L’amaro confronto tra il piano italiano per Next Generation EU e quello francese: quando le idee non passano solo dal numero di progetti
Oggi il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sta incontrando a Palazzo Chigi i capigruppo parlamentari di maggioranza. Sul tavolo le linee guida del Recovery Plan italiano, approvate ieri dal Comitato interministeriale degli Affari europei. La bozza delle del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) definisce gli obiettivi che il governo intende raggiungere con i 209 miliardi del Next Generation EU (NGEU).
Il documento di 29 pagine in formato slide promette un’Italia diversa e più moderna, con un raddoppio del tasso di crescita (dal 0,8 al 1,6 per cento) e 10 punti in più del tasso di occupazione (dal 63 al 73,2 per cento), ma non si capisce di preciso entro quando tutto ciò dovrebbe accadere. Il Pnrr indica sei “missioni” di intervento: digitalizzazione e innovazione, rivoluzione verde e transizione ecologica, infrastrutture per la mobilità, istruzione e formazione, equità, inclusione sociale e territoriale, salute.
Tra le iniziative figurano il completamento della rete nazionale in fibra ottica, lo sviluppo del 5G, la digitalizzazione della pubblica amministrazione, dell’istruzione, la lotta all’abbandono scolastico, politiche attive per il lavoro, il rafforzamento del sistema sanitari.
Tutte cose giuste dette mille volte in convegni tra esperti, dibattiti politici e anche talk-show della sera. Il problema però è che dal documento non risulta esserci un’idea concreta su cosa di preciso sarà il cuore del progetto, nelle slide non c’è nemmeno una tabella con il budget destinato a ognuna delle sei missioni.
Come si è detto più volte, per avere i fondi del NGEU bisogna presentare progetti concreti, con costi certi e modalità di attuazione chiare e verificabili di cui prendersi la responsabilità. È chiaro, non si può pretendere che sia tutto già pronto, ma per farsi un’idea di come potrebbe essere un programma nazionale di ripresa e resilienza vale la pena guardare il documento della Francia.
France Relance
Il piano francese di rilancio si chiama France Relance, è stato presentato il 3 settembre con un documento di 290 pagine e si pone l’obiettivo di costruire la Francia del 2030 (ma con benefici già visibili dal 2022) secondo linee guida conformi alle grandi direttrici strategiche elaborate in sede Ue.
La pagina di presentazione pone molta enfasi ai temi comuni a tutti i paesi coinvolti, ma dietro la retorica è visibile anche la determinazione a non sprecare lo slancio verso la Francia del futuro. Per investire i 100 miliardi a disposizione, di cui 40 in sovvenzioni, il piano si divide in tre macro-aree ognuna con il suo budget: Ecologia (30mld), Competitività (34mld), Coesione sociale e territoriale (36mld). Nelle ultime pagine del documento si può trovare il budget destinato a ogni singola voce all’interno della macro-area.
Per esempio, alla voce Ecologia troviamo 4mld destinati alla ristrutturazione termica degli edifici pubblici e 1,2mld per la decarbonizzazione dell’industria, più tutta una serie risorse destinate a progetti per l’economia circolare e la riconversione del settore agroalimentare.
La Competitività dovrà passare per le imprese, con 20mld (su 34) destinati ad abbassare le tasse sulla produzione, ma anche 1,9mld per la riqualificazione digitale dello Stato centrale e 6,9mld per la sovranità tecnologica (con un focus particolare per le filiere strategiche).
Infine, la Coesione sociale e territoriale, che raggruppa le spese per l’occupazione giovanile (7,2mld in vari programmi), la salvaguardia dell’occupazione attraverso la formazione (7,6mld) e altre voci di sostegno alla ricerca, alle regioni e al servizio sanitario.
Di sicuro, anche senza essere fluenti in francese è più esaustivo e interessante scorrere le 209 pagine del documento francese che le leggere le 29 slide di quello italiano.
La pila altissima di progetti
Sembra che sulle scrivanie dei ministri che si stanno occupando del NGEU siano arrivati addirittura 600 progetti. Un’immagine che fa pensare a una pila di documenti, che include vecchie idee tirate fuori dai cassetti e nuove richieste da libro dei sogni. Per non dire un vero e proprio assalto a quello che da molti sembra essere considerato il “bottino” portato a casa dal governo dopo il vertice dei vertici del 17 luglio. Ecco perché è importante mettere subito in chiaro quanto sarà destinato a ogni cosa.
Conte ieri ha ribadito che c’è tempo per interloquire con tutti: opposizioni parlamentari e parti economiche e sociali, mentre anche i sindacati chiedono al governo di aprire quanto prima un confronto su come spendere questi soldi. Il rischio però è che il governo si presenti a questi tavoli senza avere delimitato obiettivi e stanziamento di risorse, e a causa del suo consenso fragile si trovi a cedere alle pressioni impegnandosi ad accontentare tutti i soliti noti, senza mettere realmente in campo un progetto di sviluppo e rilancio destinato proprio ai giovani di quella Next Generation a cui è destinato il piano di rilancio europeo.
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