«Il Piano contro la pandemia in Italia era vecchio di 12 anni: abbiamo pagato caro». Parla il matematico Merler, autore dello “studio segreto”
Il suo ambito è la matematica applicata alle epidemie. Stefano Merler, da 25 anni ricercatore della Fondazione Bruno Kessler di Trento, è diventato noto alle cronache per aver stilato uno studio sull’andamento del Coronavirus già a febbraio. L’analisi era basata sugli unici dati disponibili, quelli diffusi dalla Cina, ma il governo se ne servì comunque per stilare un primo piano d’emergenza, poi secretato dal governo (e ora rivelato). Da questa esperienza ha imparato una cosa: «Che abbiamo pagato un prezzo altissimo per non aver aggiornato il piano pandemico per dodici anni».
La ricerca si intitolava “Scenari di diffusione di 2019-NCOV in Italia e impatto sul sistema sanitario nazionale”. Il 12 febbraio venne ascoltato al Ministero della Salute dal Cts e da Roberto Speranza. I grafici illustravano possibili scenari, che ipotizzavano cifre massime vertiginose: il contagio di 2 milioni di cittadini e la morte di decine di migliaia di persone, fino a 70mila totali. In tutte le variabili, per il sistema sanitario sarebbe stato «un disastro» e il lockdown «inevitabile». Dopo la scoperta del paziente uno, inoltre, un altro suo studio realizzato per la Regione Lombardia dimostrava che senza lockdown solo in Lombardia «avremmo avuto 20 mila morti in un mese»
Già prima di essere ascoltato al Ministero, il 27 gennaio, Merler aveva definito il virus «una cosa seria, anzi serissima». «Uno studio a cui partecipavo da gennaio dimostrava che l’epidemia in Cina era molto più diffusa di quel che dicevano e che era già uscita dai loro confini», dice in un’intervista a la Repubblica.
Ma a fargli considerare stime così elevate fu la collaborazione con l’università di Shanghai: tra fine gennaio e i primi di febbraio, lui e il collega Marco Ajelli si resero conto che la maggior parte della trasmissione dei contagi era pre-sintomatica. «I virus sono contenibili solo se si verificano due condizioni – spiega Merler -: una bassa contagiosità, il famoso R0 più basso di 1, e una bassa frazione di trasmissione non vista, quella asintomatica o pre-sintomatica. Insomma, lo scenario era devastante. L’unica cosa che non sapevamo era quando il virus sarebbe arrivato in Italia».
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