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Legge elettorale, maggioranza al palo. Così Conte dovrà sbrogliare l’ennesimo nodo a settembre

05 Agosto 2020 - 19:41 Marco Assab
Il segretario del Pd Zingaretti spinge: «Pericoloso il taglio dei parlamentari senza legge elettorale». Renzi: «Se vogliono proporzionale discutiamo»

All’inizio dello scorso mese, nelle intenzioni di Pd e M5s, la nuova legge elettorale sarebbe dovuta approdare alla Camera il 27 luglio. Ma il Germanicum per adesso resta al palo. Non c’è ancora nemmeno il via libera al testo base della Commissione Affari costituzionali. Troppo forti le distanze dentro e fuori la maggioranza. Per farla breve: non ci sono i numeri per la sua approvazione. L’unica soluzione per sbloccare l’impasse sembrerebbe quella di virare verso altri modelli. E mentre il Pd spinge per un’approvazione della riforma entro il 20 settembre, così da legarla al taglio del numero dei parlamentari (scontato l’esito del referendum), da Italia Viva arrivano i primi piccolissimi segnali di conciliazione. Una rinnovata disponibilità stimolata, forse, dall’apertura al proporzionale manifestata in un’intervista al Foglio da Renato Brunetta. Appare infatti chiaro come un ipotetico sì di Forza Italia (molto ipotetico, viste le differenti vedute interne al partito) neutralizzerebbe il potere di veto dei renziani, che con il loro niet hanno di fatto sbarrato l’iter parlamentare della nuova legge proporzionale.

Zingaretti: «Pericoloso taglio dei parlamentari senza legge elettorale»

Le spinte più forti sono arrivate dal segretario del Pd Nicola Zingaretti, che ha legato il tema della riforma elettorale a quella del taglio dei parlamentari, una sforbiciata da 230 deputati e 115 senatori: «Rinnovo dunque l’appello alla collaborazione, a tutti gli alleati e a fare di tutto affinché, a partire dal testo condiviso dalla maggioranza, si arrivi entro il 20 settembre a un pronunciamento di almeno un ramo del Parlamento». Il segretario dem, citando Bartolomeo Sorge, ha sottolineato il pericolo di votare a favore del referendum sul taglio dei seggi in Parlamento senza avere però una nuova legge elettorale, in questo caso di impianto proporzionale. «Per questo il Partito Democratico – ha proseguito Zingaretti – un anno fa ha fatto inserire questo punto nel programma di governo. Per questo, e non per perdere tempo, spesso in solitudine nelle ultime settimane abbiamo riproposto questo tema da inserire nell’agenda parlamentare».

E Delrio chiama in causa Conte

Sulla stessa lunghezza d’onda il capogruppo Pd alla Camera Graziano Delrio che in una intervista a la Repubblica, dopo aver invitato gli alleati a «rispettare gli accordi presi in maggioranza» (Italia Viva in primis), ha anche chiamato in causa il presidente del Consiglio Giuseppe Conte: «Questo cambio di orizzonte – ha osservato – non è imputabile a Conte. Ma, certo, il venir meno di un pezzo del patto di governo è una cosa su cui adesso anche lui dovrà lavorare». Insomma quello a cui fa riferimento Delrio è il Conte mediatore, paziente tessitore, ruolo a cui il presidente del Consiglio è stato chiamato fin dal primo giorno del suo insediamento a Palazzo Chigi, quando l’alleato era ancora Salvini. E anche dai banchi più a sinistra dell’emiciclo arriva un appello: «L’introduzione del proporzionale è condizione necessaria» per il taglio dei parlamentari, ha avvertito il deputato di Leu Stefano Fassina.

Renzi: «Parliamone»

Riflettori puntati, quindi, su Italia Viva. Le reticenze dei renziani, facilmente spiegabili di fronte a una legge proporzionale con soglia di sbarramento al 5% che, di fatto, stando agli attuali sondaggi li escluderebbe dal Parlamento, sembrano però potersi ammorbidire. Dopo aver rilanciato lo storico cavallo di battaglia del “sindaco d’Italia”, una legge elettorale sul modello di quelle comunali, ritirando la propria disponibilità a votare il Germanicum, Renzi in un’intervista al Tg1 ha lasciato aperto uno spiraglio: «Noi siamo stati sempre a favore del maggioritario e per la legge dei sindaci. Se altri vogliono il proporzionale discutiamo ma la priorità sono i posti di lavoro e il Paese che non ce la fa».

Discutiamo, sì, ma a quali condizioni? Facile immaginare che l’unica condizione possibile per far tornare al tavolo Italia Viva sia un abbassamento della soglia di sbarramento. Modifica che, non sarà sfuggito ai più attenti, converrebbe pure al centrosinistra, almeno sulla base delle recenti simulazioni effettuate da Ipsos. Se con il Germanicum e uno sbarramento al 3% Leu, Italia Viva, Azione ed Europa Verde, dovessero riuscire ad andare oltre quella soglia, il rapporto di forza tra centrosinistra e centrodestra in Parlamento (stando agli attuali sondaggi) sarebbe ribaltato. Che poi si riesca davvero a tenere insieme una coalizione in stile “L’Unione” di Romano Prodi (era il lontano 2006) è tutto da vedere.

Di Maio: «Accordo tra forze di maggioranza va rispettato»

Mentre Lega e Fratelli d’Italia insistono sul maggioritario, chiudendo a possibili sponde con la maggioranza, tiene la barra a dritta il Movimento 5 Stelle. Il taglio dei parlamentari, ha osservato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, «dovrà essere accompagnato da una nuova legge elettorale che sia rappresentativa al massimo». Ovvero il sistema proporzionale previsto dal Germanicum. «C’è un accordo tra le forze politiche di maggioranza e va rispettato», ha detto l’ex capo politico del Movimento. La pausa estiva sarà breve. Una piccola tregua per Conte, che subito dopo dovrà ricominciare con il suo lavoro di sintesi, per tenere insieme le anime di una maggioranza che, su ogni dossier finora affrontato dal presidente del Consiglio, ha mostrato di avere sensibilità diverse. E la tenuta della coalizione passerà da questo e altri appuntamenti, senza dimenticare le elezioni Regionali e senza dimenticare l’autunno economico che si prospetta.

Foto copertina: ANSA/POOL – ROBERTO MONALDO

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