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Buoni pasto sospesi durante lo smart working? Sì, le aziende possono farlo

07 Agosto 2020 - 12:21 Antonio Orsini
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Secondo due recenti sentenza i buoni pasto non rientrano nella normale retribuzione e pertanto possono essere revocati o sospesi dal datore di lavoro con decisione unilaterale

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 16135 del 28 luglio 2020, ha riconosciuto la natura non retributiva dei buoni pasto, precisando che la loro erogazione può essere variata anche per decisione unilaterale del datore di lavoro, in quanto si tratta di un atto interno e non prodotto da un accordo sindacale.

Nell’affermare tale principio, la Suprema Corte ha precisato che i buoni pasto non rientrano nella retribuzione normale, ma rappresentano, al contrario, un’agevolazione di carattere assistenziale collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale. Di conseguenza, la Corte sembrerebbe confermare che i buoni pasto non rientrando nella retribuzione in senso stretto possono essere provvisoriamente revocati o sospesi da parte del datore di lavoro.

Nello stesso senso, proprio in tema di buoni pasto e smart working, si è recentemente espresso il Tribunale di Venezia (sentenza n. 1069 dell’8 luglio 2020) che, seppur in ambito di pubblico impiego, ha riconosciuto la piena legittimità della decisione del Comune di Venezia di sospendere l’erogazione dei buoni pasto nei confronti del proprio personale dipendente in regime di lavoro agile. In particolare, secondo il Tribunale di Venezia, la decisione del datore di lavoro di negare i buoni pasto ai lavoratori in smart working è legittima per due motivi:

  • In primo luogo, durante lo smart working non vi è un orario di lavoro predefinito: di conseguenza, viene meno il presupposto per cui il buono non possa essere usato al di fuori dell’orario di lavoro
  • Inoltre, come visto, il buono pasto rappresenta un benefit e non un elemento della retribuzione (secondo quanto affermato da un precedente orientamento della Corte di Cassazione – Cass. n. 31137/2019 – oggi confermato dall’ordinanza n. 16135 del 28 luglio 2020).

E allora, se così è, sembra ragionevole ritenere che questo principio possa assumere piena rilevanza anche all’interno dell’attuale contesto sociale, ove per far fronte all’emergenza epidemiologica da Coronavirus, la grande maggioranza delle aziende continua ancor oggi a fare ricorso allo strumento dello smart working.

Ed infatti, seguendo questo orientamento i datori di lavoro potrebbero essere legittimati a sospendere l’erogazione dei buoni pasto nei confronti dei dipendenti in smart working, senza per questo operare un’illegittima riduzione della retribuzione.

Queste due recenti pronunce sembrerebbero far emergere, quindi, un importante principio che in questo periodo potrà essere utile e di immediata applicazione per tutte quelle aziende che cercano faticosamente di promuovere iniziative dirette alla salvaguardia dei posti di lavoro e, al tempo stesso, a una migliore e più efficiente gestione dei costi.

Si segnala, in ogni caso, che vista la delicatezza della questione e il momento storico in cui versa ad oggi il mondo del lavoro, una decisione in tal senso dovrà comunque essere sempre adottata in modo ponderato, tenendo in considerazione le specifiche previsioni dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro applicati e, ove presenti, di eventuali accordi sindacali e aziendali.

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