Coronavirus, i numeri in chiaro. Il fisico Sestili: «Dati preoccupanti. In Sardegna sono saltate le regole»
I contagi sono aumentati, ancora. È il terzo giorno di fila. Oggi, 28 agosto, i casi di Coronavirus individuati in Italia sono stati 1.462, ieri erano 1.411 e due giorni fa 1.367. Crescono, anche se lievemente, i numeri relativi ai ricoveri e le terapie intensive, arrivati oggi rispettivamente a 1.178 e 74 unità occupate.
Predica cautela, però, il fisico Giorgio Sestili: «Analizzare i dati dell’epidemia, giorno per giorno, crea delle storture a livello logico e matematico». Il divulgatore scientifico, per Open, ha messo a confronto allora i primi 14 giorni di agosto con le due settimane successive.
Sestili, cosa succede analizzando i dati dal 1° al 14 agosto con quelli dal 15 al 28 di questo mese?
«La situazione è preoccupante, se non dal punto di vista clinico, almeno da quello strettamente numerico: i nuovi casi positivi nelle prime due settimane d’agosto, in totale, sono stati 5.280, nelle seconde due settimane 12.465. I contagi sono più che raddoppiati solamente prendendo in esame due periodi diversi dello stesso mese: c’è stato un aumento di oltre il 100% nel numero delle infezioni».
Le stesse proporzioni riguardano anche gli altri dati dell’epidemia?
«Per alcune voci del bollettino della Protezione civile va anche peggio: per quanto riguarda i nuovi ricoveri, siamo passati da un totale di 55 ricoverati con sintomi delle prime due settimane ai 407 delle seconde due settimane. Il dato positivo è quello relativo alle terapie intensive, rimasto costante nel periodo analizzato: siamo passati da 15 nuovi ricoveri in terapia intensiva ai 18 del secondo periodo».
Così pochi posti in terapia intensiva?
«Va specificato che non sono entrate solo 15 persone in terapia intensiva: noi non sappiamo ogni giorno quanti pazienti entrano e quanti escano dalle unità di terapia intensiva. Ed è una cosa assurda che la Protezione civile, l’Istituto superiore di sanità non lo comunichino. Ad ogni modo, quel “15”, o “18”, va inteso come variazione complessiva delle unità occupate».
Adesso siamo arrivati alla peggiore delle situazioni possibili?
«I numeri superiori ai mille contagi al giorno di questa settimana avranno un effetto negativo sul numero di terapie intensive e i decessi che vedremo nei prossimi dieci giorni».
Contestualmente ai contagi, sono aumentati anche i tamponi: è un elemento che può tranquillarci?
«Negli ultimi giorni si parla tanto del fatto che abbiamo battuto ogni record di tamponi effettuati. Sicuramente è un dato positivo, si è rafforzato il sistema di screening: riusciamo a processare quasi 100mila tamponi al giorno. Però attenzione, non può essere un elemento che giustifica l’aumento così consistente dei casi».
Come mai?
«La dimostrazione è che, seppur nelle prime due settimane d’agosto sono stati fatti meno tamponi rispetto alle seconde due settimane, la percentuale di casi positivi sul numero dei casi testati nelle prime due settimane è stata in media dell’1,6%, nelle seconde due settimane del 2,0%. Si fanno più tamponi, ma in proporzione, si trovano più casi».
Perché, invece, il dato relativo alle terapie intensive è rimasto così basso?
«Nell’ultimo mese, l’età mediana dei casi è di 30 anni. Se invece consideriamo tutto l’arco temporale che va dall’inizio dell’epidemia a oggi, l’età mediana è risulta essere pari a 60. Il motivo è facile da comprendere: nel mese di agosto, i giovani hanno avuto più interazioni sociali e, probabilmente, meno precauzioni. Questo determina il fatto che non si registrano casi particolarmente gravi e il numero dei ricoverati in terapia intensiva rimane sotto controllo. Addirittura il 74% dei casi individuati nelle ultime settimane è asintomatico».
Bisogna comunque adottare delle contromisure.
«La sfida è evitare che questo serbatoio di infetti giovani vada a contagiare le fasce di popolazione più deboli. Ci si può permettere di avere oltre 1.000 casi se l’età mediana è di 30 anni. Ma se l’età si sposta in avanti, non potremo più permetterci di avere questi contagi al giorno: si finirebbe per intasare di nuovo gli ospedali».
Una considerazione sul caso della Sardegna. Cosa è successo a Ferragosto sull’isola?
«In parte stiamo individuando così tanti casi legati alla Sardegna perché abbiamo deciso di fare più tamponi a chi arriva da lì, ma sarebbe disonesto dire che, in quella regione, non sono saltate le misure di contenimento. Ormai sappiamo che il virus si ferma con distanziamento e mascherina, se ci sono dei cluster così grandi in Costa Smeralda, se ci sono 30 dipendenti dello stesso luogo contagiati, vuol dire che in quel posto non si sono rispettate le regole».
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