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Regionali in Liguria, Sansa: «È vero, criticavo M5s e Pd, ma ora sono cambiati. Toti? Ha dietro i grandi gruppi industriali e finanziari» – L’intervista

21 Agosto 2020 - 05:57 Sergio Colombo
Ferruccio Sansa
Ferruccio Sansa
Elezioni regionali, parla il candidato progressista in Liguria: «I democratici pensavano solo a conservare il potere, alcuni cinquestelle erano in ginocchio da Salvini. Ma ora sta nascendo qualcosa di nuovo»

Nella sede del Comitato dei lavoratori portuali di Genova che ospita Ferruccio Sansa e la sua squadra, il momento è concitato. Le voci si sovrappongono: «Marco (Preve, ndr), Marco!», dice Sansa allontanando per un istante il telefono, «la nostra posizione è chiara: vogliamo votare, siamo pronti a votare, ma la salute dei cittadini viene prima di tutto. Ah, e specifica che ci fidiamo delle istituzioni. Ci fidiamo del governo nazionale e delle decisioni che prenderà».

L’ipotesi di un rinvio delle elezioni regionali del 20 e 21 settembre rimbalza da Roma a Genova. Sansa, candidato di Partito democratico (Pd) e Movimento 5 stelle (M5s) in Liguria, garantisce di non volere un rinvio, al pari dello sfidante di centrodestra e governatore uscente Giovanni Toti, nonostante i sondaggi non sembrino lasciare spazio a un ribaltone, almeno per il momento. La corsa di Sansa, ex giornalista di 51 anni, candidato civico sostenuto da progressisti e populisti, ha suscitato interesse anche oltre confine.

Ieri, 20 agosto, l’autorevole settimanale britannico The Economist – in un articolo dal titolo «Italy’s populist Five Star Movement is becoming a more normal party» – ha parlato del laboratorio giallorosso ligure, e del suo volto di copertina, come dell’emblema della metamorfosi del Movimento 5 stelle. «Mi hanno contattato loro», racconta Sansa a Open, «e mi hanno detto: “Abbiamo sensazione che in Liguria possa nascere un progetto politico innovativo per l’Italia, ma con ricadute anche a livello europeo”. Io sono d’accordo».

Il candidato presidente per il centrosinistra alla Regione Liguria Ferruccio Sansa.

Quale sarebbe l’aspetto innovativo della sua candidatura?

«Il fatto che io sia un candidato civico che è riuscito a mettere insieme una forza progressista come il Pd e una populista, o meglio ex populista, come il Movimento 5 stelle». 

In realtà, non si tratta di una prima volta in assoluto: Pd e M5s hanno corso fianco a fianco già in Umbria, peraltro con risultati non esattamente lusinghieri. E poi a Roma dem e cinquestelle già governano assieme.

«In Umbria quell’alleanza fu determinata dalla disperazione e dalla mancanza di tempo. Quanto al governo nazionale – che pure credo stia facendo bene – è una coalizione nata dai numeri, mancano però la carne e il sangue».

Ovvero?

«La carne e il sangue siamo noi. Le vere alleanze politiche nascono sul territorio, a livello locale. Se mi permette una metafora, l’alleanza di governo è la testa, noi metteremmo il cuore. E una vittoria qui in Liguria avrebbe l’effetto di rafforzare il legame tra Pd e M5s, e di riflesso l’esecutivo».

Come candidato civico, non crede che il suo nome sarebbe dovuto uscire da un percorso che coinvolgesse il territorio, attraverso le primarie per esempio? La sua candidatura, al contrario, è stata definita a tavolino dai partiti.

«Sul mio nome hanno votato la direzione regionale e tutte le sezioni del Partito democratico. Pd e M5s fatto un confronto che è stato apertissimo ed è durato mesi. Sono stati fatti nomi di persone anche più vicine ai vari partiti. Alla fine, hanno preferito una figura esterna. Ha prevalso il desiderio di cambiare».

I sondaggi, però, non sembrano premiare questa scelta. Secondo le rilevazioni commissionate da Cambiamo!, Toti è al 57% e lei al 40%. Non è una distanza facile da colmare.

«Sono sondaggi commissionati da Toti, lasciano il tempo che trovano. Da ambienti del Pd mi dicono che la forbice è inferiore al 10%. In ogni caso, sapevamo che non sarebbe stata una campagna elettorale facile, di estate, con la gente in vacanza e con tutte le limitazioni del caso dovute al Coronavirus. E poi c’è la differenza di budget…».

A quanto ammonta il vostro?

«Per ora siamo intorno ai 45mila euro. Parliamo di un ventesimo della cifra stanziata da Toti alle ultime elezioni regionali, quando raccolse i soldi di grandi gruppi attivi nel settore autostradale, come Gavio, da grandi petrolieri che hanno impianti in Liguria, e che devono contrattare con la Regione, da grandi soci di Carige».

Le elezioni, però, si vincono anche così, con finanziamenti importanti.

«Io, se sarò eletto, non voglio rispondere al grande socio di Carige o al grande imprenditore delle autostrade. Voglio poter dire – e fare – quello che penso. La mia mancanza di denaro è libertà».

Da dove vengono i 45mila euro che ha raccolto finora?

«Una parte, circa 10mila euro, l’ho messa io. Poi, circa 5mila euro li ho raccolti da amici personali o conoscenti, ci sono medici, ex compagni di classe. Infine, circa 20mila euro dal Pd, 5mila dalla sinistra e 5mila in arrivo dal Movimento 5 stelle».

I soldi dei grandi gruppi che sostengono Toti non li avete voluti o sono loro che non vi hanno cercato?

«Quei soldi non li abbiamo voluti. Abbiamo avuto contatti con alcuni imprenditori, questo sì. Ma parliamo di contatti legati alle mie idee, al mio programma».

Mi faccia un esempio.

«Nel mio programma c’è una proposta sullo zero consumo del territorio, sul recupero della periferia e dei borghi storici. Sullo stop alla costruzione di nuovi insediamenti e sul riutilizzo delle aree industriali dismesse. Ebbene, ho avuto buoni riscontri da imprenditori dell’edilizia, anche stranieri. Un gruppo di imprenditori olandesi attivi nel settore delle case ecologiche mi ha contattato perché è interessato a mettere un hub in Italia: era indirizzato verso il Trentino, ma dopo avere visto il mio programma ha deciso di aspettare i risultati delle elezioni in Liguria. Il rapporto con i miei sostenitori è basato sulle idee: chi vuole aiutarmi, lo fa».

In che modo?

«Stiamo lanciando in questi giorni un sistema di crowdfunding, messo a punto da un’associazione no-profit statunitense che in passato ha lavorato con Barack Obama, Bernie Sanders e Jeremy Corbyn. Hanno visto la mia campagna e si sono proposti di aiutare».

A proposito di aiuto: come valuta quello di Pd e M5s? Osservando da fuori, non sembra che si stiano spendendo particolarmente per lei: nessuna conferenza stampa congiunta, nessuna iniziativa comune...

«Con Pd e M5s ho un rapporto molto libero. Loro ci sono, ci credono, ma non mi hanno chiesto niente, né poltrone né altro. Abbiamo fatto riunioni assieme per la definizione del programma e quando vado in giro vengo accompagnato da esponenti di tutti i partiti che mi sostengono. Vedo persone di diverso colore politico che si siedono allo stesso tavolo, che costruiscono un rapporto: vedo anche da queste piccole cose che sta nascendo un’alleanza profonda».

Resta il fatto che entrambe le leadership, al momento, sembrano piuttosto defilate. Non è forse una strategia per evitare di legare eccessivamente il suo nome a quello dei partiti?

«La mia è e resta una candidatura civica. È quello che la gente chiede da tempo e, adesso che succede, sento dire: “Eh ma i partiti non ti danno fiducia”. È un equilibrio difficile. Quello che posso dire è che il contributo di Pd e M5s nel programma c’è stato ed è stato importantissimo».

Mi dica un punto del programma che è stato inserito su input del Pd.

«In generale, mi ha colpito una profonda unità di intenti, è venuto fuori qualcosa che c’era già prima, c’è molto in comune tra M5s, Pd, sinistra, Verdi. Tutte queste forze si rivedono in un modello di sviluppo che comprenda tutti i cittadini e che rispetti la terra in cui vivono. Quanto alle singole proposte, per esempio, il Pd ha sottolineato la questione dell’importanza delle opere da realizzare: ci sono 21 opere che realizzeremo, dal raddoppio della ferrovia di Ponente a quello della strada Aurelia di Ponente e Levante, passando per il tunnel di collegamento tra costa ed entroterra e per la “Gronda” di Genova».

E qual è stata la reazione dei cinquestelle? Con le nuove opere il Movimento ha un rapporto quantomeno conflittuale.

«Il Movimento ha avuto funzione di contrappeso. Il Pd ha detto: “Servono nuove opere”? Il Movimento ha risposto: “Ok, ma facciamo quelle veramente utili e che non rappresentino uno spreco di denaro”».

Una proposta inserita nel programma su input del Movimento, invece?

«I cinquestelle hanno avuto voce nella questione dello zero consumo del territorio come nella proposta di valorizzazione della sanità pubblica, su cui vogliamo puntare tantissimo. Il modello Toti, totalmente piegato ai privati e ricalcato in maniera scientifica su quello lombardo, s’è rivelato un disastro: abbiamo assistito a una calata di dirigenti e gruppi privati lombardi che si sono presi la sanità ligure. Serve un’inversione di rotta, e serve adesso».

È sicuro che in questa inversione di rotta, sulla sanità ma non solo, Pd e M5s siano realmente i suoi compagni di viaggio ideali? In passato lei è stato molto duro nei confronti sia dei dem, additati come responsabili della cementificazione delle coste liguri e di una gestione controversa degli appalti, sia dei cinquestelle, criticati nei mesi del governo gialloverde.

«In entrambi i casi, io ho criticato i comportamenti, non l’essenza di quei partiti. Nel caso del Pd, ce l’avevo con un sistema che si era fatto potere: nei luoghi dove il centrosinistra governava da tanto tempo, la priorità era diventata la preservazione del potere. Quanto al M5s, sono stato durissimo quando alcuni di loro sono diventati gregari di Matteo Salvini, ma riconosco che il Movimento ha scosso il nostro sistema politico, mettendo tutto in discussione». 

Il Movimento che governava con Salvini non è forse lo stesso che s’è alleato con il Pd e che, a livello locale, sta sostenendo la sua candidatura?

«A livello locale ho l’impressione che i cinquestelle come i dem siano tornati quello che erano. Il Pd ha sempre avuto nella propria vocazione un elemento ambientalista, lo stesso vale per il Movimento se si parla di sanità pubblica. Quello che chiedo a questi partiti è di guardare alle loro origini, alla loro vocazione. Può essere un’occasione per tirare fuori il meglio l’uno dall’altro. Rispetto a quanto accaduto in Umbria, vorrei che venisse percepita l’occasione enorme che abbiamo: l’opportunità di diventare laboratorio per qualcosa che duri nel tempo».

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