The Last of Us 2: Non solo un videogame con gli zombie – Ne parliamo assieme a Quei due sul server (QDSS)
The Last of Us (TLOU) della casa videoludica Naughty Dog, arrivato al suo secondo capitolo, fa parte di quel ristretto Olimpo di “storie giocate” difficili da classificare. Se qualcuno ha dubbi sul fatto che i videogame possano essere definiti arte, di fronte a fenomeni che uniscono le suggestioni cinematografiche alla piena immersione del gameplay, deve fermarsi qualche minuto interdetto.
Parliamo di titoli molto diversi tra loro per come sono stati mescolati assieme diversi elementi: ci sono gli enigmi ambientali, dove il giocatore deve far andare avanti il personaggio nella storia, risolvendo rompicapi e trovando scorciatoie; le fasi di combattimento, come lo shooting (dove si spara); e le cut scene, ovvero le parti non giocabili, interamente cinematografiche. Saper dosare tutti questi elementi non è facile. Parliamo di titoli molto diversi tra loro, come LA Noire, Detroit: Become Human, o il più recente Death Stranding.
Per qualche ragione – che cercheremo di sviscerare in compagnia di due influencer del Mondo videoludico: Redez e Synergo del canale YouTube QDSS – The Last of Us riesce come pochi altri dello stesso genere, a dare una storia ben scritta e dosata, senza essere svilita dalle fasi di gioco, né finire per monopolizzarlo, arrivando a spazientire chi in fondo si è recato in un GameStop e non al Cinema; perché voleva giocare un videogame, non assistere passivo alle azioni dei personaggi.
Un crossover magistrale tra videogame e cinema (Senza spoiler)
Nonostante nel secondo episodio TLOU non aggiunga niente di nuovo nelle tecniche di gioco, come vediamo invece in Death Stranding – e senza permettere al giocatore di aver voce in capitolo sull’andamento della trama, diversamente dall’intricato albero di possibilità che offre Detroit – l’ennesima rivisitazione di una “storia zombie”, offerta dagli sviluppatori di Naughty Dog, lascia di nuovo il segno. Così, se la prima parte di questo Titolo aveva chiuso in bellezza il parco giochi della PlayStation 3, la seconda fa altrettanto con la quarta Console della Sony.
La sceneggiatura scritta da Neil Druckmann e Halley Gross, unita alla regia di Druckmann e alla trasposizione nel gioco di voice actor, come Troy Baker (Joel), Ashley Johnson (Ellie) e Laura Bailey (Abby); offre una sequenza di cliffhanger e colpi di scena credibili, resi più incisivi grazie all’immersione che solo un videogame può dare. Offrire ai giocatori la possibilità di muovere i personaggi, impersonandoli, non sempre dà questo valore aggiunto.
Titoli come LA Noir, tutti i più recenti GTA, o il controverso Kingdom Come: Deliverance (KCD), nel dare al giocatore l’illusione di poter fare tutto – muovendosi in uno spazio quasi totalmente esplorabile – allontanano dalla storia e alla lunga mettono a nudo tutti i difetti della programmazione (KCD ne è un tragico esempio); forse una eccezione potrebbe essere rappresentata dal videogame Western Red Dead Redemption 2.
TLOU nel condurre il giocatore/personaggio, non gli permette davvero di fare “qualsiasi cosa”, il viaggio dell’eroe prosegue secondo un modello che potremmo definire “a tunnel”, ma tanto la sceneggiatura quanto lo studio degli scenari di gioco, danno comunque l’illusione di viaggiare attraverso spazi interamente esplorabili, dando ogni volta l’illusione di aver scelto il percorso giusto, senza farci allontanare dalla storia.
Degno di menzione a questo punto è l’ottimo level design del gioco. Parliamo di una parte molto delicata del progetto e sviluppo di un videogame, che deve permettere al giocatore di muoversi da una scena all’altra, senza la frustrazione di non saper andare avanti, evitando brusche interruzioni tra fasi di gioco e cut scene. Rompere questo equilibrio significa ricordare al giocatore/spettatore che quella non è la realtà: si trova nel salotto di casa e per quel gioco ha sacrificato un paio di cene con gli amici.
The Last of Us Part II è un titolo ambizioso che vuole trascinarci dentro la finzione, come nel video musicale Take on me degli a-ha, che il gioco omaggia in una delle sue scene più iconiche. Il gameplay fa sentire ai giocatori la fatica che provano i personaggi nel liberarsi da pesanti ostacoli; sbatte loro in faccia le conseguenze che le fasi di gioco – altrimenti vissute con leggerezza – hanno nella vita dei protagonisti.
Intervista – Quando nel 2013 una pandemia zombie cancellò la civiltà (Prima parte: spoiler solo se siete neofiti)
Nicola Palmieri (Redez) e Mario Palladino (Synergo), sono due influencer e imprenditori che da anni divulgano la cultura videoludica attraverso il canale YouTube Quei due sul server (QDSS) e la piattaforma di formazione online Docety. Con loro avevamo già trattato diverse tematiche in precedenti interviste. Oggi raccontano a Open la loro esperienza con TLOU, una avventura videoludica sviluppatasi nell’arco di quasi sette anni, e che forse proseguirà ancora.
A proposito, come è stato giocare un titolo del genere nel pieno di una vera pandemia, quella della Covid-19?
«A un certo punto il lockdown l’hai subito e basta. Quando è uscito TLOU ormai la fase di paura era passata, anche perché noi in Molise non abbiamo mai avuto situazioni troppo gravi – spiegano QDSS – Per noi era un “facciamo i bravi, facciamo il nostro, mettiamoci la mascherina e stiamo a casa”. È interessante l’atmosfera che si respirava. In giro la mattina e la sera non c’era nessuno. Non come avviene normalmente, quando almeno un paio di auto le vedi passare».
«Non si sentivano suoni. C’era il nulla. Quella sensazione alle sei del pomeriggio affacciato alla terrazza del balcone col nulla in giro se non le cartacce al vento, ci ha fatto percepire la vita a una velocità diversa. In questo senso ci siamo anche “goduti” la pandemia. Si respirava tutto sommato una atmosfera sana, non solo perché l’aria era più pulita. In una situazione come quella di TLOU l’ideale sarebbe effettivamente quello di andarsene in campagna».
La pandemia e gli zombie, non sono temi venuti fuori per la prima volta con TLOU. Eppure la sensazione è quella di immergersi in una storia originale. Difficile però che – vista l’estrema cura nel realizzare il Titolo – non ci siano state delle influenze esterne, dal cinema come da precedenti videogame. E sono davvero tanti gli spunti di riflessione che l’universo narrativo ci offre. Avete notato qualche contaminazione in particolare?
«Parlando di cinema, anche abbastanza recente, c’è tanta roba: per esempio The Road, con Viggo Mortensen, che si svolge lo stesso in un mondo devastato. Poi ci sono diversi elementi tipici, come il fatto che i personaggi di Joel ed Ellie all’inizio non hanno quasi nessun dialogo, mentre durante il viaggio sviluppano un affetto incredibile l’uno per l’altra. Questa è una cosa che ha sempre funzionato narrativamente parlando, quindi The Last of Us come idea e intento, trova la sua originalità nell’epilogo».
Gli zombie sono in realtà degli umani infetti a causa delle spore di un fungo denominato Cordyceps, ma la malattia può trasmettersi anche tramite i loro morsi. Qui per semplicità li chiameremo mostri, distinguendoli dagli umani – ovvero tutti quelli che non sono stati infettati – e sono piuttosto variegati. Spiegheremo in un prossimo paragrafo come vengono classificati nella storia. Ma fin dal primo titolo vediamo che molti scontri avvengono tra fazioni in lotta di umani.
Dai vostri gameplay sembra che abbiate trovato molto più interessanti le sezioni di gioco contro questi ultimi, come mai?
«Gli autori puntano tutto sul lato umano della storia. È un aspetto che ci si trova ad affrontare sempre in una apocalisse zombie. In questo genere di narrazioni prima o poi i personaggi faranno fatica a trovare le risorse». Questo porta alla formazione di gruppi in competizione per la sopravvivenza. «I mostri invece ti attaccano e basta».
«Se ci pensate, ogni mostro in TLOU in realtà è una vittima. Probabilmente ci sono pure madri di famiglia. L’unico motivo per cui ti attaccano è perché quelle persone sono state involontariamente infettate. Se un gioco come TLOU tenta di esaminare la colpa, la vendetta, il perdono; davvero gli infetti sono soltanto uno spuntone d’acciaio contro cui ti puoi ferire mentre cammini. Così, i veri nemici sono quelli imprevedibili: gli umani».
«Gli infetti hanno addirittura una classificazione. Sono così prevedibili nella loro mutazione lungo il tempo, che addirittura si catalogano, come fossero degli articoli nello scaffale di un supermercato: “Quello è un Runner; un Clicker; uno Stalker”; eccetera. Alla fine diventano la normalità di quel mondo. Quel ch’è imprevedibile invece è ciò che fanno gli esseri umani».
«Per esempio, la comunità dei Serafiti è pazzesca come entità. Sembrano malvagi solo perché tentano di ucciderci ogni volta. Nessuno lo è in TLOU, sono semplicemente tutti prodotti di quel mondo; se sei un infetto ne diventi il prodotto più semplice, vivo o morto non fa differenza. Ma se l’intento del gioco è quello di farti domandare qualcosa sulla vita umana, le implicazioni di una situazione d’emergenza, su quello che è l’istinto umano che prende il sopravvento quando tutto va male, è normale che abbiano puntato maggiormente sullo scontro tra umani».
- ALLERTA SPOILER: se hai giocato il primo Titolo ma non ancora il secondo, salta alla nostra Guida agli infetti di TLOU. Potrai recuperare la seconda parte dell’intervista in un altro momento
Intervista – Quando scopri che il cattivo potresti essere tu (Seconda parte: spoiler per tutti)
Il gioco è piuttosto brutale, fin dal primo titolo, quando si comincia con Joel a cui muore la figlia tra le braccia e si conclude con una strage, dove deve impedire che la fazione delle Luci faccia a pezzi la figlia acquisita (Ellie), per ricavarne un vaccino. Lui aveva il dovere di portarla da loro perché si è scoperto che è immune dall’infezione, ma solo all’ultimo momento scopre che l’unico modo per ricavare un vaccino è ucciderla.
Molti sono arrivati al secondo titolo senza aver giocato il primo o saltando il DLC Left Behind. Lì la parte più brutale non si vede, ce la lasciano immaginare. Siamo in una sorta di prequel della storia principale. Ellie si innamora di una ragazza che aspira a entrare nella fazione delle Luci. Dopo una serata vissuta clandestinamente, lontane dalle proprie comunità di appartenenza, vengono attaccate da un infetto che le morde entrambe.
Alla fine decidono di aspettare che l’infezione faccia il suo corso, trasformandole assieme. Noi sappiamo che Ellie scoprirà di essere immune all’infezione, mentre il suo primo amore si tramuterà in zombie. Ma la cut scene si ferma prima. Possiamo solo immaginare cosa potrebbe aver provato, e se abbia dovuto uccidere quel che rimaneva della sua ragazza.
«Poi molti si chiedono come mai Ellie sia così aggressiva. Molte di queste persone, se avessero vissuto un terzo di quel che ha vissuto Ellie, probabilmente avrebbero venticinque personalità. Tutte assassine».
La sospensione dell’incredulità, tra cinema e videogame
Effettivamente nel gameplay vediamo una ragazzina come Ellie sterminare decine di persone e infetti. Neppure Lara Croft in Tomb Raider o Rambo arriverebbero a tanto. Questo è un aspetto che in un film sarebbe difficile da rendere credibile.
«Forse dipende molto dalle limitazioni dell’intelligenza artificiale. Ellie si trova spesso a combattere contro gruppi di una quindicina di Iene (Serafiti), perché di fatto nei gameplay è abbastanza facile accopparne due senza troppo sforzo. Ma in un contesto futuristico in cui l’IA riuscirà davvero a darti filo da torcere, gli incontri non necessariamente dovranno essere contro un esercito. Magari per quanto riguarda gli infetti sì, in quel caso ci starebbe farne secchi in tanti».
«Immaginate però degli incontri nella realtà: un gruppo di Iene non manderebbe pattuglie di dieci persone in ricognizione, perché non avrebbe senso. Il gruppo di Ellie manda invece sempre coppie di persone a fare i turni di ronda: due stronzi. Perché invece gli altri mandano in giro un esercito? Se l’IA fosse più avanzata, tu potresti affrontare due o tre nemici divertendoti. Oggi questa cosa in termini di gameplay non è fattibile. Due li fai secchi in un attimo, basta mettere una bomba per terra e hai finito».
«Dobbiamo contare tante scelte fatte per intrattenere il giocatore. Se avessimo avuto una IA che ci avesse permesso di divertirci con un solo nemico, scaltro, che si nasconde e si muove in maniera imprevedibile, la situazione sarebbe stata completamente diversa. Ai fini della storia avrà avuto sicuramente un suo peso. Parliamo di un medium che nel videogioco ti permette di compiere determinate scelte, che in un film stonerebbero, e non poco».
«Ci sono anche altri aspetti che rimangono difficili da comprendere. Anche se hanno un certo fascino. Perché, per esempio, si vedono così tanti palazzi in rovina dopo appena sette anni? «Si vedono spesso crepe nel terreno e voragini. Nell’arco di cinque o sei anni è probabile che possano esserci stati dei terremoti, però l’impressione è che questo sia un po’ eccessivo».
Come si spiega poi il “feticismo per il legno” dei Serafiti? Riempiono di legname persino le strutture in cemento armato.
«A proposito delle strutture dei Serafiti, c’è una parte del gioco in cui tu entri in un palazzo di Seattle, al cui interno trovi tutto rivestito dalle loro costruzioni in legno. All’inizio sembra molto figo. Però riflettendoci ho pensato: “Quindi dalla campagna si sono portati tonnellate di legna dentro Seattle per fare quelle costruzioni”? Non ha senso».
«In questo gioco trovi tante cose belle da vedere, però non devi scavare troppo. Altrimenti ti rendi conto che nelle cut scene un personaggio rischia per una ferita al braccio e devi trovargli degli antibiotici; poi durante il gameplay sei morso dai cani, finisci nelle fogne, e non ti succede niente».
«Come nei film sui supereroi devi chiudere un po’ gli occhi e farti trasportare dalla storia». La cosiddetta sospensione dell’incredulità. «Sì, devi spegnere il cervello a un certo punto».
«Noi giocatori siamo così, non ci frega niente di cercare il pelo nell’uovo in una trama. In fin dei conti, ogni gioco action che io ricordi parla di qualcuno che rischia di morire, ma anche di un personaggio che può fare di tutto e non muore mai. Per esempio, in Ghost of Tsushima – videogame che stiamo giocando in questo periodo – tu stai morendo dissanguato, eppure sei determinato ad andare avanti e resti fresco come una rosa».
«Tutte queste incongruenze in TLOU si fanno particolarmente evidenti. In tutte quelle che sono le sequenze puramente narrative, si assiste a qualcosa che somiglia molto più a un film che a un gioco. Proprio per questo è difficile che non si lascino scappare l’opportunità di creare un terzo capitolo della storia. Si tratta di un titolo che è andato troppo bene per dire “va bene ci fermiamo qui”. Esattamente come per altri titoli come Uncharted: la Naughty Dog ne ha fatti a iosa, perché aveva delle idee belle sia come storia che come gameplay. Questa casa videoludica si è sempre distinta da questo punto di vista».
Le critiche sulle presunte tematiche LGBTQ+
Potremmo parlare di fascino delle incongruenze, e ci può stare con un universo narrativo così vasto, che non deve stancare, ma affascinare e spingere il giocatore ad appassionarsi. È un peccato che tanti non siano riusciti a vederlo.
Molti visti i tempi hanno parlato del secondo titolo come di un qualcosa di buonista e troppo LGBTQ+ – a parte il fatto che non ci sarebbe niente di male – ma quei temi non sono affatto trattati, mentre si perde tutto il resto, affossato da polemiche forse fuori luogo.
«La tematica dell’omosessualità viene fuori già nel primo capitolo. C’era un personaggio che dà la sua macchina ai protagonisti per fuggire. Aveva un compagno al quale Ellie prende anche una rivista con uomini nudi. Poi in macchina lei dice che “le pagine sono appiccicaticce”. Questo personaggio era presente senza alcuna voglia di rimarcare la cosa; lo hanno talmente ben inserito nella trama, che non sembrava essere messo lì apposta».
«Effettivamente il modo migliore di trattare questo argomento è raccontarlo per quello che è, senza enfatizzare nulla; diversamente si rischia di fare qualcosa di brutto, didascalico, e forse anche offensivo».
«Giocando il primo episodio e Left Behind è possibile imparare la dolcezza di Ellie, quanto è meravigliosa quella ragazzina. Il suo essere lesbica, un platano o un cane lupo non fa alcuna differenza. La bellezza di TLOU è proprio quella. Del resto, tutto questo si poteva intravedere già nel trailer del DLC».
«Si tratta di polemiche saltate fuori anche in ragione del periodo che stiamo vivendo. Si vede anche attraverso i media, dove basta usare una parola sbagliata per far indignare tutti, per semplice presa di posizione. Finché questo sarà un nervo scoperto continuerà a esserci gente che si incazza. Quel che certe persone ancora non hanno capito è che la via è proprio fare in modo che non lo sia più, lasciando passare le situazioni che si creano nella storia, senza vederci sempre secondi fini».
Scompaiono i punti di riferimento classici: buoni, cattivi e neutri
Come in molti videogame c’è la possibilità durante il gioco di raccogliere particolari oggetti definiti collezionabili. Nel primo capitolo Ellie raccoglieva in giro dei fumetti. Nel secondo trova in giro delle figurine che scimmiottano i supereroi Marvel e DC. In ognuna vengono classificati come hero, villain o neutral.
A essere maliziosi potremmo pensare che gli autori si siano divertiti, giocando con la tendenza del giocatore tipico a cercare sempre dei punti di riferimento classici: vogliono giocare dalla parte del buono, contro i cattivi, spesso incontrando personaggi neutri che li aiutano lungo il cammino. Tutte cose che nel gioco saltano da un momento all’altro, quando si passa dall’impersonare il personaggio di Ellie a quello di Abby.
Un giocatore illustre di TLOU, il fumettista Roberto Recchioni, in un post su Facebook sostiene che i cattivi in realtà sono Joel e Ellie, mentre Abby e il compagno di viaggio Lev sarebbero i veri buoni. Parliamo dell’autore del ciclo di Orfani (Bonelli editore), dove effettivamente episodi simili, in cui non si capisce più chi siano i buoni, si vedono spesso. Voi cosa ne pensate?
«Sicuramente Ellie e Joel non sono due stinchi di Santo, mettiamola così. Lui fa un atto umano e molto dolce, quanto estremamente egoistico. Chiaramente quella è oggettivamente una scelta sbagliata. Ma fare una scelta sbagliata non significa che sei cattivo. Joel fa la scelta sbagliata per amore».
«Tutto è toppo sfumato per considerarlo meramente un villain. La stessa Ellie ci sembra perfida e avvelenata, perché hanno ucciso Joel quindi vuole vendetta. La triste verità è che si rende conto di quanto lui le manchi, quanto la sua presenza la rendesse stabile e – compatibilmente con le circostanze – persino felice».
«Certo, Joel per salvare Ellie distrugge “novanta famiglie”, rende orfani “cinquanta ragazzi”; Ellie per vendicare Joel stermina metà dell’America. Però alla fine è un mondo in cui non puoi identificare un vero cattivo. Quando vedi Abby sul promontorio così accanita e decisa a fare secco Joel, quando la vedi con la mazza da golf in mano, tu sei convinto che lei sia il male. Poi bastano dieci secondi di gameplay impersonando lei, vedendo quella ch’è la sua realtà, per capire che non è così».
«Infatti, molta gente si è incazzata contro questo secondo titolo, dividendosi su chi fosse il vero cattivo, fondamentalmente perché questo titolo ti mette davanti alla dualità dell’uomo. Tutti i giorni possiamo fare scelte sbagliate. Certo, non tutti sterminiamo l’intero Universo, ma questa è un’altra questione. La vera domanda è se siamo disposti per alcuni errori a scendere a compromessi oppure no. Chiedersi a un certo punto chi sia il vero cattivo è proprio quello che il gioco voleva».
Spiazzati e affascinati dal finale
Ci sono del resto diversi elementi che sembrano equilibrare le due coppie di personaggi. Il compagno di viaggio di Abby – Lev – ha pur sempre ucciso la madre, e tutti lo biasimavano dall’andare a incontrarla, dopo che era fuggito dai Serafiti, perché non accettavano il suo sentirsi maschio in un corpo femminile.
Ellie uccide una donna incinta, ma scopre il suo stato solo quando è troppo tardi. Abby invece nella sua vendetta vorrebbe uccidere la compagna di Ellie – Dina – sempre incinta, ma si ferma quando incontra lo sguardo deluso di Lev.
Nel finale siamo praticamente forzati dal gioco a impersonare un personaggio totalmente accecato dalla vendetta: Ellie costringe Abby in uno scontro finale, durante il quale quest’ultima riesce in un ultimo gesto disperato a staccarle due dita a morsi. Solo alla fine, quando noi stessi vorremmo fermarla e urlare “basta”, Ellie rinuncia alla sua vendetta risparmiando Abby, perché ha un flash di Joel mentre suona la chitarra.
«Tutto questo viene suggerito fin dal primo capitolo: abbandonati a noi stessi siamo animali. Quello che salva questi personaggi dall’essere mostri – come gli Infetti – è riuscire a provare ancora qualcosa per gli altri. Ed è una cosa molto bella che Naughty Dog inserisce in questo gioco. Ma è anche uno di quegli elementi che passano in sordina, perché non sono manifesti».
«TLOU per tutti coloro che hanno gradito poco il secondo capitolo – ce ne sono tante – è un gioco brutto, perché queste persone sono state molto pigre, non hanno voluto saper leggere tra le righe. Non hanno voluto leggere la parte umana di una storia, che se raccontata male, sarebbe stato uno “zombie movie di merda”».
«Questo fa riflettere sulla qualità delle storie che la gente promuove, spesso e volentieri inutilmente cervellotiche. Mi viene da pensare a diverse serie Tv che pongono tutto l’accento su intrecci inutilmente astrusi. Queste persone poste di fronte a una storia tremendamente semplice come TLOU, si perdono; perché non hanno la complicatezza dell’intreccio, ma quella emotiva dei personaggi. Quella cosa non la reggono».
E poi arriva finalmente la scena finale. Ellie torna in una casa ormai rimasta vuota. Ha perso la compagna Dina, per via del suo ossessivo bisogno di vendetta. Vorrebbe tornare a suonare la chitarra, ma le mancano due dita e quella musica, quell’unica cosa che le restava di Joel, non tornerà più.
«In quel particolare delle due dita mozzate gli autori sono stati magistrali. Quando Abby le stacca le dita a morsi l’entità del danno non è così chiara. Lentamente cominci a capire che le ha perse. Ma la prima cosa che pensi è che non potrà più tirare con l’arco. Solo dopo, quando torna a casa e riprende la chitarra si realizza il danno più grande. Sono stati bravissimi, creando una curva morbidissima di questa rivelazione. L’ho trovata una delle parti migliori. Il fatto poi che l’inquadratura finale si chiuda sul manico della chitarra appoggiata alla finestra è stato fantastico».
«Dipende anche dalla sensibilità del giocatore. Ci sono quelli a cui basta che ogni tanto si possa sparare. Se sei quel tipo di utente probabilmente TLOU ti farà schifo. Invece tra i problemi che abbiamo potuto rilevare nel gioco, c’era forse il troppo gameplay. Per quanto riguarda la storia invece ci siamo trovati più volte a pensare “peccato che su Netflix non ci sia una serie che mi prenda quanto queste cat scene”. Ci vorrebbe proprio una serie Tv – anche tutta in CGI – fatta con la medesima cura e attenzione, da seguire ammaliati».
Ci sarà un terzo capitolo?
Non sarebbe una sfida stimolante per gli autori, un TLOU 3 dove costringere Ellie ed Abby a dover collaborare, per poi scoprire – una volta chiaritesi sulle ragioni dei loro comportamenti passati – di essere amiche?
«È quel che auspichiamo nel finale della nostra recensione. Ed è probabilmente una delle possibili soluzioni naturali della storia. Pensiamo a tutte quelle trame in cui, magari all’inizio sono tutti amici poi diventano nemici, o viceversa sono tutti nemici ma si allineano per uno scopo comune. Pensiamo a Breaking Bad, dove all’inizio i protagonisti sono costretti a lavorare insieme e scoprono che gli piace, poi si sparano tra loro di nuovo, e capisci che là abbiamo un dare e togliere. In TLOU sarebbe un filone anche abbastanza lineare nella continuazione della storia».
«In questa storia in realtà le possibilità sono tantissime. Per esempio, davvero su tutto il pianeta Terra c’è soltanto una persona immune? È strano. Quindi il terzo capitolo potrebbe vedere uscir fuori un ulteriore personaggio immune; potrebbe venir fuori l’eredità ideologica delle Luci; un qualsiasi nuovo motivo per Ellie di muoversi di nuovo per cercare Dina».
«Naughty Dog ha lasciato una storia talmente tanto aperta: Dina ancora viva che è finita chissà dove; Ellie che cerca il suo perdono; Abby che si sta costruendo una nuova vita assieme a Lev alla ricerca delle Luci. Il gioco è tutt’altro che concluso. O meglio: la storia ha una sua conclusione, ma il mondo di TLOU è ancora aperto. Ricordo di aver letto un commento delirante che faceva più o meno così: “il primo si chiamava The Last of Us (gli ultimi di noi), ma adesso come fa a chiamarsi ancora così, quando ce ne sono troppi”? Questa è l’idiozia più totale. TLOU è sempre stata una storia corale, fin dal primo istante».
«Parliamo anche di una scelta coraggiosa da parte degli autori. Certe tematiche nei giochi facevano fatica a uscire. Prendiamo per esempio il titolo Life is Strange, dove la protagonista deve fare una serie di scelte importanti durante il gioco. Ad ogni modo, TLOU è un gioco che fa parlare di sé soprattutto per come tratta i temi. Gli zombie li abbiamo già visti in tutte le salse, ma proprio tutte. Se ci facciamo caso nella storia i mostri non vengono trattati spesso, le questioni più importanti sono tutte umane. È quello che gli autori volevano lasciarci, e ci sono riusciti».
Un titolo che farà scuola
Sarà dura però per molti giocatori accettare un terzo capitolo, sapendo che Joel è morto. Naughty Dog togliendoci i punti di riferimento ha fatto proprio sul serio, eliminando un personaggio con cui i giocatori del primo TLOU si erano fortemente immedesimati.
«Molti si sono arrabbiati perché Joel è il primo che fanno fuori nelle prime due ore di gioco, perdendo così il loro principale punto di riferimento. Anche questa è stata una scelta importantissima. Buttare via un protagonista che funziona oggi non è da tutti. Avrebbero potuto fare altri sei capitoli con Joel e probabilmente sarebbe andata bene a tutti. Come hanno fatto con Lara Croft in Tomb Raider».
«TLOU dal punto di vista di come hanno trattato i personaggi è magistrale. Che possano morire alcuni personaggi è qualcosa che ti aspetti sempre, perché in quel mondo si muore in continuazione. Credo che tutte le scelte di sceneggiatura e messa in scena, relative allo sviluppo dei personaggi, siano oro. Questa è roba da studiare, capire e metabolizzare, se vuoi imparare come si scrive bene l’inizio e la fine di un personaggio».
«Meno bene sono state scritte quelle che potremmo definire i “pretesti per giocare”. Per esempio, quando Abby scende nelle fondamenta dell’Ospedale, deve andare a prendere delle medicine chiuse lì da sei anni: ormai saranno tutte scadute. Cosa avevano mangiato gli infetti chiusi lì per anni là sotto? Quello chiamato “il signore dei ratti” avrà mangiato zoccole tutto il tempo, ed ecco perché è così brutto. A un certo punto gli autori devono rendersi conto che anche questo andare a cercare materiali non ha più senso, così come le merendine altrettanto scadute di Ellie».
«Forse nel prossimo titolo a livello di gameplay, per essere ancora più coeso con quella che è la trama, si potrebbe prendere spunto da un Metal Gear Solid Snake Eater, costringendoti a cacciare per mangiare. Così almeno Ellie smette di nutrirsi di merendine scadute: va bene l’immunità al Cordyceps, ma il cagotto no».
Guida agli infetti di TLOU – Una analisi pseudoscientifica
Prima della stesura di questo articolo avevamo già provato nella loro interezza tutti i titoli della saga prodotta da Naughty Dog: TLOU, Left Behind e TLOU2. Parallelamente ci siamo occupati da più di sei mesi della vera pandemia di Covid-19, consultando diversi esperti, tra virologi, epidemiologi, eccetera. Abbiamo quindi colto l’occasione per giocare a interpretare in chiave pseduoscientifica, tutti gli elementi epidemiologici che possiamo vedere nelle varie fasi di gioco; tra modalità di infezione, diffusione della malattia e sintomi, che determinano le varie fasi della zombificazione visibile nel gioco. Ci perdonerete quindi se, anche quando richiamiamo esempi reali, i più esperti di voi troveranno delle imprecisioni. Nelle fonti che linkiamo trovate comunque approfondimenti che entrano più nello specifico.
Noi per comodità facciamo presto a chiamarli zombie, ma «gli infetti» di TLOU non sono morti viventi, per lo meno non biologicamente. Nel gioco li vediamo anche unirsi in gruppi per nutrirsi di carcasse. Le spore di un fungo chiamato Cordyceps (ispirato a quello che nella realtà colpisce alcune specie di formiche), sono il veicolo di una infezione che dopo una incubazione di circa 24ore, prende possesso del Sistema nervoso centrale degli umani. Durante il gioco è possibile vedere anche diversi animali, ma nessuno appare colpito dal fungo. Un epidemiologo potrebbe dedurne che un patogeno, di cui il Cordyceps è il vettore esclusivo, ha fatto lo spillover negli esseri umani, divenendo immediatamente un parassita specializzato nel colpire solo noi.
Non sembra esserci una zoonosi come quella che abbiamo visto, per esempio, nei Coronavirus. Non c’è stato bisogno di un ospite animale intermedio. Resta piuttosto aperta quindi, l’eventualità che il fungo sia stato alterato in laboratorio, cosa che nella fantascienza è molto plausibile, un po’ meno se si cerca di sostenere questa idea nelle pandemie reali. Come succede col Lyssavirus responsabile della Rabbia, il misterioso patogeno riesce anche a trasmettersi – da uomo a uomo – attraverso la saliva, mediante i morsi degli infetti. Così la trasmissione viaggia a due velocità: quella più lenta, che necessita dello scontro fisico con un infetto; e quella più rapida, che può colpire tante persone nello stesso momento, attraverso l’inalazione delle spore.
A cavallo tra il primo titolo e il secondo c’è stata effettivamente l’esplosione di una vera pandemia, anche se con modalità di trasmissione e sintomi ben diversi. Così in tanti si sono trovati a giocare questo titolo a seguito di un lockdown.
Il Cordyceps nella realtà
Come accennavamo, tutto questo sembra ispirato al Ophiocordyceps unilateralis (precedentemente denominato Cordyceps unilaterlis). Questo è solo uno delle diverse specie di funghi in grado di influenzare il comportamento di diversi animali. Al momento conosciamo oltre 200 specie di funghi in grado di infestare diversi tipi di insetti e ragni. Qualcosa di vagamente analogo può accadere anche negli esseri umani, ed è il caso del Toxopasma gondii, osservato anche nei topi. Sembrerebbe che abbassi la soglia del senso del pericolo e sarebbe correlato a diversi casi di incidenti stradali.
In TLOU, a detta degli esperti che abbiamo consultato nella stesura del presente paragrafo, il comportamento degli infetti sembra coerente con l’idea che abbiamo di una infezione fungina in grado di condizionare il comportamento, specialmente quando si passa dai Runner agli Stalker (chiariremo tra poco di cosa si tratta). Nel caso del O. unilateralis, come in TLOU, il fungo utilizza degli ospiti per potersi meglio propagare e disperdere.
Il fungo è tipico delle foreste tropicali. La formica carpentiera ne è la vittima prediletta. Le sue spore penetrano il loro esoscheletro, “riprogrammandole” lentamente. Durante il periodo di incubazione le formiche infette sono indistinguibili dalle altre, così diversamente dal solito i membri malati della colonia non vengono isolati ed espulsi. I ricercatori hanno poi scoperto che il fungo non attacca direttamente il Sistema nervoso – si lega invece ai fasci muscolari – ma attraverso composti bioattivi è comunque in grado di interferire con esso indirettamente. L’evoluzione poi ha fatto sì che questi funghi divenissero piuttosto efficienti nell’indurre negli ospiti comportamenti tali, da favorire la loro massima diffusione.
Dopo una settimana la formica viene così indotta a lasciare il formicaio, e stringere le sue mandibole contro una foglia, generalmente in cima al gambo di una pianta a una altezza di circa 25 centimetri. Se, come vedremo, nella zombificazione visibile nel videogame abbiamo diversi stadi, in cui gli infetti si deformano e decompongono; nel caso delle sventurate formiche, il fungo consuma i loro organi interni per nutrirsi. Poco prima della morte dell’ospite si forma nella testa un corpo fruttifero, attraverso cui verranno liberate nuove spore.
Tutti le fasi dell’infezione in TLOU
Vediamo ora più in dettaglio come avviene l’infezione del Cordyceps nell’universo narrativo di The Last of Us. Non abbiamo approfondito le reali intenzioni degli autori. La nostra analisi è basata sulle nostre osservazioni nelle varie fasi del gameplay, e le possibili analogie con quanto osservato prima nelle reali infezioni fungine che portano alla zombificazione degli ospiti. Nella storia i protagonisti hanno modo di incontrare diversi infetti, che attraversano cinque stadi dell’infezione.
- Runner – Dopo diversi lassi di tempo gli infetti subiscono delle mutazioni fisiche dovute all’infestazione subita. Inizialmente sono dei Runner, termine associato probabilmente alla tendenza di questi infetti a muoversi rapidamente contro tutti i soggetti sani che capitano loro a tiro, basandosi a quanto sembra sui suoni che sentono. La vista infatti è il senso che per primo tende a deteriorarsi, mentre l’udito appare intatto durante tutto il decorso della malattia.
- Stalker – Abbiamo poi gli Stalker, erroneamente considerati da alcuni un elemento nuovo della trama; in realtà compaiono già in poche occasioni nel primo TLOU e si vedono anche nel primo sequel Left Behind (inserito sotto forma di aggiornamento tramite DLC nel Primo titolo). Sono estremamente silenziosi. Il loro corpo comincia a essere deturpato da placche e cominciano a risentire dei problemi di vista, ma conservano ancora la capacità di spostarsi rapidamente. Si tratta dei personaggi più “fastidiosi” e maggiormente capaci di far saltare dalla sedia il giocatore. Così per il Secondo titolo gli autori hanno pensato bene di dare loro maggiore spazio, rendendoli meglio graficamente, ragione per cui sono sembrati una novità.
- Clicker – Dopo circa un anno dallo stato precedente si degenera in Clicker, termine che sembra dovuto allo strano suono prodotto da questi infetti. Ormai le deformazioni pervadono tutto il corpo e si perde totalmente la vista, i volti sono talmente deformati che l’unico elemento umano rimasto nel volto è la bocca. Spesso questo è l’ultimo stadio della malattia, gli infetti tendono a ritirarsi in luoghi nascosti e umidi dove si lasciano morire, liberando poi nuove spore. Nella Seconda parte di TLOU vediamo che alcuni di loro entrano prima di morire in una sorta di incubazione, fondendosi nelle pareti ricoperte da quelle che sembrano essere delle colonie fungine. Se ci si avvicina troppo, questi si riattivano e «vengono fuori dalle fottute pareti», per citare un grande classico del cinema fantascientifico che forse gli autori hanno voluto omaggiare, ovvero Aliens.
- Bloater – Chi sopravvive subisce ulteriori deformazioni, che lo portano a diventare piuttosto massiccio e capaci di rilasciare nell’aria delle micotossine per difendersi dagli aggressori, cosa che avviene anche immediatamente dopo il decesso.
- Shambler – TLOU2 è ambientato nel 2018, cinque anni dopo il primo focolaio di infezione. È possibile vedere quindi i veri nuovi tipi di infetti, denominati Shambler. Si tratta di Bloater ulteriormente deformi e devastati da parti del corpo in necrosi. In alcune scene è possibile vedere degli Shambler che hanno inglobato a sé altri individui, apparentemente dei Clicker.
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