Elezioni Usa, al via la convention democratica: Sanders, Cortez, Michelle Obama e gli altri in campo per Biden
Parola d’ordine: unità attorno a Joe Biden. Questo il messaggio che il Partito democratico intende far emergere dalla convention che inizia oggi e proseguirà fino a giovedì 20. L’ala moderata e quella progressista insieme contro un avversario comune, Donald Trump, che invece all’interno del Partito repubblicano deve fare i conti con una fronda alla quale aderiscono anche nomi pesanti.
Moderati e progressisti insieme
A meno di tre mesi dalle elezioni, e con Biden avanti nei sondaggi, i democratici intravedono l’orizzonte sfuggito quattro anni fa, senza dare nulla per scontato, dopo il ribaltone del 2016. Per non correre rischi, il partito fa quadrato attorno al tandem Biden-Harris. Proprio la scelta di quest’ultima come vicepresidente ha dato una spinta importante al sostegno dell’ala progressista del partito. Saranno molte le presenze virtuali a Milwaukee, dove la convention democratica, che si terrà al Wisconsin Center, è stata notevolmente ridimensionata a causa dell’emergenza Coronavirus.
Ci saranno, collegati dalla propria abitazione, Barack e Michelle Obama, così come Hillary e Bill Clinton, per l’immancabile appoggio del ramo centrista del partito, habitat naturale del candidato presidente. E proprio Michelle Obama potrà essere un’arma in più per Biden. L’ex first lady americana gode ancora di vasta popolarità presso la base dem. In prima fila nella lotta per i diritti degli afroamericani, con il suo stile comunicativo diretto potrà aiutare Biden a ridurre la distanza con chi, nell’elettorato, lo considera il volto in un establishment lontano dai ceti più popolari.
Ma su questo fronte la mano di aiuto forse più determinante arriva dal senatore “socialista” Bernie Sanders, ex rivale di Biden nella corsa alle primarie. Volto simbolo dell’ala progressista del partito, Sanders potrebbe ricompattare attorno a Biden anche le posizioni più oltranziste. Lo stesso senatore, per convincere il suo popolo, si è lasciato andare a un impegnativo parallelo storico: «Potrebbe essere – ha detto riferendosi a Biden – il presidente più progressista da Franklin Delano Roosevelt». Insomma, con Michelle Obama e Bernie Sanders nella prima giornata il Partito democratico schiera due volti che al suo interno rappresentano anime diverse, sostenute da larghi strati di elettori che potrebbero fare la differenza: un chiaro messaggio di unità.
Ci sarà anche Alexandra Ocasio-Cortez
Ma il secondo tassello fondamentale per ottenere il sostegno dell’ala progressista è rappresentato dall’appoggio di Alexandra Ocasio-Cortez. La donna più giovane eletta alla carica di parlamentare nella storia statunitense, a soli 29 anni nel 2019, che nel 2016 fu tra le organizzatrici della campagna di Sanders nella corsa presidenziale, potrebbe portare a Biden il consenso delle schiere di millennial che la seguono. La fetta di elettori progressisti probabilmente meno incline ad accettare il candidato moderato. Cortez prenderà la parola martedì e avrà un minuto a disposizione.
August 12, 2020
A sostenere Biden ci saranno anche la speaker della Camera Nancy Pelosi, insieme al governatore di New York Andrew Cuomo e alla governatrice del Michigan Gretchen Whitmer.
La fronda repubblicana contro Trump
Della stessa apparente unità di intenti non può al momento godere del tutto il presidente Trump. Il tycoon deve fare i conti con una fronda interna al Partito repubblicano, che vede anche schierarsi nomi pesanti. Primo tra tutti quello dell’ex presidente George W. Bush, che ha annunciato che non voterà per Trump a novembre. Dello stesso avviso anche il senatore ed ex candidato alla Casa Bianca Mitt Romney. Chi invece ha apertamente dichiarato che voterà per Joe Biden è l’ex segretario di Stato Colin Powell, che è arrivato a definire The Donald «un pericolo».
Un altro segnale da non trascurare è la presenza, all’apertura della convention democratica, di John Kasich. L’esponente repubblicano, ex governatore dell’Ohio, sostenitore di posizioni opposte a quelle del progressismo dem, rappresenterà il volto di quei conservatori moderati che osteggiano l’operato di Trump.
Certo, anche quattro anni fa il tycoon appariva come una mina vagante indigesta allo stesso partito che lo sosteneva, ma fu determinante, oltre al particolare sistema elettorale americano, la disaffezione di larghi strati degli elettori nei riguardi della politica tradizionale. Adesso però il contesto è cambiato, perché a giocare un ruolo fondamentale sarà probabilmente la valutazione dei cittadini sulla gestione della pandemia da Coronavirus. Emergenza che in questo momento, negli Usa, sembra inarrestabile.
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