Tridico renda pubblici i nomi dei furbetti e vada a casa. E i Cinquestelle facciano un esame di coscienza
Su Pasquale Tridico, presidente dell’Inps, ci sono poche parole da spendere. Ha tenuto per sé il comportamento scandaloso di politici di tutti i partiti, deputati e consiglieri regionali strapagati, per due mesi. Quando il caso è esploso, grazie all’ottimo lavoro de la Repubblica, si è trincerato dietro ragioni di privacy per negare all’opinione pubblica i nomi dei maneggioni che hanno richiesto il bonus di seicento euro. E ora che il garante lo ha smentito chiarendo che non c’è nessuna ragione di riservatezza, insiste nel suo comportamento omertoso. Si aggiunga la gestione fallimentare della cassa integrazione, fra annunci roboanti e ritardi ingiustificabili, e la conclusione è scontata: Tridico deve rendere subito pubblici tutti i documenti in suo possesso e poi, un minuto dopo, se ne deve andare. Ma c’è qualcun altro che dovrebbe fare un attento esame di coscienza: il ministro Di Maio e il M5s. Sono stati loro a tuonare, finché erano all’opposizione, contro le nomine “politiche” negli enti pubblici. E sono stati sempre loro a dimenticarsene quando, scegliendo Tridico, hanno fatto prevalere il colore della sua maglietta al merito e alle capacità. Dovrebbero essere ancora loro, perciò, i primi a riconoscere l’errore e a chiedergli di andare a casa.
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