Taglio dei parlamentari, il Pd deciderà tra una settimana da che parte stare. Di Maio: «Quello italiano è un triste primato»
La direzione del Partito democratico deciderà lunedì 7 settembre la posizione del partito in merito al referendum sul taglio dei 345 parlamentari. Lo ha deciso la segreteria dem, convocata in videoconferenza dal segretario Nicola Zingaretti. Nel maggio 2019, quando erano all’opposizione, i dem avevano votato contro. Nel momento del via libera definitivo, invece, avvenuto l’8 ottobre scorso, si erano espressi a favore. Intanto, mentre la controparte governativa indugia, l’ex capo politico del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, continua la sua campagna per il «sì». «Non è possibile che in Germania gli eletti siano 700, in Gran Bretagna circa 650, in Francia meno di 600 e da noi 945», ha scritto in un post su Facebook. «Abbiamo la possibilità di portare a casa una riforma epocale che riporterà l’Italia alla normalità. In Italia si discute di questa riforma da più di 30 anni. Ad oggi abbiamo il più alto numero di parlamentari in Europa, è un triste primato che dobbiamo rivedere per avviare una grande fase di rinnovamento».
Rimane invece ferma la posizione dell’associazione dei Giuristi democratici, schierati per il «no». «Siamo contrari alla riduzione del numero dei parlamentari approvata in Parlamento in quarta lettura lo scorso ottobre – si legge in una nota – e vediamo nell’iniziativa di modifica della Costituzione la convergenza di demagogici obiettivi di risparmio e di progetti di indebolimento del Parlamento che già nel 2006 e nel 2016 sono stati bocciati dal voto popolare». Allo stato attuale delle cose, infatti, il Parlamento costituisce l’unico organo rappresentativo attraverso il quale «si esprime la sovranità popolare nazionale». Al Parlamento – prosegue la nota – «devono poter accedere le forze culturali e politiche che si esprimono nella società civile perché è questo il luogo dove il Paese deve essere rappresentato con ragionevole fedeltà, consentendo il confronto delle diverse posizioni chiamate a determinare la politica nazionale nel rispetto dei diritti politici di ciascuno ed in attuazione dei diritti sociali ed economici che nelle fasi di crisi economica e radicalizzazione delle disuguaglianze sono i primi ad essere sacrificati».
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