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Ci sarà un vaccino obbligatorio per il Coronavirus? Non sappiamo nemmeno come sceglieremo il più efficace

14 Agosto 2020 - 07:35 Juanne Pili
Alla fine emergerà un solo vaccino? Come valuteremo il migliore? I vari governi saranno pronti all'idea di aver perso la corsa?

Mentre ci si preoccupa se stabilire o meno l’obbligo di un vaccino che ancora non esiste, per il nuovo Coronavirus si comincia a ragionare sulla possibilità di testare quelli che saranno molto probabilmente più vaccini diversi, alcuni ritenuti più promettenti di altri. Ma questo genere di comparazioni saranno difficili da fare senza la creazione di una piattaforma condivisa. Un problema che come vedremo ha le sue implicazioni etiche e politiche.

Si dovrà infatti rinunciare alla vocazione nazionalista di diversi Governi, che esaltano il vaccino del proprio Paese rispetto agli altri. Per sapere quali saranno i vaccini e le terapie più efficaci occorreranno comparazioni a livello internazionale. Una volta trovate le migliori soluzioni, non è detto che saranno disponibili per tutti e dovremo studiare una strategia di somministrazione mirata.

Ne resterà solo uno? E come lo scopriremo?

Al momento parliamo di diversi vaccini entrati nelle fasi più avanzate della sperimentazione, coinvolgendo migliaia di persone ritenute particolarmente vulnerabili al contagio. Per verificare l’efficacia è indispensabile fare un confronto, con gruppi di controllo a cui è stato somministrato un placebo, e magari altri a cui non viene somministrato niente. Il tutto dovrebbe avvenire in doppio cieco, quindi né i pazienti né i medici sapranno cosa è stato somministrato e a chi. In questo modo è possibile ridurre al minimo i dubbi riguardo all’efficacia e agli eventi avversi.

Molti di questi vaccini seguono tecniche simili – vecchie e nuove – come l’utilizzo di vettori virali che trasportano le informazioni necessarie a produrre l’antigene. Non è scontato che ne “sopravviva” solo uno come in Highlander. C’è anche chi avanza l’ipotesi di utilizzare Coronavirus comuni umani attenuati, in modo da suscitare quella «immunità cellulare» che potrebbe spiegare in parte la presenza di individui asintomatici. Altri ancora propongono una campagna preliminare di vaccinazioni antinfluenzali, in modo da ridurre al minimo le fasi di accertamento dei positivi.  

Abbiamo un altro problema, evidenziato in un recente articolo da Nir Eyal e Marc Lipsitch su Pnas (Organo dell’Accademia americana delle scienze), lo abbiamo avuto sempre sotto il naso e i giornalisti scientifici dovrebbero tenerne sempre conto. 

Non basta infatti che il principio attivo dimostri di avere efficacia rispetto al placebo. Se esistono già altri ritenuti più efficaci, occorre che il nuovo venga comparato con questi ultimi. Le case farmaceutiche impegnate nella corsa al vaccino non sembrano al momento molto entusiaste all’idea di renderci noti puntualmente i loro progressi.

Sui vaccini ritenuti più promettenti sappiamo davvero poco. Gli autori di Pnas sperano nella creazione di una piattaforma condivisa. L’idea di mettere in comune i dati è molto scientifica ma poco appetibile per il prestigio del singolo Governo o azienda. Eppure se vogliamo venirne fuori, prima o poi questo passo dovremo farlo.

Perché è essenziale una piattaforma condivisa

Le resistenze, dicevamo, sono anche etiche. Posto che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) si doti di un Comitato di monitoraggio della sicurezza dei dati apposito, in grado di valutare quali saranno i vaccini più efficaci tra quelli che supereranno l’ultima fase di sperimentazione, da comparare tra loro. Come facciamo tutto questo nel rispetto dei pazienti?

«Potrebbe non sembrare giusto dare ai partecipanti allo studio il vaccino meno promettente o dare loro un placebo. Gli investigatori non dovrebbero dare ai partecipanti ciò che, in quella fase, si ritiene sia nel loro migliore interesse da tutti gli esperti ragionevoli, vale a dire la garanzia del vaccino più promettente?».

Nir Eyal e Marc Lipsitch

In realtà rischiamo di dare per scontate molte cose che non lo sono affatto. Quanto durerebbe per esempio l’immunità? Vi sono poi, per motivi ancora in studio, soggetti più a rischio di altri, mentre una quota importante della popolazione positiva risulta asintomatica. Infine, è ancora aperto il dibattito sulle presunte implicazioni della Covid-19 nei bambini e in gravidanza.

Questo crea fasce diverse di popolazione e priorità differenti. Le possibilità di ottimizzare ulteriori test con placebo e comparando vaccini diversi, sono tante e possono essere ritenute accettabili. Non è da escludere nemmeno che possano essere riconosciuti diversi vaccini a seconda delle caratteristiche del singolo individuo. 

In ultima analisi, se non si eseguono test randomizzati confrontando gruppi o individui sottoposti a vaccini diversi, di fatto non sappiamo se tale vaccino sarebbe davvero il migliore, inoltre questi test potrebbero avvenire semplicemente prima della sua diffusione “ufficiale” alla popolazione. L’alternativa del resto sarebbe poco appetibile: ovvero quella che diversi Governi somministrino il proprio vaccino, e su questa eventualità la Russia ci sta dando già emblematici indizi.

Foto di copertina: Alexandra_Koch | mohamed_hassan| Vaccinazione anti-Covid.

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