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Cos’è la rete unica in fibra, il progetto per non lasciare indietro l’Italia nella corsa al digitale

31 Agosto 2020 - 15:21 Valerio Berra
Questo pomeriggio i cda di TIm e Cassa depositi e prestiti dovranno definire gli ultimi dettagli. La partita è tutta sul futuro delle telecomunicazioni nel nostro Paese

Diciannove milioni. È la stima, secondo Agcom, del numero di linee che ci sono in Italia per connettersi a internet. Un gomitolo che si ingarbuglia ancora di più quando si va a vedere chi le gestisce: 12,2 milioni fanno parte della rete Tim. Tutte le altre si dividono tra Vodafone, Fastweb, Wind Tre, Linkem, Eolo e Tiscali. Non solo. Queste reti non sono tutte uguali: il 44,3% è in rame, il 41,8% in rame-fibra, il 6,9% in fibra ottica e il 7,1% in fixed wireless. Ora, visto lo scenario, è chiaro che l’obiettivo di creare una rete unica in fibra ottica che possa coprire tutto il territorio italiano non è esattamente un’operazione semplice. Nel pomeriggio di oggi, 31 agosto, i cda di Tim e quello di Cassa depositi e prestiti si incontrano per dare il via libera al memorandum che scandirà le tappe per arrivare alla creazione di AccessCo, la società per la rete unica.

Come funziona la rete in fibra ottica

Sono principalmente tre le tecnologie che permettono i nostri computer di collegarsi alla rete internet. C’è la classica linea di rame, la linea mista fatta di rame e fibra ottica e la linea fatta di sola fibra ottica. La fibra, ovviamente, è quella che permette di raggiungere velocità più elevate. Nelle offerte riservate agli utenti il massimo che si può raggiungere con questa tecnologia è 1 Gigabit al secondo (Gbit/s). In pratica con questa velocità è possibile scaricare un file da 2 Gigabyte in circa 16 secondi. Prestazioni del genere, comunque rare anche nelle grandi metropoli, si ottengono esclusivamente con una rete di sola fibra ottica. Il nome specifico è Ftth, Fiber to the home, e indica quelle rete in cui la fibra arriva direttamente nella casa degli utenti. L’altra tecnologia, molto più diffusa come abbiamo visto nelle percentuali all’inizio dell’articolo, è quella mista rame-fibra. Il nome specifico questa volta è Fttc la fibra arriva solo fino a una cabina esterna alla casa dell’utente e il segnale percorre gli ultimi metri (di solito attorno 300) con un cavo di rame, più lento e più facilmente degradabile.

Serve davvero una rete unica in fibra?

L’Italia non ha mai brillato nell’indice di digitalizzazione (Desi) che ogni anno viene elaborato dalla Commissione europea. Quest’anno sui 28 stati membri dell’Unione europea il nostro Paese si è classificato 25esimo. In Italia solo il 30% degli utenti ha accesso alla fibra mentre la media fra gli Stati membri è del 44%. Allargando il quadro, Agcom stima che solo il 55,8% delle famiglie ha accesso a una rete internet superiore ai 100 Mbit/s. Al momento una linea Fttc è comunque in grado di soddisfare i bisogni degli utenti. Con una velocità attorno ai 30 Mbit/s è possibile infatti accedere agilmente ai servizi di streaming, ai social e alle call. Il problema è un altro. Il volume di dati necessario per navigare su internet sta diventando sempre più alto. I primi modem si chiamavano comunemente 56 K appunto perché andavano a 56 Kilobit per secondo. Avere un gestore unico guidato dal pubblico che si occupi di sviluppare una rete a fibra ottica in tutto il Paese permetterebbe di cominciare a sviluppare un’infrastruttura necessaria per il futuro anche nei territori in cui i piccoli gestori privati non metterebbero piede. Una prospettiva sposata dal governo, come ha spiegato la ministra dell’Innovazione Paola Pisano nei giorni scorsi:

«Noi abbiamo bisogno di un’infrastruttura che comprenda anche i cloud italiani, i data center che contengono i nostri dati. Noi oggi ci approvvigioniamo molto all’estero, c’è bisogno di creare quella sovranità che si chiama sovranità digitale all’interno del nostro Paese».

I soggetti coinvolti e il valzer delle percentuali

Le due società coinvolte in questa operazione sono Tim e Open Fiber. Tim, per chiarezza, è il marchio con cui ci si riferisce alla società Telecom Italia. Secondo gli ultimi dati disponibili i suoi azionisti di punta sono Vivendi (23,94%), Cassa depositi e prestiti (9,89%) e l’imprenditore statunitense Paul Elliott Singer (6,98%). Come detto, Tim gestisce la maggior parte delle linee di accesso a internet in Italia. Open Fiber invece è un gestore che si occupa solo della rete Ftth e la sua proprietà si divide in quote pari tra Enel e Cassa depositi e prestiti, società controllata all’83% dal Ministero dell’Economia. Queste due realtà dovrebbero fondersi per dare vita ad AcessCo, il gestore della rete unica. Prima di farlo però Tim dovrà fare un ulteriore passo: dare vita a FiberCop, la società che materialmente si occuperà del progetto della rete unica e che si fonderà con OpenFiber. Il passaggio non è solo formale. Secondo le ultime informazioni infatti FiberCop sarà di Tim per il 58%, una quota del 4,5% sarà coperta da Fastweb e il 37,5% da Kkr, fondo di investimenti con base a New York.

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