In Evidenza Benjamin NetanyahuDonald TrumpGoverno Meloni
SCIENZE E INNOVAZIONECoronavirusHong KongRicerca scientificaSanità

Tutto quello che sappiamo finora del presunto primo caso di paziente ammalatosi due volte di Covid-19

25 Agosto 2020 - 08:08 Juanne Pili
Torna ad affacciarsi l'ipotesi di eventuali ricadute, ma è troppo presto per saltare a conclusioni affrettate

Secondo Independent e altri media ci sarebbe un primo caso di paziente infettato due volte dal nuovo Coronavirus. La fonte a cui si fa riferimento è un annuncio dell’Università di Hong Kong che anticipa i risultati di una ricerca pubblicata parzialmente sulla rivista Clinical Infectious Diseases. «La ricerca completa deve ancora essere pubblicata e gli esperti dicono che è troppo presto per saltare alle conclusioni su cosa potrebbe significare il singolo caso su scala globale», spiegano nei quotidiani britannici.

Non sarebbe del resto il primo caso di presunto paziente che si riammala. Anche se in questo caso sembrerebbero esserci maggiori evidenze, il parere quasi unanime degli esperti è quello di non saltare a conclusioni affrettate, trattandosi al momento di un singolo episodio, di cui non possediamo nemmeno tutti i dati.

Quanto dura l’immunità?

I dubbi sulla durata dell’immunità naturale sono stati già esposti diverse volte. Casi analoghi a quelli del paziente di Hong Kong erano stati registrati in Cina e persino a Lodi e Cremona. Nel trattare queste apparenti anomalie spiegavamo che tanto nell’individuazione dell’RNA virale, quanto nella presenza di determinati anticorpi, come le immunoglobuline G (IgG), potevano esserci dei problemi, specialmente nel ritenere per errore dei pazienti ancora malati come convalescenti o del tutto guariti, generando quindi l’illusione che alcuni potessero essersi ammalati di nuovo.

La rarità di questi casi e il fatto che vengano presentati ogni volta come «primi al mondo», la dice lunga. L’ipotesi di eventuali ricadute non è però così campata per aria ed episodi come quello documentato dai ricercatori di Hong Kong potrebbero anzi rafforzare l’idea che una immunità naturale non sia sufficiente, come già era emerso in un recente studio svolto in Spagna.

Tutti questi problemi erano stati ampiamente dibattuti anche quando si parlava del rilascio di eventuali «passaporti dell’immunità». Da un lato trovare tracce di RNA virale non ci dimostra che provenga da virus attivi; dall’altro le IgG normalmente dovrebbero manifestarsi tardivamente, dopo che il virus è stato individuato attraverso il riconoscimento dei suoi antigeni da parte delle immunoglobuline M (IgM).

Abbiamo visto però che contro SARS-CoV2 queste si presentano entrambe subito, inoltre non sappiamo esattamente quanto permangano le IgG, garantendo quindi l’immunità nel lungo periodo a seguito di una infezione. Così non è impossibile che dei pazienti ritenuti convalescenti poi manifestino pienamente di essersi «nuovamente ammalati».

Il caso del paziente di Hong Kong

Il caso presentato dai ricercatori di Hong Kong sembra molto più convincente di quelli visti fino a questo momento. Secondo quanto riscontrato dai ricercatori, il paziente avrebbe mostrato la presenza di RNA virale dopo diversi mesi dalla apparente guarigione. Sappiamo inoltre che il paziente sarebbe stato infettato da due versioni del SARS-CoV2.

«Poiché l’immunità può essere di breve durata dopo l’infezione naturale, la vaccinazione dovrebbe essere presa in considerazione anche per quelli con un episodio di infezione. I pazienti con precedente infezione da Covid-19 – spiegano i ricercatori – dovrebbero anche rispettare le misure di controllo epidemiologico come l’uso di mascherine e il distanziamento sociale».

Independent riporta anche il parere di diversi esperti, come il dottor Jeffrey Barrett del Wellcome Sanger Institute, il quale esorta alla cautela e ritiene inoltre più probabile che «questo paziente abbia avuto due infezioni distinte rispetto a una singola infezione seguita da una ricaduta».

Del resto era già nota agli addetti ai lavori la possibilità che proprio durante la fase finale della convalescenza, il nostro sistema immunitario abbassando la guardia possa favorire una riattivazione nel breve periodo del virus, con un ritorno più lieve della malattia. Fa specie ad esempio, che i ricercatori abbiano riscontrato che il paziente fosse asintomatico durante la presunta seconda infezione. Non ci resta che attendere di leggere lo studio completo.

Leggi anche:

Articoli di SCIENZE E INNOVAZIONE più letti