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Effetto Covid (e non solo), i giovani medici dicono no al servizio nelle zone turistiche: «Senza protezioni e sottopagati»

04 Agosto 2020 - 09:14 Giada Giorgi
medici coronavirus
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Tra gli effetti indiretti del Coronavirus anche quello dell'assenza delle guardie mediche turistiche. Ma il problema è più grande

In vacanza senza la presenza di un medico che possa intervenire in caso di bisogno. Tra gli effetti indiretti del Coronavirus in Italia, anche quello dell’assenza delle guardie mediche turistiche. Nei luoghi montani del Bergamasco e della Valtellina, alcune zone registrano solo otto giorni di servizio nel mese di agosto. Dopo il difficile periodo di lockdown l’afflusso di villeggianti, soprattutto italiani, ha aumentato la domanda di assistenza. Nelle aree marittime del Sud, come in Sardegna, i bandi delle aziende sanitarie locali, le uniche responsabili del servizio, sono stati pubblicati soltanto a luglio inoltrato.

Medici affaticati dall’esperienza Covid decidono di non offrirsi per il servizio, insieme a quelli che, dopo il periodo complicato, scelgono di andare in pensione, lasciando posti scoperti che non vengono rimpiazzati. «Effetto anagrafico e di programmazione certo, ma in buona dose anche effetto Covid», spiega il dottor Guido Marinoni del comitato centrale della FNOMCeO (Federazione Nazionale dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri).

Non all’ultimo posto per importanza, la sicurezza. L’allarme lanciato dai giovani pre-specializzandi, che solitamente occupano la maggior parte dei posti da guardia medica turistica, riguarda proprio i presìdi di protezione personale. Le uniche direttive: la riduzione delle ore di lavoro, che da h24 passano a orari di ufficio, e un primo approccio telefonico, con il quale il medico valuterà la necessità della visita domiciliare o in ambulatorio.

«Senza neanche un computer per registrare i pazienti»

«Ho fatto la guarda medica turistica e so che per i giovani che scelgono di partecipare al bando, e quindi di trascorrere i mesi estivi a servizio dei villeggianti, le condizioni sono pessime», dice il dottor Riccardo Vaccari, coordinatore nazionale del Dipartimento di Medicina Generale SIMeG (Medici di Medicina Generale in formazione) e del Segretariato SIMeG. «Oltre a essere stata un’esperienza personale, ho la testimonianza giornaliera di giovani colleghi pre-specializzandi che continuamente mi segnalano i problemi relativi al servizio».

Si parla di giovani, perché il lavoro temporaneo di guardia medica turistica è una delle poche occupazioni che, secondo normativa europea, può essere scelta dai neo laureati in medicina. In quel periodo di limbo in cui attendono di poter entrare nelle scuole di specializzazione, le sostituzioni dei medici di medicina di generale, di guardia medica e occupazione nelle Rsa sono le altre possibilità di lavoro. «In alcuni casi si riesce anche a sbarcare il lunario ma rimangono lavori precari che non consentono una degna integrazione nel Servizio sanitario nazionale», spiega Moriconi della Federazione Medici.

A trovarsi in questa situazione più di 15mila pre-specializzandi, un arretrato dovuto alla sproporzione numerica tra il numero di laureati in Medicina e Chirurgia e quello previsto dalle iscrizioni delle scuole di specializzazione. «Dal 2018 la situazione è migliorata, i corsi di specializzazione prevedono circa 9mila posti, una cifra che riesce a corrispondere al numero di laureati», continua Moriconi. «Il problema è l’accumulo negli anni a cui è difficile far fronte».

In questo contesto piuttosto complicato, i giovani neo laureati preferiscono rifiutare il ruolo di guardia medica turistica. Quest’anno, poi. «Ci si trova in sedi periferiche, spesso molto isolate, in cui si lavora senza strumentazione, senza personale di supporto, non ci si sente in sicurezza», racconta Vaccari. Senza contare «il set di pazienti completamente fuori dai loro contesti, dei quali noi medici non sappiamo nulla. Ad aiutarci neanche un computer dove poter reperire i loro dati, le informazioni utili per poter intervenire al meglio».

Una situazione che in generale riguarda spesso i pazienti stranieri, ma che quest’anno si è estesa ancora di più anche per i locali. «Nessun riferimento o indicazione da parte dei medici generali delle località, andati in vacanza dopo un periodo molto stressante o magari in pensione». I medici raccontano anche di avere a che fare, spesso nelle zone più impervie di montagna o isolate di mare, con medicazioni di ferite piuttosto complesse senza neanche un infermiere che li aiuti, con la sola presenza di una cassetta dei medicinali.

«Spese personali non sostenibili»

«Si lavora alla cieca», continua Vaccari, «in un modo decisamente fuori dai tempi. Soprattutto questi ultimi tempi, in cui il pericolo virus è un fattore che non può non essere considerato». Alle difficile condizioni di lavoro si aggiunge il problema delle spese personali. Il vitto e l’alloggio sono a carico esclusivo del giovane che quasi sempre non abita nello stesso luogo dove ha preso servizio. Il trasferimento implica un affitto che, nei mesi estivi e nelle zone altamente turistiche, può arrivare anche ai 1.000/1.500 euro al mese.

«Si può dormire nella stanza di fianco allo studio solo quando si è in turno. Nei giorni in cui non si è in turno bisogna necessariamente trovarsi un alloggio a spese proprie. Questo non è facile visti i costi dei posti turistici in questa stagione», racconta Vaccari. Nella maggior parte dei casi la guardia medica turistica non ha uno stipendio fisso. Alcune regioni, come l’Emilia Romagna, possono rimborsare il turno 10 euro l’ora, altre invece non prevedono alcun rimborso, lasciando come unico introito quello che deriva dai pazienti: 25 euro la visita domiciliare, 15 quella ambulatoriale sono le cifre di media, «ma farsi pagare è una lotta», continua il dottore.

«Il cittadino non è abituato all’idea del servizio di guardia medica a pagamento, considerando che in genere è completamente gratuito». In caso di visita a domicilio, dunque, si corre il rischio di tornarsene in studio senza essere stati retribuiti per la visita, con il viaggio da dover fare, per l’andata e il ritorno, esclusivamente a spese proprie e con proprio mezzo. Nessun sostegno o rimborso chilometrico sulla benzina.

«Il test rimandato a settembre crea ansia»

«Trasferirsi e lavorare per pochi mesi come guardia medica turistica non conviene a questi ragazzi: nei casi peggiori ci perdono e preferiscono rimanere a casa a studiare». Il dottor Moriconi affronta un altro tema fondamentale che è quello dello studio. Per i 15mila pre-specializzandi in attesa da tempo di continuare il proprio percorso, buttarsi a capofitto nello studio diventa una delle priorità.

«A differenza del lavoro di guardia medica notturna, che oltre al riposo di recupero permette ai ragazzi di potersi contemporaneamente preparare al test, il lavoro di guida turistica occupa molta parte del tempo a disposizione», spiega. «Il 2020 è un anno poi ancora più complicato anche per i freschi neo-laureati», spiega Vaccari riferendosi allo spostamento, da luglio a settembre, della data del test di accesso alle scuole di specializzazione. «Dover sostenere la prova a settembre e quindi doversi preparare nei mesi estivi, è spesso motivo di preoccupazione e ansia e automaticamente diventa la priorità. La tendenza peggiora se sei poi si considerano le condizioni strutturali carenti del servizio da prestare».

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