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Visti bloccati, stage annullati e zero risposte: il pasticcio di dottorati e tirocini congelati dal Coronavirus

Dal programma Blue Book della Comunità europea ai dottorandi della Sapienza di Roma, migliaia di giovani italiani sono fermi in un limbo formativo e lavorativo. Ecco le loro storie

«L’anno prossimo andare al college sarà difficile quanto entrarci». Non è un modo di dire quello che il Wall Street Journal ha usato per descrivere l’imminente anno accademico negli Stati Uniti. L’epidemia da Coronavirus ha scombinato le carte anche – e soprattutto – dei più prestigiosi atenei del mondo, trovando impreparate le burocrazie private e pubbliche di buona parte degli istituti internazionali. Ma la formula, oltre che efficace, pare essere trasversale.

Solo in Italia sono migliaia i ricercatori e gli studenti che hanno passato selezioni difficili o concorsi semestrali per poi trovarsi davanti a difficoltà enormi per continuare il loro percorso. Dai dottorandi che hanno dovuto fare i conti con biblioteche e archivi sbarrati, passando per gli studenti finanziati dalle aziende per seguire gli Mba negli Stati Uniti, fino ai i concorsi – tenuti e poi annullati – alla Commissione europea. Le situazioni rimaste in sospeso a causa della pandemia sembrano essere un bel po’ e, nel bel mezzo della Fase 3 dell’emergenza, non si vede ancora luce alla fine del tunnel.

Blue book, un’opportunità sfumata per centinaia giovani

Si chiama Blue Book Traineeship ed è il tirocinio formativo più prestigioso per chi vuole provare ad entrare nelle Istituzioni europee. Ogni anno vengono aperti due bandi attraverso cui circa mille giovani vengono selezionati per un’esperienza di stage della durata di 6 mesi in uno dei vari dipartimenti. Anche in questo caso, quella che sembrava essere una macchina meritocratica (e altamente competitiva) oliata alla perfezione, ha visto incepparsi i suoi ingranaggi fin dalle prime battute della pandemia.

A marzo, con l’arrivo del lockdown, tutte le attività di tirocinio si sono spostate online. Ovviamente, l’esperienza alla Commissione europea per chi è alle prime armi non può dirsi completa se non si è, fisicamente, nei palazzi della Commissione. Per questo, l’Unità centrale ha deciso di prorogare per altri 6 mesi i tirocini dei ragazzi e delle ragazze partiti a marzo (la seconda tranche è a ottobre), andando a coprire, di base, la gran parte della disponibilità di traineeship nei vari dipartimenti. Parallelamente, il concorso di luglio non è stato sospeso: altri duemila giovani sono stati selezionati per fare application a partire da ottobre – senza avere, però la possibilità reale di intraprendere il percorso.

Giuseppe, che è uno degli italiani che hanno passato la preselezione (duemila in tutto, per circa mille posti a regime), ha avuto la brutta sorpresa quando ha iniziato a mandare le e-mail per proporsi alle diverse unità. «Ci dispiace – rispondevano sistematicamente – il tuo profilo è molto interessante ma al momento il posto è occupato dai trainee rimasti in sospeso a causa del Coronavirus».

Alcuni dei dipartimenti avevano deciso di non prolungare e di aprire ai nuovi arrivati, ma quando Giuseppe ha provato a chiedere quali fossero («per evitare di mandare centinaia di e-mail invano») dalla Commissione gli è stato risposto che saperlo avrebbe comportato un vantaggio scorretto nei confronti degli altri. Alla sua richiesta di rendere la lista pubblica, però, la Commissione non ha mai risposto.

Pagina Facebook non ufficiale, gestita da ex Blue book trainees

«Già per noi italiani è difficile essere preselezionati – spiega Giuseppe – perché il nostro Paese ha già dato moltissimi funzionari all’Unione europea». E ora, da quanto gli è stato detto, sembrerebbe non esserci nessuna corsia preferenziale per coloro che fanno parte della sfortunata tornata a cavallo tra lockdown e sue conseguenze. «Il rischio che dovrò rifare le application daccapo è alto – racconta – visto che hanno già aperto le nuove selezioni per i tirocini che inizieranno a marzo prossimo*».

Dottorandi sospesi

Le cose non vanno meglio per chi in questi mesi si è trovato a dover fare i conti con le scadenze dei dottorati. Chiara, che è una giovane ricercatrice al terzo anno del dottorato in Antropologia alla Sapienza di Roma, si è trovata al centro del tornado. «Il lockdown ci ha lasciati nello stallo più totale», racconta. «Biblioteche chiuse, archivi sbarrati, aule studio inaccessibili. Le nostre ricerche sono state interrotte ma, al contempo, non ci è stata data la possibilità di rimetterci in pari».

A giugno lei e alcuni suoi colleghi di corso si sono ritrovati in un «momento di umanità»: «Ci siamo riuniti e ci siamo resi conto che tutti noi avevamo passato settimane difficilissime. E che avevamo bisogno di più tempo per poter portare a termine i nostri lavori». Il primo luglio hanno inviato una lettera al Senato Accademico per chiedere a rettore e al prorettore di farsi portavoce con il ministro di due istanze: aumentare di 6 mesi la proroga retribuita del periodo di ricerca, e includere nel provvedimento i ricercatori senza borsa e i dottorandi degli altri cicli. In meno di una settimana avevano raccolto 700 firme tra i vari dipartimenti della Sapienza.

ANSA/FABIO FRUSTACI | La facoltà di Lettere dell’univertità ”La Sapienza” deserta a seguito dell’interruzione della didattica decisa per l’emergenza coronavirus, Roma 5 marzo 2020

Nel dl RIlancio, il ministro dell’Università Gaetano Manfredi, infatti, aveva inserito la proroga di due mesi per i borsisti del XXXIII, lasciando fuori tutto il resto dei ricercatori che affollano i cicli di dottorato. «Ci sono dottorandi senza borsa, ad esempio – spiega Chiara – che hanno affrontato il lockdown e affrontano gli ostacoli senza una retribuzione. E poi ci sono i dottorandi dei due cicli successivi, quelli del XXXIV e del XXXV. E poi, diciamocelo: due mesi sono assolutamente insufficienti a sanare mesi di chiusure».

Considerando che molti archivi sono ancora chiusi, che le aule studio non sono accessibili e che gli ingressi alle biblioteche sono tuttora contingentati, la logica per cui basterebbero due mesi per recuperare il lavoro perduto sembra essere un po’ semplicistica. «Quando la lettera è partita, tantissimi colleghi e colleghe ci hanno inviato testimonianze di disagi personali correlati al blocco delle università e alla difficoltà di separare, come tutti, la dimensione lavorativa da quella privata», racconta Chiara. Al momento, però, anche loro sono in attesa di una risposta dall’alto.

Mba, gli italiani sponsorizzati all’estero tra visti bloccati e nessun programma di traineeship

Dulcis in fundo, gli italiani sponsorizzati per gli Mba negli Stati Uniti. Si tratta di pochi esemplari, è vero, ma non per questo meno coinvolti nelle ingiustizie partorite dalla pandemia. Soprattutto perché, almeno per quanto riguarda gli studenti provenienti dall’Italia, la maggior parte ha potuto seguire il Master in Business Administration grazie all’investimento di aziende che hanno pagato l’intero ammontare delle rette – che si aggirano attorno ai 30/40mila dollari a semestre.

Gli studenti americani dei più diversi e prestigiosi atenei (dalla Columbia fino a Stanford e Wharton), dopo aver appreso lo slittamento totale dei corsi sull’online, hanno fatto partire delle petizioni dal basso per chiedere che le rette venissero abbassate. Per gli studenti italiani quello delle rette – già saldate da terzi – non è il problema centrale: a preoccupare di più è la mancata possibilità di fare network, che abbassa notevolmente la ricchezza dell’esperienza.

EPA/CJ GUNTHER | Harvard University, USA, 28 maggio 2020

«In Italia con il semplice attestato Mba ci fai poco. Quel che conta è riuscire a conoscere le persone giuste», racconta Gabriele, un ragazzo di 27 anni in corsa nell’Mba della Columbia. A settembre ha iniziato il suo master tramite Bain & Company, la società di consulenza per cui lavora (la maggior parte della aziende che pagano Mba sono in quel settore). «Per non parlare di quanti di noi avevano intenzione di fare un internship: è stato impossibile fare un’esperienza estiva durante lo stato di emergenza».

Tra loro c’è anche chi, come Tommaso, non è riuscito a rientrare in Italia per alcune difficoltà riscontrate con i visti. Dopo aver fatto un Mba a Stanford, ha iniziato – con lo stesso metodo di sponsorship, stavolta McKinsey – una scuola in Pubblic Administration ad Harvard. «Col fatto che i corsi si tenevano online, il dipartimento di Stato americano non era flessibile nel rinnovo del visto di permanenza».

Ora, con la certezza che i corsi fisici ad Harvard non riprenderanno fino a dicembre, risolvere la questione è diventato più urgente. In entrambi i casi, sia di Gabriele che di Tommaso, di allungare i tempi non se ne parla: «Sono vincolato al rientro in azienda», spiega Gabriele. «Non posso perdere mesi di lavoro a loro spese. Non voglio fare compassione a nessuno, so di essere fortunato – conclude -. Ma anche questo è un tema che esiste e che andrebbe considerato».

* Francesco Giannelli, neolaureato e candidato al Blue Book della Commissione Europea per Ottobre 2020, ha segnalato che le nuove selezioni di marzo 2021 sono state momentaneamente sospese, nonostante l’annuncio iniziale. Questo grazie a «un’opera di advocacy promossa da oltre 200 candidati di Ottobre 2020. Fino ad ora abbiamo ricevuto la risposta ufficiale del Comitato dei tirocinanti (associazione che rappresenta tirocinanti presenti e futuri) che ha offerto il pieno supporto alla nostra iniziativa. Inoltre ci è stato comunicato ufficiosamente che la lettera è stata letta ed è stata presa in seria considerazione, fatto che ci viene indirettamente confermato dalla momentanea sospensione dell’apertura delle nuove selezioni per marzo 2021».

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