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«Torniamo alla cultura del villaggio», una lezione per il futuro nel nuovo podcast firmato Michelle Obama

Nel primo episodio del suo nuovo podcast in onda su Spotify, l'ex First Lady degli Stati Uniti ha avuto come ospite il marito Barack

Non è un caso che con le sue memorie – Becoming – nel 2019, Michelle Obama sia riuscita a vendere circa 1,4 milioni di copie solo nella prima settimana. Già quando viveva alla Casa Bianca, l’ex first lady godeva di un tasso di popolarità superiore a quello di suo marito, grazie anche a quella capacità particolare di entrare in sintonia con un Paese che, con crescente intensità, guardava a lei come un esempio, soprattutto tra i più giovani.

Da quando hanno lasciato la Casa Bianca, gli Obama hanno cercato di convertire il loro capitale politico e mediatico in potere culturale, tramite la produzione di documentari su Netflix, il lavoro della Obama Foundation e altre avventure editoriali. L’ultimo arrivato è un podcast a firma di Michelle Obama, il cui primo episodio – con ospite il marito – ha debuttato su Spotify il 29 luglio.

La puntata ripercorre il cammino della “speranza” iniziato da Michelle e Barack nella Chicago di qualche decennio fa, partendo da un tema centrale per la loro vita di coppia e la loro attività politica e professionale: il community organising, l’attivismo locale, come antidoto alla politica divisiva diventata protagonista dell’era Trump: come dimostrano gli scontri seguiti all’uccisione di George Floyd, gli Stati Uniti oggi appaiono ancora più polarizzati di prima.

L’antidoto a tanto rancore e violenza è per gli Obama un ritorno ai valori della loro gioventù, rivisitati in modo tale da risultare più inclusivi nei confronti delle minoranze di ogni genere. Quello che manca alla società di oggi – si ascolta in The Michelle Obama podcast – è una dimensione “di villaggio”, quando «ognuno cresceva i figli di tutti», un senso di comunità che è andato perduto. 

Non è chiaro chi o cosa sia il “colpevole”, ma alla base del loro ragionamento c’è la condanna dell’individualismo: «La filosofia predominante oggi è “come faccio ad ottenere tutto quello che desidero” – dichiara l’ex first lady a metà del podcast . È un modello opposto rispetto a quello con cui siamo cresciuti noi».

E continua: «Adesso la percezione comune è che il mondo sia selvaggiamente competitivo […], siamo dominati dall’ansia legata al nostro posizionamento sulla scala sociale e questo si riflette anche nella nostra politica, e così cominciamo a pensare alla politica in termini di “cosa posso fare per proteggermi” e non “cosa posso far per prendermi cura di noi”». La soluzione? Pentirsi, ravvedersi, trasformarsi. «Da una parte – interviene Barack Obama – c’è chi dice che il problema sono “loro”», ovvero gli altri. E Michelle aggiunge: «Perché quando sono “loro” il problema non devi cambiare tu!». 

L’esperienza personale dei due diventa una traccia per disegnare un futuro migliore: Barack, dopo aver studiato legge ad Harvard, ha lavorato come community organiser, un lavoro «faticoso ma non solitario». Michelle ha lasciato una carriera in uno studio di diritto commerciale per lavorare in una no-profit («Quando ti ho conosciuta facevi parte di un “club per intenditori di vino”», scherza Barack, prendendo in giro le aspirazioni “borghesi” della moglie).

C’è rammarico oltre che nostalgia nel loro racconto: «La nostra generazione ha cresciuto i propri figli insegnandogli ad essere più aperti e premurosi. Penso che il padre medio oggi creda che sua figlia può essere chiunque lei voglia essere. Ma il problema è che ci siamo limitati a condividere il messaggio attorno al tavolo da pranzo. Non abbiamo modificato i nostri luoghi di lavoro. Non abbiamo istituzionalizzato i valori che stavamo insegnando a questa generazione». Una generazione “di individualisti”, che – si spera – abbia finalmente voglia di uno scatto di solidarietà.

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