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Migranti, Sea Watch torna in mare: «Continuiamo a soccorrere le persone che l’Europa lascerebbe annegare» – Il video

15 Agosto 2020 - 20:15 Angela Gennaro
«Nelle ultime sei settimane più di 3.500 persone hanno cercato di fuggire dalla Libia via mare, nonostante nessuna nave di salvataggio fosse lì per aiutarle»

«Buon vento, Sea Watch 4»: è l’augurio che sui social sta salutando la partenza, oggi, della nuova nave della ong tedesca. Sea Watch 4 infatti è salpata nel pomeriggio dal porto spagnolo di Burriana ed è ora diretta verso il Mediterraneo centrale, nelle acque internazionali di fronte alla Libia, per attività di ricerca e soccorso di chi parte dalle coste africane. Un flusso che, rilevano Sea Watch e Medici senza frontiere – il cui team medico è a bordo della nave umanitaria a supporto – non si è mai fermato.

«Nelle ultime sei settimane più di 3.500 persone hanno cercato di fuggire dalla Libia via mare, nonostante nessuna nave di salvataggio fosse lì per aiutarle», nota la ong tedesca. «Mentre l’Italia blocca le navi umanitarie, Sea Watch continuerà a soccorrere le persone che l’Europa lascerebbe annegare».

E la Sea Watch 3?

La nave che ha preceduto quella appena partita dalla Spagna, la Sea Watch 3, battente bandiera tedesca, si trova da inizio luglio in fermo amministrativo a Porto Empedocle, dopo un’ispezione della Guardia Costiera che ha rilevato a bordo irregolarità di natura tecnica e operativa «riguardanti la sicurezza e la tutela ambientale». 

L’imbarcazione era attraccata a Porto Empedocle dopo il periodo di quarantena successivo al trasferimento sulla nave Moby Zazà delle oltre duecento persone salvate nell’ultima missione: 28 tra loro erano risultate positive a Covid-19. «L’ispezione ha evidenziato diverse irregolarità di natura tecnica e operativa tali da compromettere non solo la sicurezza dell’unità e dell’equipaggio, ma anche delle persone che sono state e che potrebbero essere recuperate a bordo» così come «alcune violazioni alle normative a tutela dell’ambiente marino», spiegava la Guardia Costiera.

Il 5 maggio era stata sottoposta a fermo amministrativo anche la nave Alan Kurdi della Sea Eye, sempre per «gravi carenze nella sicurezza e nella tutela ambientale»: prima a Palermo e poi in Spagna, sempre per «adempiere ai rilievi della Guardia Costiera» italiana. Stesso destino è toccato alla Ocean Viking di Sos Mediterranèe e alla Aita mari. Per le ong è in realtà «una linea politica ben precisa»: la volontà di bloccarne l’operato con richieste impossibili. Tanto da portare il governo in tribunale: la Sea Eye ha infatti deciso infatti di citare in giudizio il ministero delle Infrastrutture e trasporti italiano e l’autorità portuale di Palermo, per – è la tesi – aver violato il diritto internazionale del mare in relazione al fermo amministrativo della Alan Kurdi. «Il nostro ricorso ha lo scopo di chiarire l’uso sicuro delle navi e la responsabilità dei rispettivi stati di bandiera», dice il portavoce Gorden Isler.  

Le accuse a Malta

Video Sea Watch

Nel frattempo Sea Watch da giorni denuncia quelli che definisce «respingimenti illegali» di migranti in acque maltesi. L’aereo Moonbird avrebbe infatti rilevato una serie di episodi di intervento delle motovedette della guardia costiera libica in azione in zona Ricerca e Soccorso maltese, con tanto di Marina dell’isola che si avvicina all’area di barchini in difficoltà per poi abbandonarla e lasciare i migranti agli uomini di Tripoli e quindi all’essere riportati in quello che ai sensi del diritto internazionale non è un POS, un place of safety, un porto sicuro.

In copertina Sea Watch/Twitter | La Sea Watch 4

Video di copertina Msf/Twitter | La partenza della Sea Watch 4

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