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Coronavirus, negli Usa altri 1.300 morti: in totale sono 157 mila. Trump insiste: «Il nostro tasso di mortalità è tra i più bassi»

05 Agosto 2020 - 06:42 Redazione
I numeri smentiscono le parole del presidente. Stando all'università Johns Hopkins, gli Usa sono al quarto posto tra i 20 Paesi più colpiti dalla pandemia. In Brasile altri 1.154 morti legati al Covid: il bilancio sale a 95.819 vittime

Usa

EPA/MICHAEL REYNOLDS / POOL

Gli Stati Uniti hanno registrato 1.302 nuovi decessi collegati al Coronavirus nelle ultime 24 ore, secondo il conteggio della Johns Hopkins University. Il totale delle vittime nel paese più colpito al mondo dalla pandemia sale così a quasi 157 mila. Ieri gli Usa hanno registrato anche 53.847 nuovi casi di contagio in un giorno, per un bilancio totale ufficiale di quasi 4,77 milioni di casi.

Trump: «Il nostro tasso di mortalità è tra i più bassi»

Il capo della Casa bianca Donald Trump è tornato a insistere sul fatto che gli Stati Uniti hanno «uno dei tassi di mortalità più bassi del mondo». Ma a smentire le affermazioni del presidente sono i numeri. Secondo i dati dell’università Johns Hopkins gli Usa sono al quarto posto tra i 20 Paesi più colpiti dalla pandemia (col 4% della popolazione mondiale ma quasi il 23% dei decessi). Alla fine del suo abituale punto con la stampa, Trump ha fatto una precisazione: «Se dal calcolo si sottraggono gli stati di New York e del New Jersey la mortalità Usa è tra le più basse».

Il presidente ha poi annunciato che sta esaminando varie opzioni sui sussidi di disoccupazione senza coinvolgere il Congresso, dove al momento sembra esserci uno stallo dei negoziati riguardanti il nuovo pacchetto di aiuti anti Covid. Il presidente americano ha detto che considera di sospendere le tasse sui salari e di intervenire sulla sospensione degli sfratti.

Brasile

EPA/FAROOQ KHAN

Altri 1.154 morti: il bilancio sale a 95.819

Continua a salire il bilancio delle vittime in Brasile. Nell’ultima rilevazione del ministero della Salute, sono riportati 1.154 nuovi morti legati al Coronaviurus. Il totale sale così a 95.819 vittime. Centinaia i nuovi casi di contagio. Lo Stato di San Paolo resta il più colpito dalla pandemia con 23.702 morti.

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Coronavirus, il fisico Sestili: «Numeri “piccoli” in Italia? La Spagna ha decuplicato in due settimane» – L’intervista

05 Agosto 2020 - 06:30 Angela Gennaro
Il divulgatore scientifico commenta il rischio "seconda ondata" che sta già interessando numerosi Paesi. In Italia il rischio resta basso ma bisogna gestire bene i focolai

Arriva o non arriva? Ma soprattutto: ha senso parlare di una seconda ondata di Coronavirus? La prima ondata è davvero un capitolo chiuso? E ancora: rischiamo – come ipotizzato da più parti – che con l’autunno ci sia una nuova impennata di casi anche in Italia? In Belgio si parla chiaramente di «seconda ondata di Covid-19»: il numero di infezioni «è in crescita e non è un piccolo aumento.

Non sappiamo quanto durerà e quanto saliranno le curve«», dice Steven Van Guch, presidente del comitato scientifico sul Coronavirus dell’Istituto di sanità Sciensano, aggiungendo che l’ipotesi è anche che questa seconda ondata non abbia «conseguenze drammatiche» grazie alle misure «messe in atto dal Consiglio di Sicurezza Nazionale».

«In realtà – se guardiamo alla dimensione globale – siamo nel pieno della prima ondata», chiosa Giorgio Sestili, fisico e divulgatore scientifico. «I casi a livello mondiale stanno continuando ad aumentare dall’inizio della pandemia. Non c’è mai stata un’interruzione della crescita né una diminuzione dei casi. E infatti siamo quasi arrivati a 20 milioni di casi in tutto il mondo».

Sestili, cosa sta succedendo? Che direzione sta prendendo l’«evoluzione» della pandemia di Sars Cov-2?

«Dipende dalle aree geografiche. In questo momento ci sono dei Paesi che stanno ancora vivendo la prima ondata, come gli Stati Uniti e il Sud America. In Europa no: possiamo parlare di seconda ondata in alcuni Paesi. Nel nostro continente la prima ondata è arrivata molto presto, subito dopo la Cina avevamo già casi in Italia e poi in tutta Europa. Ma grazie alle misure di contenimento e lockdown tutti i Paesi europei sono riusciti ad abbattere la curva dei contagi».

Quali sono le aree europee che preoccupano di più?

«Se per seconda ondata si intende una ripresa importante dei numeri dei casi giornalieri, sicuramente c’è la Spagna. Avevano abbattuto i contagi arrivando a 2-300 casi al giorno, proprio come l’Italia: erano i numeri di una quindicina di giorni fa. Da qualche giorno ha superato i 2500 casi nelle 24 ore. Un dato decuplicato nel giro di un paio di settimane. Questo ci deve dare la percezione del fatto che anche se i numeri oggi sono piccoli, proprio ai piccoli numeri e alle piccole variazioni dobbiamo fare molta attenzione».

Qual è il rischio?

«Mi sono andato a riguardare la crescita dei contagi in Italia tra febbraio e inizio marzo. E giorno dopo giorno, fino al 5, 6, 7 marzo si continuava a dire che in Italia c’erano pochissimi casi. Dopo due giorni è arrivato il lockdown, con le terapie intensive strapiene e le bare di Bergamo. Per questo bisogna fare attenzione a quei piccoli numeri. In questo momento i contagi stanno risalendo in maniera preoccupante non solo in Spagna ma anche in Belgio, Francia. E pure in Gran Bretagna si registra una leggera ripresa dei casi».

E in Italia?

«Anche se la situazione è sotto controllo, se guardiamo alle medie settimanali, negli ultimi 15 giorni i casi hanno ricominciato leggermente a salire rispetto alle settimane precedenti. In Italia è prematuro parlare di seconda ondata: i numeri per ora restano sotto controllo e bisogna monitorarli nelle prossime settimane, per evitare che possa accadere per esempio quello che è accaduto in Spagna».

Rischiamo tra due settimane di avere una situazione analoga a quella oggi della Spagna, con i casi aumentati di dieci volte rispetto a due settimane fa?

«Questo non posso dirlo. Di certo la ripresa dei casi è fisiologica: immaginare “contagi zero” era possibile solo in un mondo chiuso, in lockdown, con le frontiere e i luoghi di lavoro chiusi e con la gente in casa. Il virus, lo sappiamo, non è sconfitto ed è in circolazione. E più siamo liberi di circolare, più la gente viaggia, più il virus circola sulle gambe delle persone. I nuovi focolai erano attesi: il punto è essere bravi a individuarli, isolarli, trattarli ed evitare che la curva epidemica riprenda un andamento esponenziale.

In Italia per adesso lo stiamo facendo bene. Abbiamo avuto tanti focolai e un po’ ovunque E sono stati gestiti bene. È chiaro che bisogna vedere cosa accadrà nelle prossime settimane, soprattutto con l’autunno quando si ricreeranno le condizioni favorevoli al virus: non solo il calo delle temperature ma soprattutto il fatto che passeremo più tempo in luoghi chiusi come gli uffici e che per esempio riapriranno le scuole. Ora stiamo gestendo la coda della prima ondata. Per evitare la seconda ondata, dobbiamo continuare a gestire come stiamo facendo questi focolai».

In copertina il fisico Giorgio Sestili

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Esplosione Beirut. Le false foto delle piramidi di Giza con la bandiera del Libano in segno di solidarietà

05 Agosto 2020 - 05:10 David Puente
Circolano fotomontaggi e foto datate per sostenere presunti atti di solidarietà, ma fate molta attenzione

A seguito dell’esplosione avvenuta il 4 agosto 2020 a Beirut è iniziata a circolare una fotografia che mostrerebbe le piramidi di Giza, in Egitto, illuminate in segno di solidarietà con i colori della bandiera del Libano. In realtà si tratta di un fotomontaggio.

La foto è circolata in tutto il mondo, dall’Italia a Panama per citare giusto due Paesi. Non è nemmeno l’unica fotografia diffusa online con monumenti o edifici colorati in tal modo, ma iniziamo con Giza e concludiamo con una sorpresa.

La foto che circola è sempre la stessa, non ce ne sono altre da angolazioni o prospettive diverse, e questo aveva destato qualche sospetto. Una foto ritoccata? Nel frattempo è diventata virale, come possiamo vedere dal seguente tweet con oltre 2000 mi piace:

Una foto simile circolava da qualche mese, come possiamo vedere da questo articolo di RT del 19 aprile 2020:

Ecco un primo confronto tra le due immagini dove potete notare le estreme somiglianze:

Le nuvole sulla sinistra sono le stesse, così come quelle a destra e due puntini (riflessi?) nella parte bassa. Ecco un confronto animato:

Nel seguente confronto è possibile vedere alcune differenze dovute al ritocco tra l’immagine falsa (a sinistra, dove in alcune zone sembra essere stato usato lo strumento timbro clone di Photoshop) e quella di aprile:

Ecco le foto pubblicate il 19 aprile 2020 dalla pagina Facebook Egypt Tourism Campaign:

Abbiamo anche un video:

Non è l’unica foto che è circolata per testimoniare qualche sostegno da parte di paesi stranieri. La pagina Facebook Egypt Tourism Campaign ci fornisce, oltre alla foto falsa di Giza analizzata in precedenza, un’altro scatto sempre dalle stesse piramidi e con l’aggiunta della bandiera egiziana:

In realtà lo scatto pubblicato, anche altrove e sempre associandolo all’esplosione di Beirut, riguarda un evento del 2015 in segno di solidarietà da parte dell’Egitto per le vittime di diversi attentati come quello avvenuto in Francia e in Libano:

Ora facciamo attenzione! Insieme all’ormai foto virale delle piramidi di Giza circola anche la foto del Burj Khalifa a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti:

Le stesse immagini le troviamo nel 2019, come possiamo vedere anche da questo video:

C’è un però grande come il Burj Khalifa. Ecco il tweet pubblicato il 4 agosto 2020 dall’account Twitter ufficiale con la stessa foto e con un messaggio molto chiaro: «lights up in solidarity with our brothers and sisters in #Lebanon».

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Il curioso rapporto tra Trump e la statistica. Come il Presidente ha spiegato il Coronavirus – Il video

05 Agosto 2020 - 01:34 Redazione
L'intervista rilasciata dal tycoon al giornalista Jonathan Swan è diventanta virale, con oltre 35 milioni di visualizzazioni

«Gli Stati Uniti sono i migliori in diverse categorie». «Abbiamo più casi perchè facciamo più test». «Guarda siamo ultimi, significa che siamo primi. Abbiamo il meglio». In un’intervista rilasciata all’emittente televisiva Axios, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha provato a spiegare lo stato dell’epidemia di Coronavirus. Un tentativo non esattamente riuscito, come le immagini di questo video lasciano intendere. Trump infatti non è sembrato molto preparato alle domande del giornalista Jonathan Swan. Su Twitter in poche ore il video è diventato virale, superando le 35 milioni di visualizzazioni.

Editing Video: Vincenzo Monaco

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CULTURA & SPETTACOLOCinemaGolden Globe AwardsSuoni e VisioniUSA

La giornalista norvegese contro i Golden Globe Awards: «È solo un club privato»

05 Agosto 2020 - 01:10 Redazione
«L'organizzazione non si inchinerà alle intimidazioni», hanno fatto sapere con una nota direttamente da Hollywood

Kjersti Flaa, norvegese, professione reporter dello spettacolo, ieri, 3 agosto, ha fatto causa alla Hollywood Foreign Press Association (HFPA). La donna sostiene che l’associazione sia colpevole di incentivare una “cultura della corruzione” in base alla quale i giornalisti abusano del loro potere per reprimere la concorrenza. Flaa ha presentato la denuncia presso il tribunale federale di Los Angeles, sostenendo che l’Hfpa opera come un cartello in violazione delle leggi antitrust: l’associazione ha 87 membri, la cui funzione principale è quella di votare i Golden Globe Awards annuali.

Kjersti Flaa

Per Flaa, l’organizzazione ha ripetutamente respinto la sua domanda di adesione. La giornalista racconta come – secondo lei – i membri dell’Hfpa sfruttino il loro peso per ottenere viaggi pagati dall’associazione. Tutto questo, monopolizzando il mercato per la copertura di Hollywood in vari Paesi. La giornalista lavora come corrispondente video per varie testate in Scandinavia e ha un canale YouTube dedicato alle interviste alle celebrità chiamato Flaawsome Talk. Ha richiesto l’adesione all’Hfpa nel 2018 e nel 2019 e, sebbene fosse sponsorizzata dagli attuali membri, la sua domanda è stata respinta entrambe le volte.

Le accuse della reporter

«L’Hfpa è talmente concentrata sulla protezione della sua posizione di monopolio e dei benefici esenti da imposte – dice Flaa – che ha adottato un certo tipo di atteggiamento tale per cui qualsiasi candidato obiettivamente qualificato è escluso a priori. Questo modo di fare, mette fuori gioco persone che potrebbero eventualmente competere con un membro esistente». Addirittura, sempre secondo la tesi sostenuta dalla giornalista, due membri dell’associazione le avrebbero remato contro, per la paura di perdere il proprio prestigio.

Tra le accuse ai membri dell’organizzazione, anche quella per cui c’è chi continua a essere un giurato pur essendo «sordo e legalmente cieco».  «Se vuoi avere il tuo club privato e ammettere solo i tuoi amici, va bene, ma non chiedere ai contribuenti di sovvenzionarti», ha detto David Quinto, l’avvocato che rappresenta Flaa.

La risposta dell’Hollywood Foreign Press Association

«La Hollywood Foreign Press Association non si inchinerà alle intimidazioni, sebbene non sia ancora stata informata di questa denuncia». Con una nota, l’organizzazione fa sapere che, stando ai fatti, quelli di Flaa sono «continui tentativi di scuotere l’Hfpa, chiedendo che l’Hfpa la ripaghi e la ammetta immediatamente prima della conclusione del consueto processo elettorale annuale applicato a tutti gli altri candidati». 

Per questo motivo, l’associazione ha detto di aver rifiutato di pagare il riscatto, dicendo alla signora Flaa che «l’adesione non si ottiene attraverso le intimidazioni». E infine: «L’Hfpa prende sul serio i suoi obblighi in quanto organizzazione e la sua dedizione al giornalismo straniero e alla filantropia, e difenderà con forza contro queste affermazioni infondate».

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