La seconda ondata? La pagherebbero (ancora) le donne: con la didattica a distanza il 30% delle madri lascerà il lavoro
Il 65% delle madri ritiene che la didattica a distanza non sia compatibile con il lavoro. Una risposta secca e eloquente, quella data dalle donne lavoratrici con figli al questionario sviluppato dai ricercatori della Bicocca di Milano. Ben oltre la metà. Il 30% di loro, inoltre, ha risposto di essere certa di lasciare il proprio lavoro se la didattica a distanza, imposta dal Coronavirus, verrà protratta.
Il team che ha realizzato l’indagine, con a capo la professoressa pedagogista Giulia Pastori, ha coinvolto 7mila nuclei familiari. A rispondere doveva essere solo uno dei genitori: a farlo, però, sono state per il 94% le donne. Un risultato che dimostra ancora una volta quanto la cura dei figli e della famiglia sia lasciata in gestione alle madri.
Chi sono le intervistate
Le donne che hanno risposto alla ricerca, nello specifico, sono state per il 98% di nazionalità italiana e con almeno un diploma superiore (41%). Le famiglie coinvolte si trovano tutte in condizioni non economicamente complesse e vivono soprattutto nell’area Settentrionale del Paese. Il 38% delle intervistate ha invece una laurea e il 15% possiede anche un master post lauream.
Il 67% di loro ha continuato a lavorare in smart-working per tutta la durata della quarantena, mentre il 62% lo ha fatto avendo un lavoro dipendente (il 18% partite Iva e il 4% circa in cassa integrazione). L’età media è di 42 anni, con 1,4 figli di media, per la maggioranza alle elementari.
Il lavoro di cura è ancora in maggioranza affidato alle donne
«Si è ragionato troppo poco sull’importanza dell’apertura delle scuole dal punto di vista della tenuta sociale e del lavoro femminile», ha commentato Pastori all’Agi. Una mancanza che rischia di riproporre le stesse condizioni anche in caso di una seconda ondata. Durante il lockdown, le mamme hanno dedicato in media 4 ore al giorno ad aiutare i figli: «praticamente un secondo lavoro part-time che si aggiunge a quello vero e alla cura della casa».
«Alcune donne sono riuscite a ironizzare sulle acrobazie quotidiane della gestione della famiglia con lo smart-working, che peraltro annulla i confini tra la vita privata e quella lavorativa e non concede orari», ha spiegato ancora Pastori. «Altre hanno ammesso la difficoltà di tenere insieme tutti pezzi».
Un malessere evidente anche negli aggettivi che hanno scelto di utilizzare per descrivere la Dad: inefficace, brutta, impossibile, spiacevole, difficile, demotivante. Ma anche il rientro in aula alle condizioni di partenza non è la prospettiva migliore: molte di loro si sono dichiarate preoccupate in merito agli spazi – non sempre adeguati al distanziamento fisico – e alla messa in pratica dei protocolli d’igiene.
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