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Ponte Morandi, «Uno scenario di guerra che tormenta la mia fede». Andrea Profumo, il vigile che arrivò per primo tra le macerie – l’intervista

03 Agosto 2020 - 14:19 Sara Tagliente
La testimonianza del capo squadra dei vigili del fuoco di Genova che lo scorso anno è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica italiana per l’abnegazione e il coraggio

Ripercorrere quella giornata per Andrea Profumo, capo squadra dei Vigili del fuoco di Genova e primo a intervenire sulle macerie del Ponte Morandi, non è facile. Il 14 agosto 2018, il giorno del crollo, è uno spartiacque per la vita emotiva di diversi pompieri che portano nella mente quella tragedia. A due anni di distanza, Profumo sceglie di rivivere con Open le ore che l’hanno segnato nel profondo. E quando entra nelle maglie temporali di quella giornata, la sua voce si fa cupa, le parole scelte con cura e rispetto per ciò che ha visto. 

La scheda d’intervento: «Ponte Morandi caduto»

«Era una giornata già di per sé difficile», dice Andrea. «Tornavamo da diversi interventi per allagamenti, pioveva a dirotto ed eravamo in allerta arancione». Alle 11:25 circa, arriva una scheda di intervento che avrebbe mandato Andrea e la sua squadra di cinque uomini a Savona, ma viene annullata pochi minuti dopo. Se fosse stata confermata, dice Andrea, «alle 11:36 avremmo potuto essere sul Ponte Morandi.

Invece l’ordine rientrato ci permette di asciugare le divise inzuppate d’acqua». Solo per qualche minuto. «Sentiamo i centralini che suonano come impazziti e ci arriva un’altra scheda di intervento che stavolta ordina di andare in via Fillak», ricorda Andrea. «Sulla scheda c’è scritto: “Ponte Morandi caduto”. Qualcosa che fatichiamo a leggere, perché non possiamo crederlo».

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Andrea Profumo, il primo soccorritore intervenuto con la sua squadra sul luogo del crollo del Ponte Morandi

La pioggia battente, le auto schiacciate e quella telefonata disperata

Andrea, insieme ai suoi cinque uomini, arriva per primo sul posto: via Fillak, via Porro, via Campi sono gremite di persone scappate dalle loro case per la paura. Andrea e i suoi lasciano il loro mezzo in una stradina che porta alla sponda del Polcevera da via Campi e, guidati dalle urla di madri con bambini in braccio, uomini e anziani terrorizzati, arrivano dopo pochi passi dinanzi alle macerie di quei duecento metri di viadotto che era da tutti conosciuto come Ponte di Brooklyn.

Andrea si trova inghiottito in «uno scenario di guerra»: «La pioggia batte ancora con furia e quello che metto a fuoco con lo sguardo è una sorta di inferno in Terra. Auto appiattite, pezzi di lamiere di camion semi sommersi dal cemento, oggetti sbalzati, arti di persone. Uno dei miei primi interventi è su un’auto bianca».

Si tratta di due persone, soltanto una ha battito. «Mentre cerco di estrarla tagliando le lamiere – dice Andrea -, sento un cellulare che suona. Evidentemente i loro cari  li cercano disperatamente; cercano una risposta che io ho. Quello squillo mi sprona a salvare la persona incosciente con tutta la forza d’animo che sono in grado di raccogliere. Sento che devo mantenere viva la speranza di quelle telefonate, almeno per chi sta ancora lottando». 

«Mai vissuto nulla di simile in trent’anni»

Nel dicembre del 2019, Andrea Profumo è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica italiana per l’abnegazione e il coraggio che, insieme a quella prima squadra di soccorso, portò sul luogo del crollo del Ponte Morandi, salvando diverse vite e procurandosi lesioni fisiche. «Sono scivolato su una lamiera e sono dovuto stare a riposo diversi mesi», dice Andrea.

«Quell’esperienza, come a tanti altri, mi ha cambiato la vita. Io sono credente, ma faccio tutt’ora fatica a tenere questa esperienza dentro la mia fede. Sono tante le domande, i vuoti di senso. Quello che so, e posso dirlo anche rispetto a tanti colleghi, è che in trent’anni di esperienza, a contatto con tragedie e calamità come terremoti, alluvioni, incendi, non ho mai provato e visto quello che è accaduto il 14 agosto 2018», conclude Andrea. «Dopo quell’esperienza è difficile non portarsi dentro un segno. Profondo. Incancellabile».

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