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L’analista Gustav Gressel: «Per Mosca è impensabile perdere la Bielorussia. Se Lukashenko non risolverà il “caos”, Putin interverrà» – L’intervista

«Se l'opposizione non verrà ascoltata allora il passo successivo è una rivoluzione», spiega a Open l'analista dello European Council on Foreign Relations

Dopo l’escalation di violenze in Bielorussia, Bruxelles era attesa al varco. Dal vertice straordinario sulla situazione nel Paese, l’Ue è uscita imponendo sanzioni e rifiutando il risultato delle elezioni. Conclusi i compiti e i moniti istituzionali, ora gli occhi sono puntati su Mosca, il vicino ingombrante dell’Europa e alleato di peso dell’autarca bielorusso Aleksandr Lukashenko.

Angela Merkel ha però messo le cose in chiaro: «Non si accetteranno interferenze esterne». Sarà la Bielorussia a dover decidere da sola la sua strada. Una strada legata però al filo che unisce Mosca, Minsk e quel Lukashenko che «da giovane sognava di diventare il successore di Boris Yeltsin», spiega a Open Gustav Gressel, senior policy fellow allo European Council on Foreign Relations.

Dopo settimane è arrivata la risposta di Bruxelles alle proteste in Bielorussia. Cosa accadrà ora?

«La Ue si è mossa in ritardo rispetto a quanto ci si aspettasse. Stanno reagendo alle violenze e minacciano sanzioni, ma hanno ricordato che questo riguarda solo e soltanto i bielorussi e che non sono impegnati in una lotta politica. Dall’altra parte, la Russia ha denunciato interferenze straniere e ha mandato operativi di Mosca a lavorare nella televisione di Stato al posto dei lavoratori in sciopero. Le sanzioni dell’Europa sono sicuramente un passo avanti, ma ci si aspetta che a breve le forze di sicurezza torneranno a scatenare la violenza e la repressione con il sostegno di Mosca. La Russia ha alterato lo spazio del conflitto screditando ogni tentativo di mediazione e ha accusato l’opposizione di essere influenzata da potenze straniere. Le conclusioni del Consiglio europeo sono ancora importanti ma ormai la situazione a Minsk si trova a un altro stadio».

La Russia ha accettato il risultato delle elezioni. E denunciato interferenze straniere. C’è spazio per un intervento armato di Mosca?

«Nonostante la Russia non sembri intenzionata a un intervento militare al momento, ci sono tuttavia delle manovre militari al confine tra i due Paesi. Sicuramente Mosca è capace di portare avanti un’azione militare simile e ha radunato truppe sufficienti per poterlo fare redistribuendo i militari che già si trovano lungo il confine. Per ora Vladimir Putin si fida di Lukashenko e pensa che con un supporto da parte della Russia Minsk riuscirà a calmare la situazione. Ci sono tuttavia già specialisti russi che sono stati inviati nelle fabbriche dove sono in corso scioperi per mandare avanti la produzione».

E se questo dovesse essere insufficiente?

«Come in Ucraina, se la violenza dovesse aumentare ulteriormente la situazione potrebbe diventare esplosiva, soprattutto per la Russia. Le forze di sicurezza hanno già iniziato a disertare e ad abbandonare il regime di Lukashenko. Se dovessero esserci ammutinamenti su larga scala allora un intervento russo sarebbe più che probabile. Quello che è imprevedibile è come reagiranno i militari e le autorità bielorusse, il vero ago della bilancia. Rimarranno fedeli al governo? O si uniranno all’opposizione? I militari bielorussi sono sicuramente più preparati di quelli ucraini, meglio addestrati e con ufficiali molto capaci. Un intervento militare potrebbe avere un risultato imprevedibile per Mosca. Putin aspetterà fino all’ultimo momento. Se non ci sarà modo di far tornare “l’ordine” nel Paese allora Mosca opterà per un intervento. Ma fino ad allora tutte le opzioni sono sul tavolo: dalla propaganda a strategie di soft power».

Che cosa significherebbe per la Russia perdere Minsk?

«È impensabile. E non è accettabile per Mosca. Le due nazioni – oltre ad avere già un trattato sullo Stato dell’Unione e del Trattato di Sicurezza collettiva – hanno un legame economico e culturale che Putin non è disposto a perdere. E lo stesso vale per Lukashenko. Quando era giovane il presidente bielorusso sognava di essere il successore di Yeltsin. Ma il capo del Cremlino è pronto a rimpiazzarlo – nel caso di una escalation fuori controllo – per far entrare qualche fedele a Mosca più capace di gestire il Paese e mantenerlo alleato e legato alla Russia. Le manovre di Putin in Bielorussia devono essere molto caute. Dopo aver formalmente riconosciuto il risultato le elezioni, nel caso di nuove repressioni oltre che su Lukashenko la responsabilità cadrebbe anche su Mosca portando la popolazione a mostrare forti sentimenti anti-russi».

Qual è il futuro delle proteste?

«Lukashenko ha chiuso a ogni possibilità di mediazione con l’opposizione. Un’opposizione che però non risulta unita, manca un capo, è fatta di operai, insegnanti ed è molto variegata. Ma se, con l’aiuto della Russia, Lukashenko continua a ostacolare qualsiasi processo di dialogo allora alle persone le parole non serviranno più a niente. Il passo successivo è una rivoluzione».

Foto copertina: EPA/TATYANA ZENKOVICH

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