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Coronavirus, in Italia esistono tre tipi di focolai. Sebastiani: «Preoccupa la loro crescita esponenziale» – L’intervista

27 Luglio 2020 - 07:37 Felice Florio
A differenza della fase uno, la seconda e la terza fase dell'epidemia sono state caratterizzate da un'esplosione di focolai. L'analisi del matematico del Cnr

L’epidemia da Coronavirus in Italia si sta sviluppando secondo una logica diversa rispetto alla scorsa primavera. «Da giugno, quando è iniziata la prima vera fase due e poi la fase tre, il contagio è stato caratterizzato dal fenomeno dei focolai», spiega il matematico Giovanni Sebastiani, ricercatore del Cnr che, da febbraio, studia l’evoluzione della pandemia da un punto di vista strettamente numerico. E in questo momento c’è un elemento che lo preoccupa particolarmente.

«Eravamo in una condizione molto buona – spiega, in riferimento all’ultimo periodo di maggio -. Diversi clinici e virologi riportavano dati incoraggianti, sia per la carica virale, sia per il grado di sintomatologia dei pazienti, elementi correlati tra loro. Anche l’incidenza era in diminuzione». Ma se per gli effetti sulle persone – o sulle risposte più tempestive del sistema sanitario nazionale – il matematico ha notato un miglioramento, «la crescita esponenziale nel numero di focolai, adesso, è allarmante».

A Nord più cluster che al Sud. Prevalenza di focolai nelle regioni tirreniche

Da giugno si è iniziato a parlare sempre più spesso di fenomeno dei focolai, «in parte dovuto alle aperture delle frontiere». Come se il virus avesse iniziato a diffondersi a macchia di leopardo. «Anche i flussi interni – sostiene Sebastiani – hanno contribuito a questa nuova conformazione dell’epidemia». Secondo il monitoraggio nazionale, non risultano regioni indenni al contagio, «ma il Nord prevale sul Sud». L’aspetto positivo è che si tratta di «focolai generalmente circoscritti nell’arco di una, massimo due settimane. Tramite contact tracing e isolamento, le autorità sanitarie riescono a circoscriverli».

Giovanni Sebastiani | Distribuzione spaziale del numero di focolai nelle province italiane nel periodo dal 1 Giugno al 23 Luglio 2020

La distribuzione spaziale dei focolai, dunque, rivela una particolare concentrazione nelle regioni del Nord, con il confine meridionale individuato in Toscana ed Emilia-Romagna. «Su scala regionale, i territori che hanno avuto il numero più alto di cluster sono Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana. La concentrazione maggiore al Nord si spiega perché, anche se l’epidemia è in ritirata, l’epicentro dei contagi iniziali è stato lì. È ragionevole – afferma Sebastiani – che questi fenomeni siano concentrati al Nord, perché le dinamiche di contagio sono pressoché le stesse della prima fase».

Su scala provinciale, invece, il matematico ha notato una certa ricorrenza nell’insorgenza dei focolai nelle stesse province. «Accade spesso in Emilia-Romagna, ma anche il Lazio è particolarmente soggetto a queste dinamiche». Nei due mesi analizzati dal matematico, sono scoppiati cinque focolai a Roma e ben sette nella provincia di Bologna, «e ho preso in esame solo cluster con numeri rilevanti». La ricorrenza si osserva nella maggioranza delle province dell’Emilia Romagna, regione seconda solo alla Lombardia per numero totale di focolai.

Giovanni Sebastiani | Andamento temporale del numero totale dei casi risultati positivi al test nella provincia di Modena dal 27 Giugno 2020

Le quattro province più colpite per numero di cluster sono, nell’ordine, Bologna, Milano, Mantova e Roma. L’Emilia-Romagna preoccupa particolarmente Sebastiani per la frequenza del fenomeno: «Nella provincia di Bologna c’è stato un focolaio il 25 giugno con origine in una ditta di logistica. Quasi contemporaneamente, il 27 giugno ci sono stati focolai in sette delle altre otto province dell’Emilia Romagna, ad esclusione di quella di Ferrara».

La differenza di concentrazione dei focolai non segue solo la latitudine, ma anche l’asse Ovest-Est. Dallo studio di Sebastiani emerge che i cluster scoppiano in numero assoluto e in frequenza maggiore nelle regioni che si affacciano sul mar Tirreno, mentre le regioni adriatiche sembrano più esenti da questo fenomeno. «È difficile da spiegare. Un’interpretazione potrebbe essere quella dei flussi autostradali che, principalmente, avvengono lungo il Tirreno. Ma, per il momento, resta solo un’ipotesi».

Giovanni Sebastiani | Distribuzione spaziale del numero di focolai nelle regioni italiane e nelle due province di Bolzano e Trento nel periodo dal 1 Giugno al 23 Luglio 2020

Tipologie di focolai ed evoluzione nel tempo

Sebastiani, analizzando i cluster presi in esame per il suo studio, ha individuato tre macro-categorie: «Una connessa ai flussi che dall’estero si muovono verso l’Italia, una che riguarda gli ambiti lavorativi e l’altra le realtà abitative». Nel caso di focolai individuati tra gli arrivi irregolari, «è abbastanza facile circoscriverli perché la maggior parte di questi casi si riscontrano in seguito alle migrazioni via mare e quindi i possibili positivi sono subito localizzati dalle autorità e isolati per la quarantena». Il genere di cluster segnalato da Sebastiani riguarda anche i casi di importazione di lavoratori regolari che arrivano da Paesi dove l’epidemia è tuttora in fase acuta.

«Classificandoli secondo gli ambiti lavoratori – continua il matematico -, la logistica si è dimostrata particolarmente suscettibile all’esplosione di cluster. Sono almeno tre quelli già riscontrati in Italia. Anche nell’industria della carne si è riscontrata un’importante casistica di focolai», almeno uno a Mantova e uno nel Barese. «Poi c’è il ben più noto caso delle strutture di lungodegenza – come le Rsa, ndr – , dove il virus permea con più facilità per la presenza di soggetti deboli». La terza macro-categoria è quella relativa a particolari situazioni abitative, «appartamenti in cui vivono 10-15 persone in pochi metri quadri: gli standard igienici bassi e la concentrazione di persone in spazi chiusi sono veicoli micidiali per il Covid».

Giovanni Sebastiani | Andamento temporale dell’incidenza di focolai nelle province italiane nel periodo dal 1 giugno al 23 luglio 2020

Nella parte finale dello studio, Sebastiani si è focalizzato «sull’evoluzione nel tempo dei focolai». E ha trovato due tipi di evidenze: «Se si confronta il numero medio di focolai al giorno nel mese di giugno e in quello di luglio, si ha una media quotidiana di nuovi cluster pari a 1,5 nel primo mese e di 2,6 nel secondo». Il matematico è preoccupato perché, anziché migliorare, questo dato è in incremento e non accenna a decrescere. «Ancora più allarmante è l’evoluzione di questo numero: si tratta di un aumento di tipo esponenziale».

«Il valore della costante di raddoppio stimata a partire dai dati è pari a circa 34 giorni – conclude Sebastiani -, nonostante il valore della costante di raddoppio in questo caso sia grande, quello che preoccupa è il tipo di andamento, cioè di tipo esponenziale. Questo suggerirebbe di agire a livello preventivo mettendo in atto delle opportune misure allo scopo di indurre una crescita del numero totale dei focolai di tipo meno veloce di quella esponenziale, per ridurre il rischio di arrivare a una situazione difficile da gestire».

Giovanni Sebastiani | Andamento temporale del numero totale di focolai nelle province italiane nel periodo dal 1 giugno al 23 luglio 2020. Il miglior fit con un modello di tipo esponenziale è sovrapposto ai dati

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