Tunisia, la legge sessista sull’eredità per le donne non si tocca: il presidente Kais Saied usa il Corano per smontare la riforma
Appena insediato, Kais Saied aveva decretato i funerali di Stato per l’attivista Lina Ben Mhenni, la capofila della rivoluzione tunisina che nel 2011 aveva messo fine al governo di Ben Ali. Un gesto di rispetto, quello del neo presidente della Tunisia eletto a fine 2019, nei confronti di colei che aveva lottato contro il passato regime e in difesa dei diritti umani dei suoi concittadini, un rispetto che è venuto a mancare il 13 agosto 2020 durante la festa della donna dove ha letteralmente dato uno schiaffo a una delle battaglie simbolo contro la diseguaglianza tra uomini e donne, quella contro la legge sessista sull’eredità, invocando un’interpretazione del Corano.
Le attuali norme del Paese, nonostante la «Rivoluzione dei Gelsomini», mantengono alcune interpretazioni del Corano per esigenze politiche nei confronti delle aree conservatrici religiose. Secondo una di queste interpretazioni in caso di eredità una donna, moglie o figlia del defunto, riceve soltanto la metà rispetto alla parte spettante all’uomo (a un figlio). Una evidente disparità che Lina Ben Mhenni cercava di contrastare insieme a molte altre donne tunisine.
Il predecessore di Kais Saied, l’ex presidente tunisino Beji Caid Essebsi, aveva accolto nel 2018 le richieste delle donne tunisine per una riforma della legge sull’eredità cercando tuttavia di accontentare anche la parte conservatrice e religiosa. L’idea, infatti, era quella di fornire una sorta di via di uscita dall’interpretazione della legge coranica dando la possibilità a ogni persona di scegliere come destinare i propri beni:
«Tuttavia, ognuno potrà specificare in un testamento legale che sceglie di condividere il suo patrimonio secondo la vecchia legge, cioè secondo la Sharia. Così lo Stato tunisino stabilisce la parità fra uomini e donne in materia di eredità, ma i singoli possono scegliere liberamente la disuguaglianza e assumerla di fronte alla propria famiglia», spiega Iqbal Gharbi, docente di psicologia all’Università islamica Zitouna di Tunisi.
Siamo nel 2020, sono passati circa due anni dalla decisione di portare in Parlamento la riforma per essere approvata, ma la morte dell’allora Presidente Beji Caid Essebsi ha spianato la strada all’opposizione religiosa che nel tempo si è fatta forte. Infatti, Kais Saied è stato eletto come indipendente ma con il sostegno delle forze politiche conservatrici che si oppongono tutt’ora alla riforma.
Il politico e religioso Othman Battikh, all’epoca Mufti della Repubblica durante il mandato del Presidente Beji, ha contestato pubblicamente la proposta di riforma citando il versetto 11 della sura An-Nissa: «Ecco che Allah ingiunge riguardo ai figli: al maschio andrà una parte equivalente a quello di due femmine». Un versetto che, tuttavia, viene interpretato in maniera diversa da parte di chi ne tiene conto in maniera letterale e chi, invece, valuta il contesto e la situazione storica dell’epoca in cui è stato scritto.
La società all’epoca del profeta Maometto prevedeva che l’uomo «pagasse» una dote alla donna, non alla sua famiglia, il cui valore veniva stabilito con una trattativa tra il futuro marito e il tutore della futura moglie. Avendole già dato un qualcosa di «valore», e considerato il fatto che un uomo poteva sposare più donne, in presenza di tali condizioni veniva dunque considerata equa una divisione dei beni ereditati come quella presente nel versetto citato da Othman Battikh. Ma le società cambiano, e quella tunisina è molto diversa da quella di altri paesi islamici avendo abbattuto diversi muri rispetto al passato. Una società dove dovrebbero essere considerati i contesti attuali come i matrimoni monogami e dove non dovrebbe essere considerata la presenza o meno di una dote talmente variabile che secondo le parole attribuite a Maometto potrebbe essere anche del tutto simbolica.
«Cercheremo di costruire una nuova Tunisia», aveva annunciato il professore di diritto costituzionale Kais Saied appena eletto Presidente della Tunisia nel 2019. Nuova, ma evidentemente non per le donne.
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