Fatiha Sakhri: «L’accordo per l’affitto era chiuso. Poi hanno visto il colore della mia pelle e mi hanno negato la casa» – L’intervista
«Rabbia e umiliazione, ho chiamato la polizia piangendo». A parlare a Open è Fatiha Sakhri, giovane infermiera campana, cittadina italiana di origini marocchine, vittima di un episodio di discriminazione razziale. L’ennesimo. Fatiha, qualche giorno fa, si è messa alla ricerca di un appartamento a Imola (Bologna) per consentire ai suoi genitori di stare vicino al fratello, da settimane ricoverato all’Istituto di Montecatone per la riabilitazione. Cercava un appartamento vicino alla struttura così da non lasciare più solo il ragazzo (non lo vedevano da tempo a causa delle visite sospese per il Coronavirus, ndr). E quella casa l’ha trovata. O, almeno, così sembrava.
Cosa è successo
La proprietaria dell’alloggio, infatti, le ha dato subito la disponibilità. Insomma, sembrava essere fatta. Venerdì pomeriggio, dopo un viaggio di otto ore in auto, in compagnia dei suoi genitori e del fratellino di 11 anni, la giovane infermiera arriva a destinazione. Ma è in quel momento che comincia l’incubo: «Una signora, insieme al marito, ci guarda con sospetto da lontano. Sono i proprietari. Parlano a bassa voce, si guardano, in silenzio. Si meravigliano che mamma porti il velo», racconta a Open. «Ma non siete di Napoli» sbotta la signora, senza «nemmeno salutare». «Lei non mi ha detto al telefono che non siete italiani, mi ha detto che venite da Napoli», continua.
È evidente che la donna sia rimasta spiazzata dalle origini dei suoi ospiti. «Mi dispiace non averlo specificato ma non pensavo che avesse importanza per l’affitto» ribatte la ragazza. «Eh beh sì invece. Poi siete in tanti, non è possibile affittare la stanza, mi dispiace» è la replica della proprietaria della casa che, poi, non contenta, rincara la dose: «Abbiamo sempre evitato stranieri perché non vogliamo avere problemi». E quando il papà di Fatiha chiede di far rimanere lì almeno la moglie con il bambino, la donna tuona: «No, mi dispiace, non ci avete detto prima che siete stranieri». Insomma, dopo l’ok alla prenotazione, arriva il dietrofront lasciando un’intera famiglia – Fatiha, i genitori e il fratellino più piccolo – «sotto quei 30 gradi al sole cocente». «Non credevo ai miei occhi» ci confida l’infermiera.
L’epilogo felice
«Dio santo, ma sto sognando? Non può essere vero. È assurdo, incredibile davvero. Questo è razzismo. Queste cose non devono succedere. Non è possibile che il colore della mia pelle o il velo di mia madre possano causare queste reazioni. Portare il velo non significa essere terroristi» dice Fatiha al telefono, in lacrime. Poi il colpo di scena: «Un’altra persona, un siciliano, che a sua volta offriva un appartamento e che ho chiamato subito dopo la discussione, ci ha dato massima disponibilità. Affitto immediato con mole elevata di gentilezza e generosità. A lui, però, ho specificato le mie origini. “Se ha problemi con il fatto che io sia straniera me lo dica adesso”, gli ho detto. Ma non c’è stato bisogno, adesso so che i miei genitori sono in ottime mani».
L’episodio – che Fatiha intende denunciare alle forze dell’ordine nelle prossime ore – è stato segnalato su Facebook anche dal senatore di Italia Viva Davide Faraone.
Foto in copertina da Facebook
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