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Guido Catalano, poeta «troppo ironico per stancare». La pandemia? «Cambierà l’amore. Lo ha già fatto» – L’intervista

15 Agosto 2020 - 16:18 Giulia Marchina
Scrive d'amore ma non legge romanzi d'amore: «Non è snobismo. Ma le cose studiate a tavolino non mi piacciono», dice a Open

Risponde al telefono come preso alla sprovvista, con quella “r” arrotata che nel tempo è diventata la cifra per essere riconosciuto tra la folla. La compostezza è quella tipica sabauda: il fluire lento ma ritmato delle parole, l’aplomb, tutto d’un pezzo, di chi vive all’ombra della Mole Antonelliana, a Torino. Guido Catalano, classe 1971, è scrittore e poeta. Ha imparato a farsi conoscere per i suoi versi semplici, di facile comprensione, mai retorici. «Quando scrivo, sono sincero», dice. Difficile non credergli. Per capire quanta popolarità abbia acquisito negli anni, è sufficiente pensare a tutti quegli studenti che, durante l’Università, imbracciano i suoi libri tra una chiacchiera e l’altra sui gradini di Palazzo Nuovo (uno degli atenei del capoluogo piemontese). Chi è di Torino lo sa. Famosi sono i suoi Ogni volta che mi baci muore un nazista, D’amore si muore ma io no, Ti amo ma posso spiegarti.

Il poeta piemontese – che sarà ospite del festival Sentieri e Pensieri, dal 19 al 25 agosto a Santa Maria Maggiore, in Piemonte – ha da poco ripreso una delle sue attività principali: leggere poesie in pubblico. Cosa che gli riesce bene, a giudicare dall’affluenza. Da qualcuno è stato accusato di restituire un «cattivo servizio alla poesia e alla nazione», e di rappresentare «la deriva della poesia contemporanea». «Cose che capitano», dice, mentre ride sardonico. «Dopo una situazione da film di fantascienza, la gente è tornata a partecipare agli spettacoli con discreta rilassatezza». La “situazione” cui fa riferimento è quella dell’emergenza sanitaria da Coronavirus. «A Torino le cose sono cambiate, come un po’ dappertutto: la tensione è palpabile».

Il lockdown vissuto gli scorsi mesi, secondo lei, ha inciso sulle persone?

«Ha inciso eccome, e inciderà nei mesi a venire. Personalmente ho vissuto un’inversione di rotta. Sono uno scrittore, eppure durante il coprifuoco ho letto moltissimo perché avevo il blocco dello scrittore. Però dalla fase 2 e mezzo (ride, ndr), quando mi sono accorto che il clima si stava rilassando, ho cominciato ad avere la necessità di tornare a scrivere: in tre settimane ho scritto circa 100 fiabe».

Dunque non sarà nella lista di chi ha scritto e già pubblicato un libro sul Coronavirus…

«A questo proposito ho visto che sono uscite decine di libri sull’argomento. Non credo sia da ruffiani aggrapparsi a un argomento simile, in questo momento, ma è pur vero che sarà premiata la qualità, vista l’offerta di titoli. Se quello che proponi è scadente, non c’è pandemia che tenga».

Tornando al coprifuoco: nei mesi della maxi serrata nazionale, in tantissimi – soprattutto giovani – hanno riscoperto il piacere delle app di incontri, come Tinder, per esempio. E in molti le hanno usate non tanto per cercare l’anima gemella, quanto per fissare un contatto con l’esterno. Che rapporto c’è tra Catalano e la tecnologia?

«In passato quelle app, le prime sul mercato, le ho usate ottenendo anche un discreto successo. Funzionavano, una roba incredibilmente magica. Poi mi sono fidanzato. In generale, comunque, ho un buon rapporto con la tecnologia: basti pensare che nel 2004 ho aperto il mio blog e ancora non era una pratica così usuale. Non ho uno smartphone: giro con un Nokia, un vecchio modello da 49 euro. Ma questo non significa non ci sia interesse per l’era digitale. Allo stesso tempo non ho Whatsapp».

Che è praticamente come essere degli emarginati sociali, oggi…

«Però uso moltissimo i mezzi tecnologici: Facebook, Instagram. E durante il lockdown mi hanno salvato. Se fossimo capitati nella stessa situazione 40 anni fa non so come sarebbe stato. Ci saremmo chiusi in noi. Il digitale ci ha salvati: per esempio c’è chi ha ammazzato il tempo facendo spettacoli in streaming – cosa che a me non piace. Una via d’uscita durante un periodo di estremo disagio, quindi ben venga la tecnologia».

Ha sempre scritto d’amore, e lo dimostrano i libri sfornati in tutti questi anni. Il Covid cambierà l’amore?

«Certo, lo ha già fatto. Cambierà la percezione del sentimento».

In che modo?

«Pensa a un appuntamento con la mascherina, a non potersi toccare, ad avere dubbi, a chiedersi: “Sarà sicuro fare l’amore con lui o lei?” Sono pensieri basilari, ma è da qui che cambia tutto. Anche se, prima del Covid, sono arrivati i social che hanno dato un twist alle dinamiche sociali».

Cioè?

«Una coppia sta insieme e sente questo bisogno, quasi incontrollabile, di documentare ogni piccola conquista fatta insieme. Due si lasciano e partono le scaramucce, ma sempre dietro uno schermo: metti il like, togli il like. Metti il follow, togli il follow. Con i social sono cambiate le storie d’amore. Se c’è una cosa che mi spaventa è l’incapacità di non sapersi staccare dagli altri. È un bel problema».

Deterrenti?

«Ho un protocollo ben preciso: cerco di restare fuori da tutto questo. Semplice, efficace. E blocco tutto. È una realtà rarefatta, quella dei social network. È come innamorarsi da lontano, come accadeva in età vittoriana. Ora però si fa con uno schermo, e non con un invito al ballo di corte».

Perché scrive d’amore? Ce n’è davvero bisogno?

«L’amore è una parte troppo integrante della vita, e non è nemmeno un concetto modaiolo. La gente ha bisogno di sentire parlare di qualcosa che conosce. Io ho iniziato a scriverne perché avevo bisogno di capire, ho iniziato per curiosità».

Non ha paura di stancare?

«Mi salvo con la chiave ironica. Sennò rischio di cadere nelle ovvietà».

Che rapporto ha col politicamente corretto?

«Ho subìto per molto tempo il politicamente corretto. Avere paura della reazione degli altri è una sensazione che mi ha perseguitato a lungo. Cerco di superarlo. Ritengo sia una trappola che c’è in questo mondo in cui le informazioni viaggiano troppo e troppo velocemente. Misurare le parole, attenersi a un registro per paura di inciampare, potrei definirla una barriera insana, quindi meglio non farsi troppi problemi».

Con la politica come va?

«Eh, la politica…un bel “bordellone”. Visto il periodo storico in cui ci troviamo, abbiamo avuto abbastanza fortuna. Non sono un fan dei 5 Stelle ma il premier Giuseppe Conte, nonostante la situazione, è riuscito a mantenere la calma. Per la teoria dei mondi paralleli bisognava vedere cosa sarebbe accaduto se ci fosse stato Salvini al potere. Ma c’è un “però”: se domani ci fossero le elezioni non saprei cosa e chi votare, e penso che, come me, molti altri navigano nelle stesse acque. Ad ogni modo, per quasi tutta la vita ho dato voto contro qualcuno, come con Berlusconi».

C’è qualcuno che proprio non sa scrivere d’amore?

«Lo so, suonerà strano, ma non leggo mai nulla sull’argomento. Non leggo romanzi d’amore, non leggo altri autori che trattano i miei temi. Non è snobismo, è che non capita. L’unica pecca che ho notato, sono questi sedicenti poeti che spuntano come funghi, per esempio su Instagram. I loro sono componimenti scritti a tavolino: non gradisco il genere».

Sogno nel cassetto?

«Ne ho tre, a dire il vero».

Prego…

«Vorrei fare uno spettacolo dei miei in uno stadio con 80mila persone. Vorrei non perdere l’ispirazione. Vorrei vivere molto a lungo». 

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