Alam, 21 anni, con una grave malformazione al viso. Parte su Fb una gara di solidarietà che gli darà una nuova vita e che ci ricorda chi siamo
C’è una scena di The Elephant Man, film che quest’anno ha compiuto 40 anni, tra le più strazianti del cinema. Forse la più cruda di tutta la pellicola di David Lynch. Quella in cui John Merrick inseguito alla stazione da un gruppo di bambini prima e di adulti poi si rifugia nell’angolo di un bagno per gridare: «Non sono un animale, sono un essere umano». Una voce lancinante, quella poca che gli è rimasta usata perché le persone vadano al di là della sua malformazione e riconoscano ciò che si nasconde dietro.
Merrick, uomo istruito, viene deriso, condannato a una vita da fenomeno da baraccone finché non incontra un uomo, un chirurgo, disposto a restituirgli la dignità che gli è stata tolta da un mondo troppo crudele. Così come è successo ad Alam, 21 anni, un ragazzo venuto dal Bangladesh che qualche giorno fa sulla spiaggia di Ostuni ha incontrato il suo Frederick Treves.
Alam era il solito venditore ambulante, quello che appena allontanatosi avremmo disprezzato per essere venuto a disturbare la nostra tintarella. Ma per Nando Nunziante, giornalista Rai, i due braccialetti acquistati dal 21enne hanno aperto la strada ad altro. Alam ha una grave malformazione al viso, «vedo che nessuno gli si avvicina, esco dall’acqua e vado da lui… rimango paralizzato dal suo volto sfigurato da un destino impietoso, non ho mai visto una cosa del genere, forse non l’ho mai neanche immaginata», scrive Nando su Facebook.
Per lui era arrivato il momento di attivarsi e così, chiedendo il permesso per uno scatto, ha fatto partire una gara di solidarietà per restituire dignità a questo ragazzo troppo giovane per aver già vissuto così tanti stenti e dolori. E quel dolore te lo restituisce «con una dignità imbarazzante», aggiunge Nando nella speranza di trovare un Treves italiano, un chirurgo disposto a curare la grave malformazione che il ragazzo si porta dietro da tutta una vita.
Così la macchina della solidarietà si attiva e il post viene invaso da centinaia di commenti. Alam aveva già provato altre strade, dal Policlinico di Bari, al Miulli, a San Giovanni Rotondo, ma niente. «Sarà operato a fine ottobre all’ospedale di Piacenza». Forse un lieto fine per Alam anche se da parte del ragazzo non c’è ancora la conferma. Di certo quelle parole sono già un lieto fine per l’Italia. Come tutte le altre arrivate a sostegno del 21enne.
C’è chi scrive “provo a chiamare questo e quell’altro dottore”. Chi ha già sparso la voce in paese per una colletta. O chi è pronto a organizzare tutte le spese di viaggio per il trasferimento in ospedale. Ed è lo stesso Nando a ringraziare le persone che “non si sono girate dall’altra parte”. E di Alam speriamo di mostrarvi presto la foto del suo volto rinato. Un volto che è circolato a lungo sui social, ma che ora vogliamo lasciare alla sua privacy in attesa di un felice epilogo.
La pandemia di Coronavirus non ci ha reso migliori, ci ha semplicemente ricordato che siamo tutti essere umani. E di certo non è perché Alam non è arrivato su un barcone che il buon cuore degli italiani si è mosso a pietà. E’ sempre stato pietoso e aperto all’altro. Avevamo solo bisogno di qualcuno che ce lo ricordasse. Il film di David Lynch ci colpisce per questo. Perché tutti almeno una volta abbiamo incontrato il nostro Elephant Man. Solo che alcuni la sofferenza la portava in volto, altri la celano dentro e per vederla serve aprire lo sguardo.
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