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«È il momento di usare i test rapidi, solo così terremo aperte le scuole»: l’appello degli esperti

04 Settembre 2020 - 08:37 Redazione
La lettera di 10 virologi, immunologi ed epidemiologi italiani: «Col il tampone tradizionale, se un bambino ha la febbre in classe chiude tutto. Il test rapido dà il risultato in pochi minuti». Ma le Regioni, per ora, vanno in ordine sparso

Una lettera aperta di 10 virologi, immunologi ed epidemiologi italiani per chiedere a gran voce il ricorso ai nuovi test rapidi per il Coronavirus. «Con la riapertura di scuole e università, è arrivato il tempo di utilizzarli», dicono gli esperti, invitando all’adesione – come riferisce Repubblica – anche altri colleghi. «Questi test hanno il difetto di lasciar sfuggire alcuni casi», dice Antonella Viola, direttrice scientifica dell’Istituto di ricerca pediatrica dell’università di Padova. Insieme con Guido Poli dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, Viola ha ideato l’appello. «Ma immaginiamo un bambino con la febbre a scuola. Fare il tampone tradizionale vorrebbe dire mandare tutti a casa e chiudere fino al risultato».

Normalmente il risultato arriva in 24-48 ore, sempre che non ci siano arretrati nei laboratori. «Il test rapido permetterebbe di tornare in aula in mezz’ora, se negativo, senza allarmare inutilmente genitori e Asl». Questi test, infatti, non hanno il livello di precisione dei tamponi tradizionali, ma hanno costi inferiori (circa 10 euro), danno la risposta in un quarto d’ora e sono semplici da fabbricare e da trovare. «Con la circolazione dell’influenza la maggior parte del territorio italiano sarà in difficoltà e non riuscirà a produrre i referti in tempi accettabili (24 ore)», si legge ancora nell’appello, firmato dagli scienziati Sergio Abrignani, Adriana Albini, Franco Buonaguro, Francesco Cecconi, Alessandro Quattrone, Luca Scorrano, Stefano Vella ed Elisa Vicenzi.

I test rapidi possono dare un contributo importante quando si tratta di decidere chi può restare a scuola e chi invece è meglio che torni a casa. Certo, possono avere qualche difetto a livello di affidabilità: «Rilevano soprattutto i positivi con carica virale alta, negli altri i risultati potrebbero essere mediocri. La sensibilità dei tamponi tradizionali è fino a dieci volte più alta», spiega Carlo Federico Perno, microbiologo del Bambino Gesù di Roma. Chi ha poco virus in corpo, quindi, potrebbe non essere rilevato come positivo. «Ma può darsi che la carica virale sia bassa perché l’infezione è recente», dice Perno. «E nel giro di uno o due giorni anche chi è negativo diventi contagioso». In questo caso, «l’esame andrebbe ripetuto dopo 24 o 48 ore», dice Viola.

Sui test rapidi le Regioni vanno in ordine sparso: da Lazio, Veneto e Emilia-Romagna è partita una gara da 5 milioni di kit, ma da altre zone d’Italia si prediligono i tamponi tradizionali. «Considerato il costo modesto di questi test, la rapidità, e la loro ripetibilità (per esempio, una volta alla settimana), riteniamo che sia arrivato il momento di prenderli in considerazione», concludono la loro lettera i ricercatori.

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