Scuola, i presidi chiedono l’autocertificazione per i minori. Così la responsabilità dei genitori diventerebbe penale
Un’autocertificazione che attesti lo stato di salute degli studenti per contenere il rischio da Coronavirus. È questa l’ultima proposta dei presidi che, a due settimane dalla data indicata dal Ministero per il rientro a scuola, manifestano i loro dubbi sulla ripresa in sicurezza.
Secondo il presidente dell’Associazione nazionale dei presidi (Anp) Antonello Giannelli, una disposizione in tal senso del Ministero della Salute potrebbe aiutare a tenere la situazione sotto controllo visto che, allo stato attuale delle cose, «non ci sono sufficienti risorse per sorvegliare la salute di 8,5 milioni di studenti».
Lo screening volontario degli alunni partirà solo dopo l’inizio delle lezioni. Ora è il turno di docenti e personale Ata. Ma la dichiarazione scritta potrebbe anche servire a rimediare ai dubbi sorti in merito alla questione della misurazione domestica della temperatura, stabilita dalla ministra Lucia Azzolina. Per i presidi, infatti, non si tratta di una misura efficace al 100%.
Qualora il ministro Roberto Speranza scegliesse di cavalcare la proposta, le cose inizierebbero a farsi molto serie per i tutori legali degli alunni. Laddove si presentassero dei problemi di salute con i ragazzi e le ragazze under 18 – dichiarati invece sani dall’attestazione – questi potrebbero andare incontro a una denuncia penale per falsa dichiarazione in atto pubblico. Reato stabilito dal dpr 445/2000.
«Allo stato attuale delle cose è molto difficile che se un ragazzo con dei sintomi si presenta a scuola, il preside denunci la famiglia», dice a Open Anna Maria Santoro della Flc Cgil. «L’unico modo per avere il controllo giuridico sulla faccenda è l’introduzione di un’autocertificazione». Una scelta, quindi, che il Ministero non farebbe certo a cuor leggero, considerando anche le opposizioni politiche arrivate in tal senso.
Proprio in queste settimane, la Lega di Matteo Salvini ha forzato la mano sul punto della responsabilità familiare, criticando il governo di voler scaricare sui genitori le colpe di una gestione inefficace dei contagi. Al contrario, diverse associazioni di categoria dei pediatri avevano spiegato che un maggior coinvolgimento delle famiglie nella gestione dell’epidemia avrebbe potuto rappresentare una buona strategia di salvaguardia della salute pubblica.
Domani il vertice decisivo sui trasporti
Intanto mancano poche ore al lunedì di fuoco che aspetta il governo e le Regioni sul tema dei trasporti pubblici in vista del rientro in classe. Domani, 31 agosto, la Conferenza delle giunte si riunirà alle 16 in seduta straordinaria per prepararsi in vista della Conferenza Unificata delle 19, convocata dal ministro Francesco Boccia. Il nodo della mobilità ha tenuto alti i toni per tutta la settimana, ma ora sembrerebbe che Comitato tecnico scientifico, Stato e governatori siano pronti a uscirne.
Dopo che il Cts ha dato il via libera come «soluzione estrema» al riempimento fino al 75% dei mezzi pubblici, la ministra Paola De Micheli si è detta disponibile a prendere in considerazione l’opzione. Da mesi, infatti, le Regioni spingevano affinché il governo permettesse un trasporto carico al 75% – 80%. Altrimenti, dicevano, non sarebbe stato possibile riorganizzare in tempo per il 14 settembre tutta la rete di mobilità.
Giovanni Toti, presidente della Liguria e vicepresidente della conferenza delle Regioni, ha dichiarato in un post su Facebook di essere certo che nelle prossime ore «otterrà di poter portare all’80% la capienza massima sui mezzi». «Non possiamo fare neanche un passo indietro su questo», ha aggiunto.
9mila infermieri nelle scuole
In queste ore la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), ha fatto sapere di essere pronta a scendere in campo con 9mila infermieri scolastici, uno per ogni plesso, per verificare la corretta applicazione delle misure anti-Coronavirus, «ma anche la salute e i bisogni assistenziali degli alunni (e del personale docente) non-Covid». La loro funzione sarebbe quella di allertare in caso di necessità il medico del dipartimento di prevenzione di riferimento e dare supporto ai dirigenti scolastici.
«La nostra Federazione assicura la massima collaborazione alle istituzioni per consentire una riapertura in sicurezza delle scuole», ha dichiarato la presidente Barbara Mangiacavalli. E non si tratta di una figura totalmente nuova da inventare da zero: sarebbe una derivazione di quella dell’infermiere di famiglia e comunità introdotto già dal Patto per la Salute e dal decreto Rilancio.
Foto di copertina: EPA/SASCHA STEINBACH
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