Milano, alias Santa Rita. Nel 2008 Pier Paolo Brega Massone, che ricopre l’incarico di primario di chirurgia toracica della clinica, viene arrestato insieme ad altri medici. L’accusa è di aver operato dei pazienti, causandone la morte, nonostante non ce ne fosse bisogno, allo scopo di ottenere i rimborsi pubblici. Pradella chiede l’ergastolo per Brega Massone e il collega Fabio Presicci e, durante la requisitoria, si commuove, chiedendo scusa alla corte e condividendo in aula uno spaccato personale.
Ricorda di provenire da una famiglia di medici e di come lei, e i fratelli, fossero abituati a vedere gli ammalati perché assistiti dal padre, «sempre disponibile 24 ore su 24». Conclude affermando: «Questo processo non diminuirà mai la mia ammirazione per chi da medico affronta quotidianamente la sofferenza altrui». Insomma una dimostrazione, piuttosto rara, di come anche nel lavoro duro di un pm possa esserci spazio per quel lato umano che non depotenzia affatto la forza del proprio agire. Determinata, è una delle prime definizioni che abbiamo letto di lei nei giornali di 25 anni fa. A giudicare da quanto visto a Piacenza, città in cui il magistrato Grazia Pradella ha iniziato a lavorare solo il 25 giugno scorso, la definizione sembra calzare ancora perfettamente.
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